“Delle 11 persone del mio gruppo di ricerca all’università oggi ne restano in Italia due. Gli altri sono sparsi per il mondo. Due in Australia, uno in Scozia, gli altri fanno tutt’altro. Le due persone rimaste sono ancora lì con lavori precari, spesso mal pagati e discontinui. Tutto ciò è un peccato, perché il mio Paese ha speso milioni di euro per la nostra formazione, e di questi investimenti ne beneficiano altre nazioni. Una mancanza di pianificazione totale“: è una denuncia tagliente e amara quella di Nicola Levi, 38enne geologo al lavoro in Austria per una multinazionale americana.
Nicola vi arriva dopo una laurea in Geologia Strutturale all’università di Pisa e un dottorato di ricerca sempre nella stessa città. Nei tre anni successivi al titolo di “Dottore”, si apre per lui la “via crucis” dei “post-doc”, con fondi di ricerca ridotti al lumicino e lavori sempre meno “scientifici”, anche per la necessità di dover costantemente cercare convenzioni. Nicola rinuncia addirittura a sottoporsi ai concorsi da ricercatore, considerata la lunga fila di aspiranti che lo precede.
Fondamentale è per lui un convegno di geologi strutturali a Glasgow: lì comprende l’enorme differenza, lavorativa e retributiva, tra i colleghi italiani e quelli stranieri. “Cosa ho in meno di loro?“, si chiede Nicola. Al ritorno la decisione: rifiuta l’ennesimo rinnovo di contratto, e si butta sul mercato del lavoro. Tanti curricula inviati, una sola risposta dall’Italia (molte di più quelle dall’estero), fino al colloquio decisivo con una multinazionale americana in Austria.
La sorpresa più grande? Se in Italia le compagnie petrolifere non contemplano neppure il dottorato tra i titoli di studio richiesti, all’estero Nicola si vede addirittura aumentare lo stipendio, non appena il suo futuro datore di lavoro lo viene a sapere. “Tre giorni dopo il colloquio mi hanno richiamato per farmi un’offerta sensibilmente più alta, dopo aver scoperto di essersi sbagliati nel valutare il mio profilo“. Qualcosa di anche solo immaginabile in Italia?
Ospite della trasmissione è Gianvito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi: con lui affrontiamo il tema delle opportunità professionali in Italia, per i giovani che intendono dedicarsi alla professione. Ha senso restare, oppure è d’obbligo l’espatrio?
Nella rubrica “Spazio Emigranti” parliamo di come la musica tratta il tema della “fuga dei talenti”. Lo facciamo con un’intervista a Caparezza, autore di “Goodbye Malinconia”, singolo che da diverse settimane sta portando il tema sulle frequenze delle principali radio italiane.
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La discussione di questa settimana: “Al cinema si attaccano i raccomandati, nei testi delle canzoni si denunciano la fuga dei cervelli e la precarietà. A vostro parere, il settore culturale italiano ha aperto definitivamente gli occhi sul dramma dei giovani, facendosi “traino” di un movimento di sensibilizzazione sui problemi che spingono alla fuga all’estero di decine di migliaia di “under 40″ italiani?”
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Alla prossima puntata: sabato 23 aprile, dalle 13.30 alle 13.55 (CET), su Radio 24. Vi aspetto!