Sipario ancora chiuso. Luci accese. Chiacchiericcio prima dello spettacolo. Poi d'un tratto Marco Paolini sbuca sul palcoscenico. Silenzio d'attesa. Lui guarda l'orologio e dice soltanto: "Un minuto di rivoluzione". E poi sta zitto. Per un po' solo silenzio. Ci si guarda attorno, circospetti. Il signore in prima fila già un po' in panico: "Ecco, adesso scende e chiama me". Poi qualcuno grida: "Ehhh... La rivoluzione!" E un altro: "Viva l'Italia!". Così, dal nulla. Risate. E Marco Paolini sta lì, sornione, a vedere cosa combina il suo pubblico nel minuto in cui la Terra sfreccia per 1800 chilometri nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole. Questo l' incipit di ITIS Galileo, la nuova fatica dell'attore veneto scritta con Francesco Niccolini. L'opera, nata nel 2009 come lezione-spettacolo per le scuole, ha appena lasciato lo Strehler per conquistare altri teatri italiani. ( Tournée invernale 2010/2011).
Ci vuole molto coraggio per riportare Galileo sul palcoscenico. L'aria è ancora vibrante di tensione. L'eco di quelle parole rimbalza imprigionata nelle pieghe del sipario. "[...] E quando, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale...". Pesa ancora lo sconforto per una terra che non ha eroi, per una terra che ha bisogno di eroi. Vita di Galileo di Bertolt Brecht è e rimarrà una vetta irraggiungibile nella storia del teatro e nella coscienza collettiva. Inutile tentare di riprodurlo. E infatti ITIS Galileo non lo fa. Un po' biografia, un po' racconto, un po' riflessione drammatica, un po' da scompisciarsi dal ridere. Insomma, un po' tanto Marco Paolini. E' proprio lui lo spettacolo. Monologo, due ore senza intervallo. Riempie la scena con la sua fisicità, con la mimica di ogni muscolo del suo viso. La sua voce cambia, ora burlesca mentre imita il Doge in veneziano, ora straziante durante l'abiura.
La storia in fondo la conosciamo tutti. C'è davvero ancora qualcosa da dire? Beh, forse qualcosina sì, se pensiamo che, dati alla mano, un europeo su quattro si dichiara tolemaico! E comunque anche gli altri tre, che magari dopo 400 anni sono riusciti a digerire il fatto che è la Terra che ruota attorno al Sole e non il contrario, bevono il caffè ogni mattina leggendo l'oroscopo, che è basato sull'interpretazione delle stelle fisse del sistema aristotelico-tolemaico. "Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro", dice Paolini. "Sarà perché le leggi dell'economia contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri".
Si cerca sicurezza nelle stelle fisse, consolazione in un mondo ordinato in cui noi siamo al centro e da cui siamo stati sbalzati via da un colpo di cannocchiale, relegati in una pluralità di mondi possibili nel quale non siamo altro che una casuale possibilità. Attori su un palcoscenico con un pubblico ignoto, che recitano nel buio di una sala uno spettacolo che si consuma una volta sola. Questo è il teatro, che posso dirvi?
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