(riprendiamo la storia della fotografia del ragazzo che ferma i carri armati in Piazza Tienanmen con la sua sola presenza. Per la prima puntata cliccate qui)
La terza immagine che vi proponiamo è caratterizzata da una inquadratura nettamente più ampia.
Stuart Franklin, fotografo inviato a Pechino dalla celeberrima agenzia fotografica Magnum, l’ha scatttaa dal quinto piano dell’hotel Beijing utilizzando un obbiettivo più grandangolare. Ne deriva una composizione quasi pittorica, impreziosita da ulteriori dettagli che contribuiscono a raccontarne la storia: sulla destra è appena visibile alle spalle del quarto carro armato un pennacchio di fumo – probabilmente prodotto dai lacrimogeni con cui l’esercito cinese stava cercando di disperdere i manifestanti – mentre sulla sinistra è visibile la carcassa di un autobus bruciato, ulteriore segno della lotta per i diritti civili che stava infiammando la capitale cinese.
Sfuggita alle perquisizioni dei funzionari governativi all’interno dell’albergo, la pellicola impressionata dalla reflex di Franklin attraversò il mondo nascosta nella scatola di tè di un giovane studente francese, che la consegnò agli uffici della Magnum di Parigi non appena rientrato in madrepatria. Nello stesso momento, il fotografo batteva gli ospedali della capitale cinese alla ricerca di cadaveri di studenti; non ne trovò, e si venne a sapere solo qualche mese più tardi che i cinesi li avevano fatti ammucchiare all’interno di un ospedale per bambini proprio per evitare che i giornalisti occidentali, ancora presenti in massa, potessero raccontarne o immortalarli.
Ed eccoci alla quarta immagine del “tank man” – così fu immediatamente battezzato negli States – di Piazza Tienanmen. Si tratta di una fotografia scattata da Arthur Tsang Hin Wah, reporter accreditato dalla Reuters.
Del suo lavoro di documentazione, abbiamo scelto uno scatto che racconta i momenti immediatamente successivi a quelli già proposti:
Il ragazzo è ritratto in cima alla torretta del carrarmato: cerca di parlare con i militari, dopo il drammatico zig-zag con cui il conducente aveva provato a dribblare il manifestante per evitare di investirlo. Tsang Hin Wah – che, ironia della sorte, era stato malmenato qualche giorno prima dagli studenti perché sorpreso a fotografare e dunque scambiato per una spia del governo – era stato relegato all’11° piano dell’hotel Beijing da un ufficiale di polizia che lo aveva fermato durante un tentativo di reportage dei primi feriti. Rinchiuso dunque in una sorta di “arresto domiciliare”, Tsang Hin Wah ebbe la fortuna di affacciarsi su una scena che sarebbe divenuta famosa e che si era presentata davanti ai suoi occhi dandogli il tempo di montare il tele più “lungo” che aveva a disposizione ed un moltiplicatore di focale 2X.