«Un “caso”» che sta diventando «sempre più avvincente»

Creato il 18 agosto 2012 da Malvino

È opinione di Sandro Magister che, con la sua «interpretazione controcorrente del celeberrimo quadro del Caravaggio che raffigura la vocazione di Matteo», Sara Magister abbia sollevato «un “caso”» che sta diventando «sempre più avvincente». Eviterò di porre la questione se si tratti di sua figlia, anche se la scheda biografica su www.chiesa gliene attribuisce due, una delle quali si chiama proprio Sara: mi limiterò ad analizzare il “caso”, sollevato da Sara Magister, ma con un aiutino di Sandro Magister, che lo scorso 19 luglio scriveva: «Chi è Matteo, nel quadro? L’interpretazione corrente lo identifica con l’uomo barbuto al centro del gruppo. Ma sabato 14 luglio, nel presentare questo dipinto in una sua trasmissione tra le più seguite, la tv dei vescovi italiani, TV 2000, ne ha dato una lettura del tutto diversa. Che sarà apparsa a molti nuova e sorprendente. Secondo tale lettura, il Matteo chiamato da Gesù non è l’uomo barbuto, ma il giovane seduto all’estremità del tavolo, a capo chino, intento a raccogliere soldi. Questa identificazione può forse stupire. Ma, una volta compresa, appare molto più persuasiva dell’altra. Anche più “caravaggesca”. E anche più aderente al Vangelo»Nell’apprendere che Sara Magister prenda la mesata dal Vaticano si riaffaccerebbe la questione se si tratti proprio della figlia di Sandro Magister: se sì, potremmo finalmente chiudere un occhio su certi suoi articoli che sembravano scritti con la stilografica ficcata in culo, ma – dicevo – Caravaggio è argomento più interessante. Daltronde pure per i vaticanisti vale il motto che Leo Longanesi leggeva in trasparenza sul tricolore: tengo famiglia.Diamo dunque la parola a Sara Magister.
Lasciamo perdere la seconda parte del video: si tratta un succinto riassuntino di quello che Maurizio Calvesi scrive riguardo al dipinto in Le realtà del Caravaggio (Einaudi, 1990). Soffermiamoci a considerare l«interpretazione controcorrente»: Matteo non sarebbe l’anziano barbuto al centro del gruppo seduto al banco di esattore delle imposte, ma il giovane raffigurato a capo chino; l’indice della mano sinistra di chi fino a ieri era considerato Matteo nell’atto di chiedere «chi, io?» indicherebbe il giovane a capo chino nell’atto di chiedere «chi, lui?». È credibile?

Per almeno dodici secoli fino al luglio del 1599 in cui Caravaggio mette mano al dipinto, nella tradizione d’occidente e d’oriente Matteo è raffigurato anziano e barbuto, e lo stesso Caravaggio lo raffigura così in almeno tre sue opere (nel Martirio di San Matteo e nel San Matteo e l’angelo che sono a Roma, in San Luigi dei Francesi, e nella prima versione del San Matteo e l’angeloche andò distrutto nel bombardamento del Kaiser Friedrich Museum). In breve, non si conosce un solo San Matteo giovane e imberbe nella storia dellarte fino ai tempi di Caravaggio, e dopo, e questa sarebbe la sola eccezione.Non basta, perché all’opera si ispirarono parecchi artisti coevi o di poco posteriori (Bernardo Strozzi, Niccolò Tornioli, Mattia Preti, Luca Giordano, Giovan Battista Caracciolo, solo per citare i più famosi): talvolta il giovane che per Sara Magister dovrebbe essere Matteo è addirittura assente e quasi sempre il gesto di Cristo risulta inequivocabilmente indirizzato a un personaggio anziano e barbuto. Ma forse questo non sono argomenti decisivi, passiamo alla analisi strutturale.Matteo era un  esattore: è ragionevole pensare che un esattore segga su un lato lungo o su un lato corto di un banchetto rettangolare? Il registro dei creditori aperto sul banchetto è aperto in favore del soggetto anziano e barbuto o del soggetto giovane e a capo chino? Quel dito, poi. L’ombra che lo copre nella parte inferiore del dorso non è digradante dalla punta alla base nell’effetto dell’inclinazione verso il petto? La flessione del polso non laccentua? «Una lettura più attenta ha portato allidentificazione di Matteo non con questo personaggio barbuto ma con questo ragazzo che è ancora concentrato sul suo mestiere»: «una lettura più attenta», di chi? Prima di Sara Magister, che si azzarda a farlo contro pratica, pubblico e precedenti (le famose tre P che dovrebbero guidare lo studioso darte antica), perché ispirata – dice dalla catechesi che Benedetto XVI tenne su Matteo qualche anno fa, nessuno. E qui sta il “caso”.
Bastasse. Non basta. Se non si trova un solo critico darte, tanto meno studioso del Caravaggio, che degna di attenzione questa «interpretazione controcorrente», si trova un teologo a cui piace. Uno. Teologo. Tal Fulvio Ferrario, conoscete? No? Fa niente. Scrive: «Tre dei personaggi guardano Gesù. Uno, il terzo da sinistra, in modo vistosamente attonito. “Lui?”, sembra dire costui, indicando Levi-Matteo. Sì, lui. Lui ha lo sguardo basso. Non vede la mano. Ma non è illegittimo pensare che lo sguardo sia basso appunto perché la mano è già stata vista. È piuttosto singolare, l’espressione del chiamato. Non vi è lo stupore dell’altro personaggio, né un’espressione di rifiuto. Non vi è nemmeno, tuttavia, la lieta meraviglia di chi è raggiunto dalla buona notizia. Solo un’espressione (gli occhi, e dunque lo sguardo, sono in ombra) di una desolata tristezza... Levi-Matteo non è trasfigurato dalla chiamata. Anzi, sembra inchiodato alla sua umanità. Semmai, la chiamata la rende ancora più problematica. Egli era socialmente giudicato anche prima. La mano del Signore che lo indica, tuttavia, lo destabilizza ulteriormente. Non lo lascia libero di assestarsi nemmeno nel suo ruolo di “pubblico peccatore”. Lo lacera, accentuandone, in qualche modo, la precarietà. Chi è raggiunto dalla chiamata è posto in un movimento che non gli lascia l’identità precedente. Certo, gliene conferisce una nuova...»

Quante cose vede, il signor teologo. Verrebbe voglia di indagare se sia genero o cugino di Sandro Magister.

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