Riuscire a pubblicare non è stato semplice. Avevo mandato il manoscritto di Love.com un po’ in giro. Stava quasi per venir accettato da una casa editrice importante, poi c’è stato un cambio al vertice ed è saltato tutto. Ero molto delusa. Dopo un po’ di mesi, girovagando in rete, ho trovato Lulu.com e ho deciso di autopubblicarmi. E’ stata un’esperienza positiva, perché anche se non ho guadagnato nulla, ho avuto un po’ di lettrici e ricevuto commenti ed e-mail di riscontro da chi l’aveva letto. Un toccasana per il mio ego ferito dai precedenti rifiuti delle case editrici! Successivamente, dopo Una mamma da URL ho conosciuto Maria Paola Romeo delll’agenzia letteraria Grandi&Associati, che aveva appena lanciato Emma Books, le ho proposto Love.com e l’ha accettato. Purtroppo diventare “uno scrittore” spesso non ha molto a che vedere con il talento. Certo la capacità conta, ma è la tempistica fortunata che può rovesciare una situazione. Essere al posto giusto nel momento migliore è fondamentale.
La cover del romanzo autopubblicato
Love.com è un romanzo chick-lit molto frizzante e divertente che richiama il precursore del genere, Bridget Jones’s Diary, svecchiandolo di un decennio e italianizzandolo. Dopo l’esperienza dell’autopubblicazione, Patrizia sperimenta la pubblicazione sotto forma di e-book.Sono favorevolissima al digitale. Certo il libro cartaceo ha un suo fascino, per un autore essere presente in libreria può essere il vero traguardo, ma penso che l’editoria digitale rappresenti il futuro. Meno costi, meno stress nella lotta per il placement in libreria e anche una maggior diffusione. Come sempre nelle tecnologie, in Italia siamo un po’ lenti: i tablet per molti sono ancora percepiti come oggetti alieni ma spero che questo cambi presto. Anche per la letteratura la rete farà quello che è accaduto per la musica e scardinerà le egemonie delle case editrici, come è successo per le case discografiche.Patrizia sfoga le gioie e le frustrazioni del mestiere di mamma sul suo blog, extramamma.net. Il mommy blogging e il consenso riscosso in rete la portano all’attenzione della casa editrice Baldini & Castoldi che, approfittando del suo successo sul web, la ‘recluta’, commissionandole il suo secondo romanzo (il primo cartaceo), Una mamma da URL.
Il blog, in cui parlo soprattutto di genitorialità, mi ha portato fortuna e introdotto in una bella community.Il “reclutamento” è successo per caso, avevo conosciuto in rete un’altra mamma, ci siamo scambiate un po’ di mail simpatiche e infine abbiamo deciso di vederci una volta a pranzo. Lei non mi aveva detto che lavoro facesse, poi addentando un panino mi ha raccontato che lavorava per Baldini & Castoldi. Allora le ho raccontato che avevo spedito l’anno precedente il mio manoscritto (Love.com) alla casa editrice e lei si è offerta si mettermi in contatto con la responsabile della redazione.La sua esperienza ricalca dunque quella di altri scrittori italiani e stranieri che, partendo da un blog, sono arrivati a pubblicare romanzi e serie di successo. Patrizia consiglia agli altri blogger che volessero cimentarsi con la sua stessa esperienza «di seguire le proprie aspirazioni e i sogni e non demordere. Il blog è una grande vetrina, almeno per me è stato così, è valso molto più di tanti anni di lavoro nella redazione di giornali anche importanti.»
Non ci credevo. Fissavo le melanzane gratinate del mio piatto, pensando al miracolo. Ormai avevo deciso di non provare nemmeno più a “sbattermi” per pubblicare! Poi così, grazie a questa ragazza, ho incontrato la mia futura editor che nel frattempo si era letta un po’ il mio blog e insieme abbiamo deciso di inventarci Una mamma da URL
A maggio 2012 Patrizia Violi pubblica per Baldini e Castoldi il suo terzo romanzo, Affari d’amore, con cui cerca di allontanarsi dalla chick-lit, per orientarsi verso una narrativa più ‘unisex’, sempre mantenendo, tuttavia, il suo caratteristico stile frizzante e ironico.
In Affari d’amore sembra che protagoniste abbiano trovato un nuovo modo per sopravvivere nel mondo di oggi, nonostante la crisi; sembra che siano furbe, invece hanno scoperto l’acqua calda. Beatrice, Isabella, Angelica e Viola mercificano la loro bellezza, il loro corpo per condurre una vita agiata, dimentiche di anni di lotte femministe per l’emancipazione. Senza vergogna si ritrovano a fare quello che — a vederlo con un occhio cinico e spietato — è praticamente il mestiere più antico del mondo. Beatrice ha creato un vero e proprio matriarcato in cui insegna alla figlia, prima, e alle nipoti, poi, il miglior metodo per condurre una vita agiata; ricca anche, ma arida, senza sentimenti, senza amore. A tratti sembra addirittura un boss della malavita, una «mafiosa del sesso». Sì, perché non è possibile sgarrare: bisogna fare tutto come lei comanda, come farebbe lei stessa se non fosse che ormai ha una certa età e gli uomini da accalappiare non se la filano, anzi la considerano una vecchia strega, nonostante — ai suoi tempi — sia stata una reginetta di bellezza.
Quando Angelica si innamora di un ragazzo normale, il castello di ipocrisia della famiglia tutta al femminile comincia a vacillare. È difficile per la ragazza guardare alla sua relazione con Mauro — che ha il doppio dei suoi anni e la disgusta, con la sua arroganza e la sua volgarità — senza vergognarsi della vita che conduce: quando incontra Luca e non può dire né di avere un lavoro né di essere una studentessa, ma semplicemente una mantenuta, è così imbarazzata da essere costretta a inventare un’infinità di bugie.
Questo romanzo, con tutta la sua ironia — le protagoniste non ci fanno una bella figura, ma gli uomini abbindolati da quel genere di donne, belle e senza scrupoli, ne fanno una ben peggiore — fa riflettere su dove sta andando la nostra società, quella «società delle veline», in cui si cercano le strade più brevi e apparentemente più facili per arrivare alla ricchezza, strade che non coinvolgono i sentimenti. Una società in cui duecento anni di lotta femminista vengono gettati a mare, per abbracciare una cultura della bellezza in vendita al migliore offerente, l’età non importa.
Con uno stile è vivace pungente, Patrizia Violi fa una satira dell’ambiente dell’alta borghesia e dei costumi dei nostri giorni, visti attraverso tre diverse generazioni di donne. Una lettura frizzante ma con un retrogusto amaro, una conferma per una scrittrice originale e arguta.
Dopo aver letto i romanzi di Patrizia Violi, che pescano molto dalle sue personali esperienze di vita, sembra di conoscerla da sempre.
Grazie del complimento, se vi sembra di conoscermi vuol dire che sono riuscita a comunicare pensieri ed emozioni. Ne sono felice.Patrizia Violi si presenta così:
Abito a Milano, anzi in una periferia residenziale (un po’ come quella descritta in Una mamma da URL), sono giornalista, sposata, ho due figlie di quindici e dodici anni, un cane e anche un blog. Sono sempre di corsa, un po’ umorale e quello che mi salva dal delirio è un certo senso dell’ironia.Diario: Affari d’amore è il tuo terzo romanzo. Da dove è nata l’idea per scrivere di Beatrice, Isabella, Angelica e Viola?
Patrizia Violi: Diciamo che sono sempre stata incuriosita dalla figura letteraria della cortigiana, fra i miei romanzi preferiti ci sono Nana di Zola e La signora delle Camelie, di Dumas. Però per volare più basso, devo ammettere che mi hanno ispirato molto i fatti di cronaca delle Olgettine, con i loro parenti avidi di denaro, e poi sui rotocalchi è pieno di signore e signorine bellissime che hanno sempre fidanzati ricchissimi e raccontano ai quattro venti quanto siano innamorate. Nel passato poi ho incontrato un paio di famiglie più o meno come quella che ho raccontato nel romanzo: nonna, mamma e figlie, tutte specializzate a succhiare linfa economica dagli uomini che le sponsorizzavano per periodi più o meno lunghi.
D.: Quattro donne, quattro generazioni, quattro modi diversi di mercificare la bellezza. Come a voler dire: ogni età ha i suoi mezzi…
P.V.: Infatti mi sono divertita a raccontare come cambia lo scenario: negli anni ’60 la nonna bellona di Carosello, negli anni’80 la figlia modella, ai nostri giorni protagonista ragazza immagine e la sorellina, più scaltra e veloce, che non deve neanche uscire di casa ma trova “estimatori” mettendo le sue foto sul web. Insomma muta la tecnica, ma purtroppo la mercificazione del proprio corpo è un evergreen.
D.: Nonostante sia calato nel presente — come tutti i tuoi romanzi, che rispecchiano i costumi del momento in cui sono stati scritti — la consuetudine di alcune donne di puntare sul fattore fisico per condurre una vita agiata risale alla notte dei tempi. Credi che duecento anni di lotte per i diritti delle donne siano stati inutili, se poi si deve ricadere sempre nello stesso cliché?
P.V.: No, non credo assolutamente che siano stati inutili. E nel romanzo faccio fare questa domanda a Marta, l’amica saggia della protagonista, ma purtroppo ci sono ancora ragazze, anche nella vita vera ovviamente, che prendono questa scorciatoia. Una volta era un atteggiamento da nascondere, era visto con vergogna. Ora invece è stato sdoganato, sembra una furbata. Infatti, le mie protagoniste rivendicano il diritto di strumentalizzare gli uomini in nome di una certa parità: entrambi i partner sono consapevoli dello scambio. È surreale ma questa consapevolezza penso che sia anche il frutto distorto dell’emancipazione: uso il mio corpo come mi pare, nessuno mi deve giudicare. In teoria è giusto ma la pratica può essere aberrante. Purtroppo mi sembra che nella conquista dei diritti femminili (quote rosa, conciliazione lavoro e maternità, ecc) oramai la teoria sia dalla nostra parte, ma è la pratica che ci frega. Forse perché è un mondo ancora molto maschile: gli uomini si sono fatti astuti, non negano i nostri diritti ma poi ne ostacolano la realizzazione.
D.: Questo romanzo è scritto in terza persona, al contrario dei tuoi precedenti che avevano qualcosa di autobiografico. Hai voluto distaccarti in questo modo da questo genere di donne, come del resto rimarca ulteriormente l’ironia pungente che pervade tutto il romanzo?
P.V.: In Love.com gli spunti autobiografici riguardano soprattutto il mio lavoro di giornalista, la gavetta come cronista di nera e poi l’esperienza come redattrice di bellezza. In Una mamma da URL ho romanzato la mia esperienza nel mondo del mommy blogging e molti dettagli erano personali, anche se non raccontavo la storia della mia vita. In Affari d’amore, a parte l’idea iniziale di cui ho già detto, devo ammettere di essermi anche ispirata a una compagna di corso che ai tempi dell’università si era fatta incantare da un fidanzato vecchio e ricco. Aveva molto ma non era felice. Ho usato cinismo e ironia per descrivere certe situazioni per non renderle troppo tristi e pesanti. Mentre la scrittura in terza persona è stato anche un escamotage letterario per raccontare meglio le varie situazioni. Poi da un punto di vista editoriale allontana un po’ dalla chick lit e rende il romanzo più etichettabile come ‘letteratura femminile’ e forse più vendibile (suggerimento dell’editore!).
D.: Sei una mamma. Se tua figlia fosse una bellezza mozzafiato, le consiglieresti di approfittarne? (Naturalmente questa domanda vuole essere provocatoria).
P.V.: Assolutamente no. A mia figlia più grande — è molto alta — un paio di volte in centro a Milano hanno chiesto se voleva fare la modella (la tratta delle bianche?). Lei ha risposto che doveva studiare e fare i compiti, quindi non poteva. È stata una grande soddisfazione per il mio ruolo di educatrice!
D.: Quest’anno sarai a Matera con Emma Books per la nona edizione del Women’s Fiction Festival, che si svolgerà dal 27 al 30 settembre. Credi che sia giusto tenere separata la letteratura al femminile da quella maschile? Non credi che i lettori di sesso maschile abbiano fin troppi pregiudizi nei confronti delle autrici? E, d’altro canto, non credi che gli scrittori abbiano qualcosa da imparare dalle loro colleghe donne?
P.V.: Sono molto contenta di partecipare al Festival di Matera, che tra l’altro offre una buona possibilità a chi sogna di pubblicare. Attraverso La Borsa del Libro, si possono avere degli incontri con i più importati editor italiani della letteratura femminile e sottoporre loro il proprio manoscritto. Poi non credo che sia giusto tenere separata la letteratura femminile da quella maschile, però è vero spesso ci sono grossi pregiudizi nei riguardi della letteratura rosa, la letteratura da donne. È assolutamente sbagliato anche perché da un punto di vista commerciale, le lettrici sono più importanti perché leggono e comprano di più. Inoltre se possiamo essere “cattive” e guardare cosa leggono gli uomini, non è che i romanzoni di azione, spionaggio, avventura o quant’altro siano grandi prove letterarie. Poi cosa hanno da imparare gli scrittori dalle autrici? Dovrebbero molto migliorare a descrivere le scene di sesso: meno fantasmagoriche e più realistiche.
D.: Love.com si presenta come una versione italiana e più moderna di Bridget Jones’s Diary. Che ne pensi di Helen Fielding, quanto credi abbia influenzato la chick-lit?
P.V.: Ho adorato Bridget Jones’s Diary, grazie del paragone! Per me l’autrice è stata “la madre” della chick-lit. Lei ha sempre dichiarato di essersi ispirata a Jane Austen in Orgoglio e Pregiudizio ed è stata molto brava e perspicace a fiutare l’aria dei tempi e lanciare una tendenza, nei lontani anni ’90! Peccato che poi abbia scritto solo un altro libro che è caduto nell’oblio e poi più nulla. Un altro romanzo che avevo letto prima di scrivere Love.com, e mi aveva piacevolmente sorpreso e ispirato, è stata la prima versione di Sex & the City, anche questa fine anni ’90, tutta un’altra cosa della versione annacquata con cui ci siamo sciroppate tutte le serie televisive e i film.
D.: Che genere di lettrice sei? Quali sono i tuoi generi e i tuoi scrittori preferiti e, soprattutto, leggi più uomini o donne?
P.V.: Leggo parecchio e sono abbastanza anarchica e ribelle: non mi vergogno di abbandonare un libro se dopo un po’ non riesce a catturarmi.
Sulle preferenze, naturalmente c’è Jane Austen, Edith Wharton. Poi amo i gialli, mi sono letta tutta Fred Vargas, amo un’autrice inglese, oramai anziana, che si chiama Ruth Rendell, ha scritto un sacco e in Italia alcuni suoi romanzi sono stati pubblicati da Fanucci. Inoltre, ho apprezzato la svedese Camilla Lackemberg e la tedesca Charlotte Link. Oddio sono tutte donne... tra gli uomini mi piace e mi diverte Ammaniti.
D.: Quali sono i tuoi progetti futuri, tornerai a pescare dall’esperienza personale o ti rivolgerai a tematiche diverse?
P.V.: Chi scrive, come sostengono molti autori, deve parlare di cose che conosce, quindi per questo si finisce per raccontare qualcosa di personale. Ma adesso vorrei evolvere e sto pensando a una bella storia d’amore, meno cinica questa volta...spero di farcela.