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Un Grande Paese

Creato il 21 maggio 2011 da Saxgiambelluca

Ho da poco finito di leggere Un Grande Paese - l’Italia tra vent’anni e chi la cambierà – di Luca Sofri.

Un Grande PaeseUn bel libro, veloce, sintetico, e che ti lascia qualcosa. Dopo aver letto parecchi feedback positivi, e le prime due pagine in libreria, ho deciso comprarlo. Alcuni direbbero «scorre via bene» altri «si legge in mezza giornata». Be’ io l’ho letto senza fretta, con attenzione, analizzandolo bene, cercando di trarre qualcosa che potesse essermi utile.

Parecchi sono gli spunti dove Sofri ha catturato la mia attenzione, un libro che parla del nostro paese, di politica e comunicazione, e di come dovrebbe e sarebbe il nostro paese tra vent’anni se ognuno di noi si comportasse in maniera giusta, Sofri cita Thomas Friedman «Noi siamo i buoni, vediamo di dimostrarlo».

Non voglio mettermi qui a commentare ed elogiare il libro, mi basta dirvi che se vi “attrae l’idea” andatelo a comprare, o fatevelo prestare. Ma ci tengo a condividere con voi un pezzo che mi ha incuriosito paricolarmente, un pezzo che prende tutti noi, che potrebbe esserci utile per il nostro presente e soprattutto futuro.

Quante volte ognuno di noi si è giusticificato dicendo «io sono me stesso» o ancora meglio dandolo come consiglio, «sii te stesso», una frase che vive nella quotidianità, e che in qualche modo come dice Sofri “giustifica” alcuni nostri comportamenti che spesso potremmo reprimere.

Luca Sofri scrive:

In generale, tra noialtri essere umani vige una certa sopravvalutazione della sincerità. A un certo punto abbiamo cominciato a spacciare per ipocrisia la buona educazione con cui sceglievamo cosa dire e cosa no, e a legittimare ogni accondiscendenza nei confronti di noi stessi definendola spontaneità: «Io sono fatta cosi…», «Ah, io dico quello che penso». Oppure, con ingenua simulazione di autocritica«Ah, io non posso farci niente, dico quello che penso» o «Io ho questo difetto, che dico sempre quello che penso».
Il problema è che è davvero un difetto, dire sempre quello che si pensa. Perché se uno pensa delle cose cattive o sgradevoli, forse è meglio che non le dica. Perché se uno pensa delle cose violente, o stupide, forse è meglio che le reprima. E questo ci porta – dalle parole ai fatti – a uno dei più catastrofici alibi costruiti dal genere umano per autosollevarsi e mettere in vacanza la propria responsabilità su di sé.
Sii te stesso.
Già, bravi. Sii te stesso. E se uno è stronzo? «Sii te stesso», con tutta l’aura di grande dignità che si porta dietro, è una tra le peggiori predicazioni della storia. E sta dentro questo grande ingranno autoassolutorio per cui limpegno, l’applicazione, il lavoro di comprensione delle cose giuste e di quelle sbagliate, l’aspirazione a essere migliori, finiscono per essere disprezzati come artificiose iprocrisie, di fronte alla pretesa nobilità del pigro e vile affidarsi alla propria natura.

«Sii te stesso» non solo assolve alla funzione di legittimare ogni pigrizia e ogni mancanza di impegno, ma implice che il «se stesso» abbia di per sé delle qualità comunque, giuidandoci in una direzione assai frequentata in questi anni di compiacimento e concentrazione su ciò che si fa. In quanto io, sono interessante. C’è un affetto collaterale e parallelo di questo atteggiamento che riguarda le nuove tecnologie e le opportunità che offrono di mantenere i propri interessi strettamente intorno a orizzonti ristrettissimi: segnalando libri, musica, amici che ci potrebbero interessare a partire da ciò che già ci piace. Finiamo per leggere solo cose con cui siamo d’accordo. Limitando quindi le possibilità di incontri e scoperte davvero nuovi, di adozione di pensieri finora ignorati, in favore di piccole variazioni sul nostro mondo di sempre: noi stessi.

Ovviamente questo è soltanto un brevissimo paragrafo del libro, dove Sofri spiega come l’essere se stessi alle volte è una mossa sbagliata, specie se hai una carica o un ruolo con molte responsabilità, prendete il presidente del consiglio per esempio, e le sue esternazioni che non sto qui a ricordare spesso giustificate da chi lo difende con un facile e banale «quanto meno lui è sincero, non è ipocrita». Io mi chiedo, si può essere educati e allo stesso tempo non ipocriti? assolutamente si, usando intellingenza e buon senso.


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