E così Umberto Bossi, finalmente libero dai laccioli berlusconiani, torna a fare il pasdaran, invoca la secessione e dice: “Occorre ragionare su una possibile indipendenza condivisa”. Bossi sa che chiede l’irrealizzabile, ma si sente in dovere di provarci. Dopo tre anni di governo non è riuscito a portare a casa, o meglio nella inesistente Padania, un cazzo di nulla e deve recuperare la credibilità che ha perso presso il suo elettorato rispolverando le vecchie parole d’ordine e cavalcando sempre i soliti, stanchi, stupidi, arroganti, vergognosi temi razziali e indipendentisti d’accatto. D’altronde Umbertino sa che se andasse a un referendum non lo voterebbe manco la suocera e che i bergamaschi e i bresciani sono disposti a tutti meno che di innestare una baionetta e dare l’assalto alla prefettura di Milano. Ci chiediamo che senso abbia oggi una forza politica come la Lega ma, pur volendo, non riusciamo a darci una risposta se non quella strettamente inerente all’ambito dell’avanspettacolo con, purtroppo un capocomico non all’altezza. E se il Professore organizza per oggi l’incontro con i governatori delle regioni e, contemporaneamente si riuniscono per un barbecue i parlamentari padani, l’accusa che Mario Monti si sente rivolgere è quello di “sgarbo istituzionale”, come se il parlamento padano fosse un organo politico e non il comitato direttivo di una bocciofila. Ma tant’è, la disperazione e l’ignoranza giocano sempre bruttissimi tiri. Dando una scorsa ai giornali di oggi, ci siamo resi conto che il nostro appunto di ieri sulla presenza del Professore a “Porta a Porta”, è condiviso pressoché da tutti. Sul “Fatto”, ad esempio, spiccano i pareri di Carlo Freccero e di Lucia Annunziata e, mentre il direttore di Rai4 tratta l’argomento dal punto di vista più squisitamente legato all’immagine e alla comunicazione, Lucia Annunziata sembra fresca reduce dalla lettura del nostro blog. “Sarebbe stata meglio – ha dichiarato la conduttrice di “In ½ ora”, una conferenza stampa con tanto di contraddittorio, in un luogo istituzionale. Così non si da nessuna discontinuità con il 'contratto con gli italiani' firmato da Berlusconi, pieno di promesse non mantenute”. Ma le “promesse”, Mario Monti le manterrà. È vero che assomigliano più a minacciosi ricatti che non a uno “sguardo sul futuro”, ma sembra che siano le uniche in grado di essere recepite dall’Europa che spinge, spinge, madonna quanto spinge. “Ricordate che rischiamo di non pagare gli stipendi”, ha tuonato sommessamente il Professore, e questo solo per convincere gli schierati pidini a schierarsi ancora di più e i riottosi pidiellini a non rompere i coglioni più di tanto. Le sei versioni dei provvedimenti lette su sei giornali diversi, ci spingono ad attendere ancora poche ore prima di dare un giudizio definitivo sulla manovra da 20/23 miliardi del Professore. Ma sapere già che intende dare il via ai decreti attuativi della riforma Gelmini ci piglia male, oh quanto ci piglia male. Così come la mancanza di provvedimenti strutturali sull’evasione fiscale ci spinge a chiederci se quella di Mario Monti non sia la classica impostazione di un banchiere che presta soldi solo a fronte di solide garanzie triple rispetto al prestito richiesto. Tassare i “beni di lusso” senza indagare su come siano stati acquistati, ci sembra il gioco di suor Maria Cazzetta: “giochi giochi ma il gioco non finisce mai”. Non tira una buona aria. Nonostante la minaccia di fallimento dietro l’angolo siamo ancora convinti che l’Italia non sia messa male come la Grecia e l’Irlanda, abbia qualche chance in più degli spagnoli e, andando un attimo a scavare, non è che la Francia stia tanto meglio di noi. Il flop della vendita dei Bund ci dice che neppure la Germania “locomotiva d’Europa”, tira più di tanto e che il Belgio se non risolve in fretta la sua crisi politica, non ha motivi per stare tranquillo. Siamo in pieno marasma dell’eurozona e se le condizioni attuali della nostra moneta sono queste, le colpe vanno viste nella loro complessità e interezza. Così facendo ci accorgeremo che l’Italia ha fatto la sua parte ma non di più. Non ci piace il retrogusto da “terrorismo psicologico” che emerge dalle dichiarazioni di Mario Monti, mentre restiamo convinti del fatto che questa non è una manovra equa e che l’87 per cento degli italiani vorrebbe, ad esempio, che la chiesa si assumesse le sue responsabilità e venisse trattata come tutti coloro che vivono e operano in Italia: pagasse le tasse interamente. Il New York Times di ieri ha scritto un editoriale su Giorgio Napolitano. Lo ha definito “re Giorgio” e lo ha descritto come l’unico protagonista dei fatti politici accaduti tanto da scrivere: “Il presidente Napolitano ha orchestrato uno dei più complessi cambiamenti nella storia d’Italia”. Abituati all’altro Giorgio, W. Bush, che per lottare contro il terrorismo ha di fatto sospeso la democrazia negli USA, gli americani non si rendono più conto di cosa significhi vivere in un paese a “democrazia commissariata”. Ma neppure gli italiani che, basta che non si tocchino i loro interessi, sarebbero disposti a sopportare anche un altro Duce o un Berlusconi qualsiasi che gli riempia la testa di frottole. Poi ci sono i giornalisti accondiscendenti, quelli che di fronte al potere sbavano come lumache dopo un acquazzone e che non perdono occasione per schierarsi sempre e comunque dove tira l’aria. Forse ha ragione quel tizio che disse: “Non avresti dovuto sposare un giornalista: sono peggio dei marinai” (facilissimo indovinello cinematografico).
Magazine Politica
Un po’ di Padania. Tanto Mario Monti e la teoria sempre attuale di suor Maria Cazzetta
Creato il 04 dicembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
E così Umberto Bossi, finalmente libero dai laccioli berlusconiani, torna a fare il pasdaran, invoca la secessione e dice: “Occorre ragionare su una possibile indipendenza condivisa”. Bossi sa che chiede l’irrealizzabile, ma si sente in dovere di provarci. Dopo tre anni di governo non è riuscito a portare a casa, o meglio nella inesistente Padania, un cazzo di nulla e deve recuperare la credibilità che ha perso presso il suo elettorato rispolverando le vecchie parole d’ordine e cavalcando sempre i soliti, stanchi, stupidi, arroganti, vergognosi temi razziali e indipendentisti d’accatto. D’altronde Umbertino sa che se andasse a un referendum non lo voterebbe manco la suocera e che i bergamaschi e i bresciani sono disposti a tutti meno che di innestare una baionetta e dare l’assalto alla prefettura di Milano. Ci chiediamo che senso abbia oggi una forza politica come la Lega ma, pur volendo, non riusciamo a darci una risposta se non quella strettamente inerente all’ambito dell’avanspettacolo con, purtroppo un capocomico non all’altezza. E se il Professore organizza per oggi l’incontro con i governatori delle regioni e, contemporaneamente si riuniscono per un barbecue i parlamentari padani, l’accusa che Mario Monti si sente rivolgere è quello di “sgarbo istituzionale”, come se il parlamento padano fosse un organo politico e non il comitato direttivo di una bocciofila. Ma tant’è, la disperazione e l’ignoranza giocano sempre bruttissimi tiri. Dando una scorsa ai giornali di oggi, ci siamo resi conto che il nostro appunto di ieri sulla presenza del Professore a “Porta a Porta”, è condiviso pressoché da tutti. Sul “Fatto”, ad esempio, spiccano i pareri di Carlo Freccero e di Lucia Annunziata e, mentre il direttore di Rai4 tratta l’argomento dal punto di vista più squisitamente legato all’immagine e alla comunicazione, Lucia Annunziata sembra fresca reduce dalla lettura del nostro blog. “Sarebbe stata meglio – ha dichiarato la conduttrice di “In ½ ora”, una conferenza stampa con tanto di contraddittorio, in un luogo istituzionale. Così non si da nessuna discontinuità con il 'contratto con gli italiani' firmato da Berlusconi, pieno di promesse non mantenute”. Ma le “promesse”, Mario Monti le manterrà. È vero che assomigliano più a minacciosi ricatti che non a uno “sguardo sul futuro”, ma sembra che siano le uniche in grado di essere recepite dall’Europa che spinge, spinge, madonna quanto spinge. “Ricordate che rischiamo di non pagare gli stipendi”, ha tuonato sommessamente il Professore, e questo solo per convincere gli schierati pidini a schierarsi ancora di più e i riottosi pidiellini a non rompere i coglioni più di tanto. Le sei versioni dei provvedimenti lette su sei giornali diversi, ci spingono ad attendere ancora poche ore prima di dare un giudizio definitivo sulla manovra da 20/23 miliardi del Professore. Ma sapere già che intende dare il via ai decreti attuativi della riforma Gelmini ci piglia male, oh quanto ci piglia male. Così come la mancanza di provvedimenti strutturali sull’evasione fiscale ci spinge a chiederci se quella di Mario Monti non sia la classica impostazione di un banchiere che presta soldi solo a fronte di solide garanzie triple rispetto al prestito richiesto. Tassare i “beni di lusso” senza indagare su come siano stati acquistati, ci sembra il gioco di suor Maria Cazzetta: “giochi giochi ma il gioco non finisce mai”. Non tira una buona aria. Nonostante la minaccia di fallimento dietro l’angolo siamo ancora convinti che l’Italia non sia messa male come la Grecia e l’Irlanda, abbia qualche chance in più degli spagnoli e, andando un attimo a scavare, non è che la Francia stia tanto meglio di noi. Il flop della vendita dei Bund ci dice che neppure la Germania “locomotiva d’Europa”, tira più di tanto e che il Belgio se non risolve in fretta la sua crisi politica, non ha motivi per stare tranquillo. Siamo in pieno marasma dell’eurozona e se le condizioni attuali della nostra moneta sono queste, le colpe vanno viste nella loro complessità e interezza. Così facendo ci accorgeremo che l’Italia ha fatto la sua parte ma non di più. Non ci piace il retrogusto da “terrorismo psicologico” che emerge dalle dichiarazioni di Mario Monti, mentre restiamo convinti del fatto che questa non è una manovra equa e che l’87 per cento degli italiani vorrebbe, ad esempio, che la chiesa si assumesse le sue responsabilità e venisse trattata come tutti coloro che vivono e operano in Italia: pagasse le tasse interamente. Il New York Times di ieri ha scritto un editoriale su Giorgio Napolitano. Lo ha definito “re Giorgio” e lo ha descritto come l’unico protagonista dei fatti politici accaduti tanto da scrivere: “Il presidente Napolitano ha orchestrato uno dei più complessi cambiamenti nella storia d’Italia”. Abituati all’altro Giorgio, W. Bush, che per lottare contro il terrorismo ha di fatto sospeso la democrazia negli USA, gli americani non si rendono più conto di cosa significhi vivere in un paese a “democrazia commissariata”. Ma neppure gli italiani che, basta che non si tocchino i loro interessi, sarebbero disposti a sopportare anche un altro Duce o un Berlusconi qualsiasi che gli riempia la testa di frottole. Poi ci sono i giornalisti accondiscendenti, quelli che di fronte al potere sbavano come lumache dopo un acquazzone e che non perdono occasione per schierarsi sempre e comunque dove tira l’aria. Forse ha ragione quel tizio che disse: “Non avresti dovuto sposare un giornalista: sono peggio dei marinai” (facilissimo indovinello cinematografico).
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