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Un passo indietro

Creato il 07 settembre 2010 da Gadilu

Un passo indietro

Arriva l’autunno e bisogna cambiare il guardaroba. Anche per quanto riguarda quegli abiti un po’ scomodi che qui da noi sono costituiti dai temi legati all’ormai quasi secolare vicenda del contrasto etnico (per fortuna sopravvissuto in gran parte solo sul piano della rappresentazione e dei simboli). Se l’estate appena trascorsa è stata dunque vissuta all’insegna del dibattito sulla toponomastica, adesso rispunta il tema del Monumento alla Vittoria e dei relitti fascisti. Con un’interessante variante, però. Come ha notato opportunamente il nostro Florian Kronbichler commentando l’ultimo editoriale di Toni Ebner pubblicato sul Dolomiten, la nuova generazione della Svp sembra aver abbandonato in questo caso le posizioni più “hard”. E in merito al restauro del famigerato “tempio” piacentiniano, in corso d’opera, non reagisce più invocandone la rimozione e l’abbattimento. Al contrario, si cerca di scorgere in esso l’occasione di un ripensamento critico della nostra storia più dolorosa e si accetta la proposta di costruire un contesto museale in grado di atrofizzare e disinnescare, per quanto possibile, gli effetti negativi che la sua presenza ancora provoca sul piano del discorso pubblico.

Ora, se questa nuova posizione sembra andare nel verso giusto, inducendoci alla speranza, spiace dover notare come il cammino rivolto a una compiuta e comune assunzione di responsabilità sia comunque sempre soggetto a improvvise battute d’arresto. E soprattutto spiace che a tentennare, mostrandosi in definitiva ostaggio di opinioni e di posizioni antiquate, sia proprio chi maggiormente dovrebbe scongiurare – in virtù  del suo ruolo e della sua influenza – il pericolo di far seguire a quel piccolo passo in avanti il solito, inconcludente, passo indietro. Ieri, durante la seduta della giunta provinciale, Luis Durnwalder ha così inteso “equilibrare” a suo modo i progressi registrati a proposito della discussione sul Monumento di Bolzano avanzando la proposta di rimuovere quello dell’alpino di Brunico. Come se insomma per indorare la pillola della storicizzazione e del depotenziamento del primo, occorresse manifestare subito anche un irrigidimento e un rigurgito d’intransigenza a proposito del secondo.

Il problema della gestione dei monumenti ha bisogno di una politica chiara, univoca e soprattutto orientata a una seria elaborazione del passato. Introdurre distinzioni tra reperto e reperto (stabilire dunque una differenza a proposito delle modalità con le quali intendiamo conservare queste tracce) può certo avvenire, ma solo alla luce di un progetto complessivo, privo di smagliature e assolutamente scevro dal sospetto di essere realizzato in modo intermittente, magari per non scontentare troppo chi fino a ieri puntava a una completa damnatio memoriae.

Corriere dell’Alto Adige, 7 settembre 2010



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