Mi pare che Nicola Osengo e Leonardo Tondelli abbiano scritto le cose più sennate riguardo la sentenza che ha condannato in primo grado a sei anni gli scienziati della Commissione Grandi Rischi che a pochi giorni dal terremoto del 6 aprile 2009 si riunirono per fare il punto della situazione sullo sciame sismico che si protraeva ormai da mesi. Dai post di Osengo e Tondelli traggo quanto mi pare sia importante aver presente, al netto delle tante cazzate sparate dagli innocentisti e dai colpevolisti.
"Non è una condanna per non aver previsto il terremoto", scrive Osengo, ma è "giuridicamente poco fondata": "La tesi dell'accusa si basa sulla catena logica della negligenza professionale, che influenza il corso degli eventi, finendo per causare la morte di una persona che altrimenti non sarebbe avvenuta. [...] Anche nell'ipotesi che sia provato quel nesso causale, tuttora non è ben chiaro quale sia, secondo la Procura, l'evento specifico che avrebbe "causato" quelle morti. La riunione? La conferenza stampa? L'intervista televisiva di De Bernardinis? Non può essere stato tutto nella stessa misura. All'inizio del processo il PM sembrava indicare in De Bernardinis e nella protezione civile i "cattivi" della vicenda, colpevoli di aver orchestrato una riunione che fin dall'inizio aveva il solo scopo di produrre un messaggio rassicurante culminato in quel tristemente famoso "bicchiere di vino" da bersi per scacciare la paura [...] Alla fine del processo il PM è invece arrivato a definire De Bernardinis "vittima" dei sismologi, e della loro analisi superficiale delle possibili conseguenze di un forte terremoto in quell'area. Ora, o la riunione era una "mossa mediatica" (come la definisce Bertolaso nell'intercettazione telefonica del giorno precedente) con un finale già scritto, e allora gli scienziati sono stati almeno in parte presi in giro. O la Protezione Civile era sinceramente aperta all'opinione degli scienziati e ha deciso cosa dire ai cittadini solo dopo averli ascoltati. Le due ipotesi si escludono a vicenda, e il PM le ha di fatto sostenute entrambe. Che un procuratore stiracchi un po' il suo argomento per sostenere l'accusa fa parte del gioco, ma il compito del giudice è notarlo e decidere di conseguenza. Leggeremo le motivazioni, ma si direbbe che il giudice Marco Billi non lo abbia fatto. La certezza del diritto non esce bene da questa sentenza".
Chiaro, ottimamente argomentato, ineccepibile sul piano logico, solido su quello giuridico. Una sola cosa lascia da pensare: gli scienziati della Commissione Grande Rischi hanno visto stravolte le loro valutazioni nell'invito di De Bernardinis a bere quel bicchiere di vino? Se sì, perché non hanno protestato? Volendo credere nella loro buona fede c'è da ritenere che convenissero con le rassicurazioni di De Bernardinis. Ma non abbiamo detto che i terremoti non si possono prevedere? E allora cosa consentiva loro di avallare le rassicurazioni di De Bernardinis? Sul piano penale non ci sono elementi per condannarli, concordo con Osengo, e mi auguro che in appello siano assolti. Se però "sono stati almeno presi in giro" da Bertolaso e da De Bernardinis, una colpa sul piano morale ce l'hanno: aver lasciato dire.
Forse anche qualcosina in più del lasciar dire. Per esempio, erano passate poche ore dalla scossa del 6 aprile, che aveva avuto magnitudo nell'ordine dei 6,3 Mw, e di lì a qualche giorno sarebbero seguite altre tre scosse di magnitudo quasi simile (5,4 Mw e 5,2 Mw il 9 aprile, 5,1 Mw il 13 aprile): tutte imprevedibili, ovviamente. Allora cosa consentiva ad Enzo Boschi di affermare quanto segue al TgSei?
L'idea che i terremoti non si possano prevedere come gli acquazzoni - scrive Tondelli - tuttora ci destabilizza [...] I sismologi, dal canto loro, si trovano in una situazione senza via d'uscita: in presenza di uno sciame sismico non possono certo escludere l'eventualità di una scossa catastrofica. Al massimo possono ricordare che è un'eventualità statisticamente limitata. Se poi la catastrofe, in barba alle statistiche, si avvera, verranno accusati di avere minimizzato il rischio e condannati per omicidio colposo (è il caso dell'Aquila); se invece non arriva, come nel giugno scorso, qualche cittadino, qualche industriale danneggiato dal panico potrebbe denunciarli per procurato allarme . Questo non è tutto, perché l'Italia è e le comunicazioni degli esperti vengano sistematicamente fraintese e distorte .
Ben detto, d'altronde il verbale della famigerata riunione del 31 marzo 2009 sembra abbastanza chiaro: i membri della Commissione non escludevano "in maniera assoluta" che potesse verificarsi un sisma distruttivo come quello del 1703, e tuttavia lo consideravano improbabile, dal momento che le scosse pur numerose registrate fino a quel momento non avevano nessun carattere precursore. Ma quello è il contenuto tecnico della riunione, quello che non interessa più nessuno. Se tutti i membri della Commissione ieri sono stati condannati per omicidio colposo è per un contenuto mediatico, qualcosa che nel verbale della riunione non c'era - ma che forse c'era sui titoli dei quotidiani locali l'indomani mattina, e senz'altro è rimasto nella memoria collettiva degli aquilani: un invito a dormire tranquilli nelle proprie case. Gli scienziati non scrissero questo, ma forse giornalisti e cittadini volevano sentirselo dire .
Anche qui, ben detto. E tuttavia così torniamo al punto posto prima: se giornalisti e cittadini volevano bere il bicchiere di vino che in effetti De Bernardinis invitò a bere, se quell'invito era l'inappropriata traduzione mediatica di quanto gli esperti avevano detto in quella riunione, perché non uno di quegli esperti protestò? Anche a Tondelli, come a Osengo, questa pare questione irrilevante.
L 'idea che mi son fatto io è che i condannati non siano colpevoli sul piano penale, ma non siano innocenti su quello morale. Meritano di essere assolti in appello, dunque, nella speranza che sappiano meditare sul rapporto tra scienza e potere, trovando il coraggio, quando e se dovesse ripetersi il caso, di contestare la strumentalizzazione del loro lavoro. Anche a costo di perdere i benefici che ne traggono quando è il potere a commissionarlo.