Non so se visiterò mai Gerusalemme, ma se avrò questa fortuna, oltre ai luoghi storici, che sono quelli della fede, farò certamente un “salto” al Mahane Yehuda market e ci andrò munita di Reflex, ve lo prometto! Credo che sia un’esperienza unica per chiunque, ma per un foodblogger deve esserlo senz’altro. In molti sostengono che non esista una cucina israelita e che attualmente da quelle parti sia molto in voga mangiare Italiano-e ne siamo contenti. Però, devo dire che la cucina kosher, ad esempio, con le sue regole e la sua dimensione spirituale mi affascina, mi incuriosisce e, se vogliamo, mi interroga …
Sebbene siano sempre meno coloro che la praticano per motivi religiosi, il marchio kosher diventa uno dei più scelti negli Stati Uniti da persone che non sono di origine ebraica, né seguono questa religione, ma scelgono la cucina kosher perché sicuramente più genuina e “pura” –non trovo altro termine.
Un aspetto che ad esempio troviamo tra le sue pratiche è la scelta del tipo di carne e del modo in cui l’animale viene macellato: tra le carni permesse, solo quelle di animali ruminanti; quelli di mare vanno bene se hanno le pinne, molluschi e crostacei sono proibiti.
La macellazione deve avvenire con un taglio netto, limitando al minimo la sofferenza dell’animale e il coltello deve avere una lama affilatissima e priva di difetti. Il dissanguamento deve essere completo e le carni non possono essere consumate insieme ai latticini; occorre addirittura avere due tipi di servizi da portata e due diverse tovaglie, inoltre bisogna mantenere una distanza minima se due persone stanno consumando carne l’uno e latticini l’altro.
Regole stringenti anche per la preparazione di dolci e bevande.
L’incontro tra sacro e profano è fuso profondamente nella fede ebraica, e non poteva non riflettersi anche a tavola, dove, in realtà, converge tutto.
A ripercorrere la storia di questa particolare “dieta” si finirà col confrontarsi con la Torah (ovvero il Vecchio Testamento dei Cattolici). E’ tra quelle pagine di Sacra Scrittura che si possono ritrovare le regole per rendere il cibo kasherut, cioè adatto ad esser consumato.
E pensare che oggi volevo solo parlarvi di un libro, Stewed Poems di Pierre Lavi, che presenta in maniera originale il mercato di Gerusalemme, dove vive e lavora. Il libro è scritto in ebraico, ma, niente paura, a breve uscirà la versione inglese,di cui io ho avuto l’onore di ricevere dall’autore il boklet insieme ad un invito a visitare Gerusalemme!!! Ahimè per il momento ho dovuto declinare ma nell’attesa di poter presto intraprendere questo viaggio, aspetto con voi l’uscita del libro fatto di foto, poesie e ricette che nascono solo lì. Vi ho incuriosito almeno un po’? La storia non finisce qui, ci aggiorniamo.