Un governo politico, altro che tecnico

Il governo tecnico, il governo dei professori: proviamo a togliercelo dalla testa, anche solo per un istante. Il governo è tecnico nella forma, ma politico (inevitabilmente) nella sostanza. La riforma del mercato del lavoro – può piacere o meno, qui non dispiace per dire – è politica ancor prima che “tecnica”. E Monti (così come Fornero) è un politico navigato, mediaticamente parlando. Poi se ne è già discusso. Magari tornerà davvero all’università come ha ipotizzato qualche settimana fa mentre chi mira a incarichi politici anche dopo questa breve esperienza è Passera. Non sappiamo ancora cosa faranno gli altri ministri, ma di una cosa possiamo starne certi: non sono, nei modi, esclusivamente dei tecnici. E il premier, checché ne dica, i sondaggi li guarda eccome. Lo si è capito oggi, una volta di più. Monti non ha paventato una crisi di governo, ha chiesto espressamente alle forze politiche e alle parti sociali a chi convenga recitare il ruolo del lupo cattivo visti i chiari di luna. Che la riforma del mercato del lavoro sia politica ancor prima che tecnica è reso evidente dalla dialettica in seno alla maggioranza: il Pdl la avalla così com’è, il Pd (non tutti, ma la maggior parte dei democrat) mira a modifiche che soddisfino determinate esigenze avvicinandosi di molto alle richieste della Cgil. E non potevamo aspettarci qualcosa di diverso, era inevitabile. Pretendere che su ogni singola istanza l’anomala maggioranza che sostiene il governo risulti compatta è chiedere troppo. La posizione di Monti è la medesima da quando si è insediato a Palazzo Chigi. Mettiamola in questo modo, per frivolo che sia: “Cosa avreste fatto voi al nostro posto? Nulla”. Monti li legge i sondaggi e li comprende benissimo. Lo ha ammesso lui stesso, tra le righe: 

Finora il Paese si è mostrato più pronto di quello che immaginassi e se qualche segno di scarso gradimento c'è stato è andato verso altri protagonisti del percorso politico. Ma non verso il governo.