Leggere Montaigne e i suoi Essays trasgredendo è la sfida ardua che si pone Antoine Compagnon.
Montaigne, “filosofo involontario e fortuito”, dubita sempre, è molto sensibile all’ambiguità dei testi (“Il nostro linguaggio, come ogni altra cosa, ha le sue debolezze e i suoi difetti. Le ragioni dei disordini che turbano il mondo sono perlopiù di natura grammaticale…”) e diffida dei medici e di un’educazione troppo scolastica.
Compagnon ci fa scoprire un Montaigne interessato agli aneddoti, ai tic, ai gesti più che ai fatti memorabili della storia, ma anche un Montaigne scettico che non parla degli altri se non per parlare di se stesso e conoscersi meglio (“la frequentazione dell’altro permette di andare incontro a se stessi e la conoscenza di sé di andare verso l’altro”). Un Montaigne animato da un’entusiastica fede umanistica che crede nella superiorità della penna sulla spada, ma che diffida delle parole e della retorica.
Antoine Compagnon, Un’estate con Montaigne, traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella, Adelphi, 2014.