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È in atto su tutto il territorio nazionale, seppure a macchia di leopardo per ora, la guerriglia delle singole corporazioni a difesa delle proprie posizioni. Spesso, peraltro, si tratta di privilegi conquistati nell’epoca delle “vacche grasse” e lentamente consolidatisi, finendo per diventare degli intangibili diritti acquisiti, agli occhi di chi indebitamente se ne avvantaggia. Così i taxisti protestano per difendere un privilegio da casta fondato su un atto amministrativo: la licenza. Solo la colpevole distrazione dei sindaci ha potuto consentire la riprovevole consuetudine di rendere “vendibile” una concessione per definizione intrasmissibile. Ora, quella distrazione è la base su cui poggia la protesta. Protesta che non è pacifica, ma si svolge secondo tecniche da guerriglia urbana, tollerata dalle forze dell’ordine, e subita dalla moltitudine dei cittadini. Nelle stesse ore in Sicilia, ma ora anche in altre parti d’Italia, gli autotrasportatori bloccano per giorni non solo i rifornimenti ma anche la legittima mobilità degli altri cittadini, avendo trovato in pescatori e contadini due altre categorie sociali in fibrillazione. Ciò avviene in dispregio a qualsiasi regola del corretto funzionamento di una società articolata. Manifestare il proprio dissenso di parte è, ovviamente, alla base di ogni sistema democratico ma, come tutti possiamo facilmente intuire, bloccare interi territori, o interi settori merceologici, contando sulla propria posizione egemone, è profondamente antidemocratico nei confronti della restante parte dei cittadini, peraltro maggioritaria. Accettare passivamente queste logiche di lotta “armata” non fa che produrre un perverso effetto imitazione. Non ci sarebbe da stupirsi se dopo taxi selvaggio, tir incazzato e forconi vari, avessimo infermieri e medici in lotta al grido di “catetere impazzito”, ragionieri indignati che brandiscono le calcolatrici come corpi contundenti, ecc. ecc. Insomma, uno Stato che si rispetti non può consentire che minoranze agguerrite prendano in ostaggio maggioranze silenziose.
Cosa ben diversa è, invece, manifestare: trattasi di diritto sancito costituzionalmente e fonte di democrazia reale. La società dei media diffusi permette, a chi ne abbia la voglia e la capacità, di elaborare nuove e più efficaci modalità di comunicazione. La nascita e la crescita esponenziale dei social network – Facebook in primis - deve servire a diffondere la partecipazione democratica alle scelte politiche e sociali. Ben poco valore avrebbe FB se si limitasse al chiacchiericcio o, peggio, al puro gossip, così caro agli italiani. Da semplice cassa di risonanza delle masturbazioni intellettuali (e non solo intellettuali, temo) dei tanti grafomani in erba che scorrazzano nelle praterie del cyberspazio, FB dovrebbe tendenzialmente trasformarsi in una piazza virtuale in cui praticare l’incontro/scontro delle idee, tanto da pervenire nel futuro prossimo ad una sorta di “agorà virtuale”, potenzialmente depositaria dei nostri destini democratici.
Una prima applicazione di questa potenzialità sono i cosiddetti FLASH-MOB (letteralmente mobilitazioni improvvise), sorta di adunate “non sediziose”, convocate via web per scopi che vanno dal semplice cazzeggio fino ai motivi più nobili. Già molto diffuso come evento estemporaneo presso le tribù giovanili, il FLASH-MOB può diventare una forma di protesta utile anche per materie quali le rivendicazioni sindacali/occupazionali, che finora hanno avuto nelle manifestazioni classiche la loro unica modalità realizzativa. Cortei e comizi sindacali sono diventati una “stanca ritulgia laica”, a cui dobbiamo grande rispetto storico ma, nelle loro modalità classiche, sono improponibili nell’era moderna del movimento dei lavoratori. Oggi non esiste più il classico operaio che viene indottrinato e che partecipa ai riti sindacali con spirito acritico. Siamo in presenza, invece, di una nuova classe di lavoratori (operai, impiegati, funzionari) che, pur sempre convinti della indubbia necessità e della funzione organizzatrice dei Sindacati, ne intravedono una stanchezza ed un ritardo relativamente alla capacità comunicativa.
Ecco perché l’idea, che io ho solo colto nell’aria, di dare vita ad un particolarissimo FLASH-MOB dei lavoratori del TPL della Campania. In sostanza, potrebbe essere un utile strumento mediatico per porre il tema della mobilità sostenibile al centro dell’attenzione dei media, locali e non. Attraverso un evento dotato di forte carica simbolica, si potrebbe attivare un interesse latente che stenta a trovare una sua proficua rappresentazione nell’opinione pubblica. Decine, speriamo centinaia di automobili, con il solo conducente a bordo, che inanellano giri su giri nel circuito Piazza Municipio, Via S. Carlo, Piazza Trieste e Trento (fino a lambire il salotto buono della città, Piazza Plebiscito), sarebbero la rappresentazione plastica, evidente a tutta la cittadinanza, di quanto danno concreto, un ruolo sempre più marginale del trasporto pubblico locale, possa provocare sulla vivibilità delle nostre città. Si badi bene, non l’ennesima manifestazione di protesta tesa a bloccare la città, ma un evento altamente democratico con connotazioni altamente simboliche che, proprio in quanto tali, potrebbe assumere un peso non marginale da gettare sul piatto delle decisioni politiche. Il trasporto pubblico non svolge solo una funzione materiale nell’organizzazione sociale moderna. Esso denota anche una visione del mondo che lo rende assimilabile al ruolo svolto dalla sanità pubblica nel miglioramento delle condizioni di vita degli individui. La possibilità di muoversi efficientemente, sia in termini di tempo che economici, rappresenta una delle irrinunciabili prerogative connesse allo stesso diritto di cittadinanza, e tale deve restare. I tagli indiscriminati non sono la ricetta, e questo anche un FLASH-MOB potrebbe dimostrarlo.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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