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Un comizio è un comizio. Ma i finiani sono struzzi

Creato il 04 ottobre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Un comizio è un comizio. Ma i finiani sono struzzi.Lo sappiamo tutti che un comizio è un comizio. Sappiamo che serve a scaldare i cuori e accendere gli animi, chiamare alle armi e fare proclami. Per raggiungere l’obiettivo di serrare le fila, durante un comizio si può dire di tutto. Bossi può affermare, salvo poi chiedere scusa, che i romani sono “porci” esattamente come qualche leader fascista diceva tempo fa, “andremo i scovare i comunisti casa per casa”, per arrivare a Cesare Previti che disse pubblicamente “se vinciamo non faremo prigionieri”. Nel corso di un comizio si minaccia, non si media. Si istiga, non si rasserena. E Berlusconi, che meglio di chiunque altro sa come istupidire i suoi, ha ripreso la mascella volitiva che aveva abbandonato durante il discorso da “statista” alla Camera, ed è tornato il pericolo pubblico numero uno (per la democrazia ovviamente). Festa del Pdl a Milano. Qualche inviato del Tg3 e de La7, intervistando a caso un po’ di partecipanti, ci avevano già fatto capire che tipo di aria spirasse fra i pensionati interpellati, quelli che rappresentano la maggioranza dell’elettorato del partito dell’amore. Il commento più buono su Fini è stato quello di un milanese con chiare origini calabresi che ha detto, “bisogna fargli lasciare il posto che occupa a calci nel culo”, perché la moglie, sicuramente siculo-meneghina, ha invece invocato la ghigliottina. Qualcuno andando oltre è arrivato a citare piazzale Loreto, ma siamo convinti che il modello ispiratore non fosse propriamente quello antifascista. E se questo è il suo popolo, Silvio che lo conosce bene, lo ha accontentato togliendosi un po’ di sassolini dalle scarpe. Il primo, il più evidente, è stato quello riferito alla magistratura politicizzata per la quale occorre una “commissione di inchiesta parlamentare che ne giudichi le malefatte”. Ben attento a non citare i problemi personali che ha con una magistratura che ha provato a mettere le mani nel magma magno del suo impero, Silvio è tornato all’affaire Gabriele Cagliari, uno dei suicidi eccellenti di “mani pulite”, pur sapendo benissimo che è proprio grazie a quel periodo, e ai giudici di “mani pulite”, che lui siede sulla poltrona di presidente del consiglio. Ma questo non conta, ciò che importa è che i giudici la smettano di dar credito a Spatuzza, a Ciancimino e a Martino e facciano quello che lui si auspica da sempre: ritirarsi in campagna a coltivare barbabietole. Silvio ha chiamato alle armi 61mila squadre di “missionari della libertà” i quali, testimoni di Geova hi-tech, gireranno l’Italia Porta a Porta per ritrovare lo spirito del 1994, anno della sua trionfale discesa in campo. Ha confermato che quelli della P3 sono “quattro vecchietti sfigati” e che l’unico obiettivo di quella indagine è lui, sperando che anche i candidati all’alzheimer si comportino come l’eroe Mangano e quindi, tacciano. Ma il meglio di sé Silvio lo ha dato parlando delle barzellette. Per rispondere al popolo targato “La sai l’ultima” che ne voleva a tutti i costi ne raccontasse una, il Nano² ha detto: “Ne so più di 2000, non sono cattive e ti puliscono la testa” che poi è esattamente ciò che fanno, pulire la testa. La novità è che si è tirato indietro rendendosi conto che nel suo repertorio non ce n’era neppure una nella quale non venissero citati gli ebrei. A fronte di tutto questo, dopo aver letto il resoconto del comizio di Silvio a Milano ci siamo chiesti: “E Fini?”. Possibile che si sia accontentato dell’allontanamento di Feltri dal Giornale (Belpietro ha provveduto a modo suo a tenersi quello di direttore di Libero), e che tutto sia finito a tarallucci e vino? È possibile. Fini e i suoi hanno fatto una marcia indietro delle più inaspettate, un vero e proprio coitus interruptus unico mezzo di contraccezione contro le elezioni anticipate indesiderate. Dopo tutto il casino che ha combinato, il presidente della Camera è tornato a casa mogio mogio, e quatto quatto ha detto: “Andiamo avanti, finiamo la legislatura”. Quali ulteriori armi di ricatto abbia Silvio nei confronti di Fini non lo sappiamo. Probabilmente qualche dossier ancora più scottante della “patacca monegasca” è conservato gelosamente in una scrivania dei direttori dei suoi giornali, altrimenti sarebbe da psicanalisi riuscire a capire l’atteggiamento del leader di Fli. Cosa significa “tener fede al patto con gli elettori” quando quel patto è stato stracciato da Berlusconi e questo è stato unanimemente riconosciuto come il peggior governo della storia d’Italia? Se n’è accorta perfino la compiacente (fino a questo momento), Unione delle comunità ebraiche italiane la quale, a proposito della dichiarazioni di Ciarrapico al Senato ha detto: “Gli ebrei italiani nel vedere ed ascoltare l’esternazione del senatore Ciarrapico hanno provato rabbia e sconforto. Ciarrapico non ha sorpreso perché tutti sanno che egli si è limitato, in un momento di sincerità, a dire ciò che ha sempre pensato degli ebrei, coerentemente con la sua formazione e la sua mentalità”. E l’Ucei se l’è presa anche con Berlusconi “reo di non aver colto la gravità delle parole di Ciarrapico” e con Schifani che non ha sanzionato l’intervento del fascistazzo come avrebbe potuto se lo avesse voluto. Il portavoce del presidente del Senato ha prontamente risposto: “Renato non c’era. Problemi alla prostata lo avevano portato altrove”.


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