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Bello slogan, belle parole. Con cui riempirsi la bocca, quando altro non si ha da dire.
Un calcio all'ipocrisia, direi io.
Facciamo un piccolo flashback, è il 3 gennaio 2013, quando un'amichevole in un soleggiato pomeriggio invernale, tra il piccolo Pro Patria e il blasonato Milan, viene interrotta al 26° minuto del primo tempo dal pallone calciato verso gli spalti dal giocatore del Milan Kevin Prince Boateng, e dal successivo abbandono del campo di gioco da parte sua e dei suoi compagni di squadra. Il motivo? I perpetuati "Buuuuuu" razzisti provenienti dagli spalti in direzione del calciatore. Da quel momento, Boateng diventa un'icona della lotta al razzismo, con tanto di riconoscimento ed invito da parte dell'ONU a partecipare alla giornata internazionale contro le discriminazioni razziali.
Ora, cari follower, lettori occasionali, pellegrini di passaggio, voglio girare a voi questa domanda: cosa mai avrà fatto di così importante?
Non fraintendetemi, chi mi conosce sa che sono persino milanista, e molto propenso all'integrazione razziale, avendo anche lavorato in passato a contatto con stranieri/extracomunitari ed avendo avuto modo di conoscerli più a fondo di quanto un articolo di giornale o un servizio televisivo possano dire. Ma, seriamente, è sufficiente scagliare un pallone fuori dal campo esasperati per diventare simbolo della lotta al razzismo? "Mohammed Ali, Martin Luther King e Nelson Mandela sono i miei modelli. Non solo perché sono neri ma parché hanno combattuto il razzismo. Voglio fare del mio meglio per fare in modo che mio figlio cresca in un mondo senza razzismo". Queste le parole di Boateng. E a me viene da sorridere, perchè, caro mio, se questi sono i tuoi modelli, tu sei lontano anni luce.E alla stessa maniera mi fanno sorridere le parole, le reazioni, che si sono avute nel mondo del calcio, a partire dal presidente Fifa Blatter ad arrivare alle singole società. Perchè le parole spese sono state importanti, ricche di nobili motivazioni ed intenti. Ma che soluzioni concrete sono state prese? Beh, se non lo sapete, lasciate che vi risponda io. NESSUNA. Perchè, quando si spengono i microfoni, le telecamere, e si placa il folklore mediatico, a nessuno interessa veramente di questo problema. La soluzione più comune è stata multare qualche società i cui tifosi si macchiavano di azioni razziste, ed una partita a porte chiuse della Lazio in Europa League. E voi credete che di queste "contromisure" freghi qualcosa a chi è reo di questi comportamenti? A loro non frega nulla, non sono di certo tifosi "attaccati" alla loro squadra che hanno questi atteggiamenti, e quindi punire la società ha la sola utilità di poter dichiarare, in qualche conferenza stampa, "noi ci siamo". Ma non ce ne frega nulla.Da quando seguo il calcio, eventi come questi si sono ripetuti ciclicamente con più o meno risonanza mediatica, a seconda dell'importanza del giocatore coinvolto. Già, perchè anche qui, se al campetto un piccolo africano viene chiamato "negro" non ha importanza, ma se la vittima dei "Buuuu" è Boateng, è un caso di razzismo intollerabile. Bel mondo di plastica.Non dimentichiamoci, poi, che stiamo parlando di un gioco dove lo sfottò è una componente essenziale. Lungi da me giustificare certi comportamenti con questa motivazione, ma non dimentico certo i tifosi juventini additare come "zingaro" un certo Ibrahimovic, fino a pochi anni prima idolo delle loro curve, i "se saltelli muore Balotelli", per citare i più famosi, finendo col più classico "cornuto" diretto al direttore di gara, anche dai papà dei ragazzini in oratorio. E allora penso che dovremmo tornare a valuttare le azioni, e le reazioni, per quella che è la loro reale importanza, e non per quello che la società si aspetta che si dica (...e che si faccia?).
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