Si dice che la grammatica sia l’errore codificato. In poche parole, quando un errore lo fanno tutti, ma proprio tutti, viene accolto nella grammatica ufficiale e diventa regola. E’ così che si è passati dal latino all’italiano, al francese e allo spagnolo: a forza di errori. Ed è così che si sta passando dall’italiano a una nuova lingua che non ha ancora un nome ma prima o poi lo avrà. Italico, Italiese, italiota, italiolo, italiastro. Certamente non italiano.
Il primo errore da codificare è sicuramente <<pò>>. Ormai nessuno lo scrive più con l’apostrofo richiesto dall’elisione delle lettere <<co>>, mandate a spasso per comodità. Tutti scrivono <<po’>> come se fosse una parola autonoma, miracolosamente piovuta dal cielo per indicare una piccola quantità, senza il minimo rapporto con <<poco>>. Sparito l’immaginario prolungamento richiesto dall’apostrofo, resta il suono secco e scoppiettante dell’accento, simile a un peto sfuggito dalla bocca. Ecco perché propongo che questa forma sia adottata ufficialmente. Vox populi, vox dei.Scrivendo <<po’>> ho l’impressione di fare un errore. Iscriviamo <<pò>> nella grammatica ufficiale, così otterremo un duplice risultato: metteremo in regola i trasgressori e daremo un altro colpo di maglio al vacillante mausoleo della lingua italiana. Prima lo radiamo al suolo, prima nascerà la nuova lingua.