Oggi sono 12 giorni.
Ho dovuto guardare l'agenda per ricordare il giorno esatto in cui ho iniziato questa follia.
Mi sembrano mesi. E invece sono solo 12 giorni.
Non posso dirvi cosa è successo in queste 'quasi due settimane'.
Non potrei scriverlo. Avrei poi voglia di rileggerlo, una sera, prima di addormentarmi. E proverei dolore. Quello dentro. Quello che in pochi vedono. Quello che un sorriso nasconde bene.
Non posso dirvi cosa è successo, non posso dirvi che ho toccato il fondo. Anche io.
Mi avete raccontato il vostro fondo, tante volte, attraverso lo schermo di un pc. E io vi ho letto. Alcune volte ho risposto, altre no. Gli sfoghi più dolorosi. Le rinascite più coraggiose. Quelle in cui la cucina distrae, prima ancora di salvare.
Avrei voluto per un attimo scrivere anche io a qualcuno, in questi 12 giorni. Ma non l'ho fatto. Perché le parole non uscivano. Perché scrivere è vomitare tutta te stessa, su uno schermo che in tanti guardano e in pochi leggono. E avrebbe fatto male.
Mi sono convinta per giorni che negarsi al mondo, sedersi sul pavimento freddo e provare a ricomporre i pezzi, fosse la strada più veloce. Male per male, magari così finisce prima.
E ho cercato motivazioni. E ho urlato giustificazioni. E ho colpevolizzato emozioni.
E una mattina faceva meno male. E una sera era un dolore insostenibile.
Non esistono persone forti. Non quando qualcosa dentro ti attacca.
Ci sono persone leggere, che difficilmente si lasciano urtare da qualcosa. Quelle che se ne fregano, per intenderci. Ma non sono loro ad interessarmi.
Ci sono persone che reagiscono. Che sbattono contro qualunque cosa, si fanno un male cane, piangono e si sfogano con gli amici, quelli veri. Quelli che davvero non ti lasciano. Quelli che non sono stati solo amici, a loro tempo. Quelli che davvero avranno un posto sempre. Quelli che sono di famiglia. Anche quando, di famiglia, ne hai una che ti abbraccia, sempre. E forte.
Ed è a loro che va questo mio post.
Sono una fottutissima sensibile, si sa. Mi commuovo davanti ad un anziano con lo sguardo perso nel vuoto. Mi emoziono davanti ad un artista di strada che sorride. Mi fanno piangere le storie di chi non si lascia vincere dalla paura. Mi toccano quelle persone che in quei 12 giorni ti chiamano per chiederti banalmente "come stai". Che in quei 12 giorni sono con te, nonostante tu sia in giro chissà dove. Che in quei 12 giorni ti dimostrano che basta davvero poco.
Il dolore fortissimo, proprio sopra lo stomaco, passa. E con lui quella claustrofobia che ti impedisce di respirare. E il senso di vuoto e quello di troppo pieno.
E con loro passano i porci che delle tue perle non ne hanno più voglia. Le persone leggere, i menefreghisti e i senza valori. Passano le fissazioni stupide, passano quelle maledette telefonate e finiscono le chat e gli sms che ti facevano sorridere. Passano le paure di sbagliare. Passano le crisi interiori, quelle che ti fanno ripercorrere 28 anni di vita senza capirci nulla. Passano le nottate insonni. Passano i giorni.
E non ne bastano 12.
12 sono solo un buon inizio.
Per ricominciare a sorridere, intanto.
Macy
