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Un filo di perle (al gelsomino)

Da Lasere

i piace immaginare una leggiadra collana di piccole perle iridescenti, screziate di verde salvia e fragranti di gelsomino.

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Petali in boccio raccolti nel pieno del loro picco aromatico e accostati nottetempo alle foglie di tè – si direbbe un incontro galante! – tramite graticci sovrammessi e alternati, il tempo che serva a confonderne l’inebriante effluvio: perché persista, profondo, ma senza esagerare. I fiori, a seconda dell’intensità ricercata, vengono sostituiti numerose volte nell’arco di diversi giorni, prima di essere allontanati definitivamente dal tè: talvolta ne vengono lasciati alcuni, tra le foglie, in ricordo di quei romantici rendez-vous.

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Bocci di gelsomino in un mercato indiano di fiori (foto tratta da flickr, licenza Creative Commons)

La differenza tra “tè aromatizzato” e “tè profumato” sta tutta qui: non gocce di aromi, bensì semplice e prolungata prossimità: simpatia di voci, simbiosi d’essenze, miscuglio di spiriti.

Il più autentico e tradizionale tè al gelsomino è dunque un tè profumato, nonostante accada di frequente che le varianti più economiche siano frutto di un’aromatizzazione artificiale con olii essenziali, naturali o (ahinoi!) artificiali: la differenza c’è, e si sente, eccome.

«Le donne prelevano piccole manciate di tè essiccato*, che sia stato precedentemente umidificato per rendere le foglie nuovamente malleabili. Le arrotolano passandole nel palmo della mano fino a formare delle piccole e accurate sfere, distribuite poi su dei vassoi che vengono inseriti in delle apposite rastrelliere, alternando un vassoio di foglie di tè con uno di fiori freschi di gelsomino. Il tutto viene lasciato al chiuso – meglio se in uno spazio ristretto – per diversi giorni, durante i quali i fiori vengono sostituiti quotidianamente, fino a che le perle non siano soffuse dell’aroma di gelsomino. (…) Le Dragon Jasmine Pearls rappresentano una raffinata vetta nella tradizione cinese del tè lavorato a mano: è un tè bellissimo già solo a vedersi, e il suo delizioso aroma floreale dalle innumerevoli sfumature, la sua sublime dolcezza, non possono essere paragonati alle più diffuse versioni artificialmente aromatizzate, così come un estratto di vaniglia non è comparabile alla profondità e cremosità d’aroma di un vero baccello.»

* raccolto in primavera, il tè deve attendere l’arrivo dell’estate, quando i gelsomini fioriscono, per essere sottoposto al processo di profumazione – nota mia

La lavorazione delle perle al gelsomino nel ricordo di Michael Harney, tratto dal suo libro The Harney & Sons Guide to Tea


Sopra, un breve video realizzato da Jing Tea (noto rivenditore inglese di tè pregiati) che mostra la meticolosa lavorazione che sta dietro ogni singola perla, accennando poi al lungo processo di profumazione. Sotto, una delicata suggestione in musica.

Jasmine Pearl Green Tea from Yann Traboulsi on Vimeo.

Il Moli Hua cha (”tè al gelsomino”) che ho qui con me e che mi ha fornito lo spunto per discorrerne, proveniente da Canton Tea, mi piace davvero tanto: ha una base di buon tè verde modellato in perle minute e quasi interamente ricoperte dalla sottile peluria argentea tipica dei più teneri germogli; il cultivar (varietà di pianta) da cui provengono le foglie è il Da Bai (”big white”), dai germogli particolarmente grandi: lo stesso usato per il tè bianco Yin Zhen.

Il profumo è frizzante, intenso ma non eccessivo, fioritissimo e vagamente mielato; il gusto è dolce e vivace, come una coppa di spumante brillante di delicate bollicine. Soprende una nota di finocchio selvatico, palese nella terza infusione, che rinfresca naso e bocca in maniera quasi balsamica.

Tre infusioni almeno, per schiudere del tutto l’abbraccio stretto delle piccole perle: in ognuna l’esuberante nota fiorita si stempera nella più sommessa morbidezza vegetale delle gemme di tè, blandendo e risvegliando i sensi al contempo. Come rugiada che sia scivolata lentamente sui petali: questo, per me, è il gusto che deve avere un buon tè al gelsomino.

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«La vigilia della mia partenza la nonna venne a dormire da noi. Tutte le mattine coglieva dei gelsomini che metteva nel reggiseno per profumarsi. Quando se lo slacciava, i fiori le cadevano dai seni… una cosa magica!»

Una scena dal film Persepolis, tratto dall’omonimo libro a fumetti di Marjane Satrapi

Il gelsomino, originario dell’Asia centrale e diffuso in particolar modo in India, è insieme alla rosa il fiore dell’amore per eccellenza, simbolo di avvolgente femminilità. Nel mondo arabo rimanda all’amore divino, essendo il paradiso immaginato adorno e aulente dei suoi fiori stellati.

In aromaterapia il suo profumo viene considerato un “armonizzatore psichico”: calmante in caso di ansia, rassicurante e stimolante in caso di inerzia o apatia, rasserenante in caso di umor nero; malizioso afrodisiaco, anche: nel dubbio, scegliete con cura la vostra compagnia al momento di sciogliere queste stille di piacere in tazza :-)


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