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Un orso grizzly in una cucina illuminata a giorno

Da Marcofre

Molto azzeccata questa immagine, a parer mio. Gardner scrive che se una frase non ha l’assoluta evidenza di “un orso grizzly in una cucina illuminata a giorno”, non può essere lasciata al suo posto.

Qualcuno è svenuto? C’è ancora almeno un lettore che continua a leggere questo post, oppure siete tutti scomparsi perché: “Ma che dice! Scrivere è un gioco da ragazzi, quante sciocchezze!”.
Mi è tornata in mente perché mentre rileggevo un mio racconto, ho trovato che un personaggio femminile era:

stufa

Voce del verbo stufare, certo. Non è agghiacciante? Rileggendo la frase, ho pensato proprio alla stufa, visto che ormai siamo entrati nell’autunno e l’aria si fa più frizzante.
Poco oltre, ho trovato di peggio:

(…) un’imitazione. Concentra l’attenzione sui prezzi

Lasciamo perdere quello che c’è prima e dopo. Non è mostruoso? Basta leggerlo due o tre volte per comprendere la sua bruttezza; se lo si fa ad alta voce, è pure peggio.

Si può sempre affermare che si tratta di frasi o parole comunque evidenti come un orso grizzly in una cucina illuminata a giorno; vero, ma non per il valore che emanano. Bensì proprio per la sciatteria che comunicano. Non c’è ricerca, né determinazione o volontà a costruire qualcosa di efficace, in grado di parlare anche quando la propria voce si sarà spenta.

Per fortuna che esiste la rilettura.

Rileggere, rileggere sempre e senza pietà alcuna. Punta sempre al massimo, al meglio, e dopo ancora più su. Quello che è al di sotto dell’eccellenza non è narrativa; ma superstizione. Se non emergi per la bellezza dello scritto, per la sua efficacia e il suo valore, significa solamente che ti affidi appunto alla superstizione.

Non al talento, all’esercizio, al duro lavoro. Non credo che esista qualcosa di valido ottenuto senza la fatica.


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