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Un giorno prima di cancellarmi da Facebook

Da Gaia

 

un giorno prima di cancellarmi da Facebook

foto:flickr

Sembra un po’ ridicola l’idea di scrivere un intero post su Facebook, ma stamattina mi sono trovata a riflettere sull’impatto che ha avuto sulle nostre vite, e mi sono un po’ spaventata.
Premetto che non sono una di quelle persone che pensa che “Internet ci impedisce di avere rapporti umani veri”: ci dà la possibilità di tenerci in contatto con amici lontani, anche se magari sottrae un po’ di tempo ad occupazioni più vicine, ma può allo stesso tempo facilitarcene l’organizzazione. E’ vero che comunque le relazioni umane si nutrono molto di vicinanza, ma io non posso impedire alle persone a cui voglio bene di andare via, come loro non l’hanno impedito a me; nel mio tentativo di costruire un mondo migliore, la componente della vita di comunità è fondamentale, ma su altro non ho potere. A maggio in particolare, ho frequentato molto il Circolo Arci Cas*Aupa, e una delle cose che mi piacevano di più era l’idea di andare lì senza programmare, e sapere che ci avrei trovato qualcuno -non il mio migliore amico, non quello che mi avrebbe dato ragione sulla tal cosa, nemmeno un paio di persone con cui avevo preso accordi: semplicemente, a sorpresa, qualcuno che conoscevo. E’ bello anche questo, ti allena a stare con chiunque e ti fa sentire parte di una comunità.
Tornando a Facebook. Mi sgomenta sapere che il suo ideatore, Mark Zuckerberg, sia un miliardario e una figura influente a livello mondiale, ma non è neanche questo il punto. Internet tende a fare queste cose, e spero di riuscirne a parlare in altra sede.
Quello che mi dà fastidio di Facebook è che asseconda uno dei lati peggiori dell’essere umano, e cioè l’esibizionismo. Pensatori più adatti di me hanno già commentato sull’effetto di queste vetrine virtuali, sul bisogno di apparire e quasi vendersi come merce in un negozio. Perché devo sentire il bisogno di raccontare ogni minuzia della mia vita quotidiana su Facebook o Twitter? A cinquecento persone interessa veramente che ho fatto una torta, litigato con un collega, o bevuto troppo la sera prima? Peggio ancora: perché dare in pasto i dettagli più privati della propria vita a chicchessia? L’amore, l’affetto tra familiari e amici, un momento di tristezza, non sono cose troppo intime per metterle in mostra su Facebook? Io mi ritenevo superiore a tutto ciò, non scrivendo mai niente di personale, finché mi sono resa conto che ci sono centinaia di foto di me in ogni tipo di situazione. Non svelano i miei pensieri più privati, né mostrano cose che ho interesse a nascondere, ma all’improvviso mi sono sembrate lo stesso una ridicola parata. Mi stavo esibendo tanto quanto gli altri: qui sono bella, qui vado in un posto stupendo che voi non conoscete gne gne gne, qui mi diverto tantissimo, e così via. Ok, magari non con tutta questa malizia, ma anche se fatto semi inconsciamente, non va bene.
Per non parlare del fatto che, curiosa come sono, mi trovavo a farmi i cazzi degli altri, cliccando qui e lì, ricostruendo vite che mi sembravano interessanti o grottesche, pensando, non c’è niente di male, è tutta roba che espongono loro. Solo che è veramente una perdita di tempo -magari aiuta a conoscere le persone, perché io credo che si possa giudicare la gente anche in base a quello che sceglie di mostrare, ma, comunque, ci sono cose migliori da fare con il proprio tempo.
Questo è un problema più generale della nostra società, che non saprei nemmeno bene come definire, perché in mezzo ci metto l’ossessione per la vita dei personaggi famosi e il loro bisogno di dire tutto ai media su divorzi, nascite, e liti familiari, e il bisogno del popolo di saperlo; la misurazione del valore delle persone, più o meno consciamente, secondo parametri come la capacità di divertirsi e far divertire, invece che di rispettare principi quali l’onestà e il rispetto degli altri; e il bisogno di definirsi, raccontarsi, riassumersi, esibirsi, con ogni mezzo possibile (citazioni preferite. stato sentimentale. gusti musicali. Io sono così io sono così io sono così). Stai zitta, potrebbe dirmi qualcuno, tu che hai un blog, ma io cerco nel blog di parlare di cose che abbiano un interesse collettivo e non privato.
Infine, non sopporto che si sia spostata su Facebook ogni qualsiasi protesta. Va bene, discutiamo, polemizziamo, mettiamo sulla foto profilo una frase antirazzista o Berlusconi con il naso da Pinocchio, clicchiamo “mi piace” sotto lo status dell’amico che dice “mi vergogno dell’Italia”, ma poi? Poi la Repubblica farà un articolo su di voi, magari. Ma non è così che si è cittadini.
Quindi mi tolgo. Non credo cambierà molto, in realtà, però spero sia una piccola liberazione e parziale ritorno al mistero.


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COMMENTI (1)

Da serenainthesky
Inviato il 03 novembre a 20:22
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Forse mi sento un po' polemica, ma potresti dirmi la differenza tra facebook - dove condividi con amici - ed un blog, nel quale davvero condividi con chicchessia? E non si può essere cittadini protestando anche, ma chiaramente non solo, in una piazza virtuale? Come email può essere fredda, oppure no, dipende da come la usi, come ci scrivi, se usi la stessa passione e cura nel raccontare, nello scegliere le parole - così facebook. O mi sono persa qualche sfumatura? grazie!

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