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Un infinito numero (Vassalli)

Creato il 07 aprile 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Nelle intenzioni del suo autore, l'Eneide doveva essere distrutta. Virgilio aveva indicato questa sua volontà prima di morire a Brindisi, ma Augusto non avrebbe mai accettato di veder svanire i sogni di gloria affidati al poema. Ma cosa si nasconde dietro al tormento dell'autore più amato dell'età augustea e alla genesi della sua opera?
 Un infinito numero (Vassalli)Con il romanzo Un infinito numero (1999), Sebastiano Vassalli ci propone una risposta molto interessante, descrivendoci il viaggio di Virgilio e del suo liberto Timodemo al seguito di Mecenate nella terra dei Rasna, gli Etruschi cui il ministro della propaganda augustea riconduce le vere origini del popolo romano e che, a suo parere, il poeta mantovano deve assolutamente conoscere per trarre materia e ispirazione per il suo canto. Comincia così il viaggio nel cuore dell'Etruria, fra la tenuta aretina di Mecenate e la cittadina di Sacni, dove, fra un banchetto e l'altro, i tre compagni vengono istruiti sulla cultura e le usanze religiose di un popolo che sta scomparendo e che, pur vantando una lunga storia fatta di primati tecnici, artigianali e medici, non ha mai lasciato nulla di scritto, ad eccezione dei nomi dei defunti. Per Mecenate e ancor più per Virgilio, instancabile nella lettura e nella raccolta di libri, una simile mancanza è inconcepibile, ma Aisna, sacerdote e incarnazione del dio Velthune, è risoluto nell'affermazione di una terribile equazione fra scrittura e morte e nella convinzione che l'opera che Virgilio si accinge a scrivere sia la causa e l'effetto della definitiva scomparsa dei Rasna: la scrittura è, infatti, un'invenzione di Mania, la divinità delle ombre, che, tracciando nel creato i nomi di piante, animali e uomini, creò con essi la morte. I nomi esistono nel tempo, la scrittura li fissa in un momento, ma essi bloccano la vita e il flusso del tempo stesso, distruggendo così un'identità e stendendo l'oblio su chi muore. Una concezione astrusa dello strumento che nei secoli ha raccolto le speranze di immortalità degli uomini, eppure, per i Rasna, che tramandano la memoria del proprio passato e di tutte le vite che e hanno fatto parte attraverso riti misterici che solo Aisna può far sperimentare ai suoi ospiti, tutto ciò è estremamente naturale. Concluso il viaggio, non cessano però i suoi effetti, e la fragilità della Fama (quella forza che domina come una divinità sui destini umani e che Ottaviano è tanto ansioso di cavalcare) e il potere che il Tempo ha di consumare anche le imprese più gloriose emergono in tutta la loro evidenza: la celebrità delle gesta di Mecenate e la sua devozione alla politica augustea non contano più nulla, egli è affidato all'oblio e, allo stesso tempo, il principe desidera fissare nei millenni la propria grandezza, diffondendo il poema virgiliano. Ma Virgilio si rende conto che questa scrittura capace di rendere immortali è un vano sogno costruito su castelli di menzogne, e la tentazione di raccontare chi fosse il vero Eneas incontrato nelle leggende dei Rasna e di descrivere i misfatti dei Lidi è così forte da impedirgli di consegnare ad Augusto l'opera completa. La scrittura è un tradimento della vita: essa serve ad abbellire la realtà, ad affidare agli uomini degli insegnamenti, come ammette lo stesso Virgilio, ma, in fondo, questo mascheramento equivale ad uccidere la realtà stessa e la vita che in essa si è prodotta.

Un infinito numero (Vassalli)

Sebastiano Vassalli (foto di Gianluca Rossetti)


Trattamento estremamente moderno di una storia antica, Un infinito numero fonde il retaggio arcaico di una delle più misteriose civiltà del passato con le conquiste novecentesche sulle manipolazioni della realtà operate dal linguaggio, in un testo estremamente godibile, scorrevole e ricco di curiosità sulla vita degli antichi e sui retroscena degli ambienti augustei, che non manca di offrirci un originale ritratto di uno dei più grandi autori di tutti i tempi e dell'opera più importante della letteratura latina.
Ho sentito dire da un auruspice, scandì, che il nostro poema nazionale, il poema di Eneas, si tramanderà da un cantore all'altro e da un'epoca all'altra, finché uno straniero lo trascriverà sopra un rotolo di papiro, dopo averlo voltato nella sua lingua. Allora il cielo dei Rasna diventerà silenzioso. Gli uomini continueranno a vagare per il mondo, come fanno adesso, ma quel loro andirivieni non avrà né meta né scopo; e nessuno più saprà far rivivere, con il canto, la nostra antica grandezza e sapienza.
C.M.

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