Un premio nobel in università
Creato il 16 maggio 2013 da Bagaidecomm
@BagaideComm
A dimostrazione del fatto che il lavoro di squadra paga sempre, si può senza alcun dubbio dire che la collaborazione tra le Associazioni Studentesche, l'Università e il quotidiano "La Provincia" ha portato a risultati straordinari. Aula Magna di Sant'Abbondio gremita in ogni ordine di posto per l'incontro con l'avvocato iraniano Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003. La dottoressa Ebadi ha cercato di affrontare la questione del rapporto tra la religione islamica e i diritti umani, in particolare riferendosi alla situazione della donna, per sfatare una serie di falsi miti che troppo spesso inondano i media. Non va negato che la maggior parte dei casi di violazione dei diritti umani si registra nei Paesi Arabi, ma è pur sempre vero che alla radice troviamo motivazioni politiche, non religiose. Infatti, molti regimi, tra cui quello iraniano, ritengono che il loro potere sia legittimato dalla religione anziché dalla volontà popolare per motivi di convenienza: in questo modo non sarà possibile avere un cambio di leadership (o almeno, sarà possibile solo con una rivoluzione). Il vero nocciolo dalla questione è legato all'interpretazione che si vuole dare alle norme religiose. Senza dubbio in molti testi sacri (anche nella "nostra" Bibbia) si trovano precetti che nulla hanno a che fare con il rispetto dei diritti umani: il "trucco" è quello di riadattare il contenuto delle norme alla realtà contemporanea, muovendo dallo spirito delle norme stesse. La situazione delle donne, come detto, rappresenta lo specchietto di torna sole per capire quale sia il livello di rispetto dei diritti umani: osservando Paesi Islamici come la Malaysia o l'Indonesia, ci si rende conto che le violazioni dei diritti umani sono sicuramente minori e la condizione delle donne è senza dubbio migliore di quanto non sia in Iran o Arabia Saudita (dove, fino a 10 anni fa, le donne non avevano neppure diritto alla carta d'identità). Facendo poi il parallelismo tra quanto avviene nel mondo islamico e quanto succede sempre più spesso in Italia (casi si femminicidio in primis), Shirin Ebadi offre una visione sicuramente innovativa quando afferma che "ciascun uomo prepotente è stato educato da una donna." Quindi, la vera chiave di volta per risolvere il problema, è, come in moltissimi altri casi, la cultura. Pensando all'Iran stesso, si può vedere che da quando anche le donne hanno avuto libero accesso all'istruzione (il 60 % del corpo studente e buona parte del corpo docente iraniano è femminile) è stato possibile forzare la mano al regime ed ottenere la modifica di alcune norme sicuramente maschiliste (come quelle in materia di affidamento dei figli). Tornando all'altra questione dibattuto nel corso della mattinata, quella relativa ai fenomeni di islamofobia, Shirin Ebadi, oltre a soffermarsi sui già noti legami tra il gruppo dei talebani e il governo degli Stati Uniti, ha così chiosato: "I regimi abusano del termine Islam allo stesso modo in cui i governi occidentali abusano della parola democrazia. Si fa ricorso a questi termini per non dire espressamente che ciò che si persegue sono meri interessi politici." Il Premio Nobel ha così concluso il suo intervento: "Come voi sapete sono un avvocato. E tutti gli avvocati hanno il vizio di parlare troppo." Al termine di queste due piacevolissime ore, si può sicuramente dire che Shirin Ebadi rappresenta l'eccezione che conferma la regola.
Carlo Battistessa
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