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Un regista in una foto

Da Masedomani @ma_se_domani

Le immagini scattate dai maestri della fotografia al fronte hanno un impatto, un pathos e una capacità di trasmettere emozioni difficilmente comparabile con quelle prodotte in tempo di pace. E’ una triste e crudissima realtà.

Ma non è solamente sulla linea del fuoco che gli artisti partecipano attivamente alle campagne militari delle rispettive nazioni di appartenenza. In Italia molti ricordano le campagne informative “Tacete! Il nemico vi ascolta” in cui veniva inculcato nella popolazione il timore che anche una semplice chiacchierata fra vicini di casa sulla destinazione del figliolo imbarcato per il Nord Africa potesse rivelare informazioni strategiche agli Alleati. Tra le tante rappresentazioni del concetto, ve ne propongo una che ci sarà utile fra poco: raffigura un losco agente segreto malamente nascosto dietro un giornale che orecchia una conversazione da bar. Escludendo che i risultati del campionato di calcio Alta Italia del 1944 potessero risultare utili agli strateghi di Londra e Washington, daremo per assodato che l’intenzione fosse quella di far percepire la delicatezza di ogni informazione in ogni luogo. Eccola qui:

Un regista in una foto

Rimaniamo in pieno secondo conflitto mondiale e trasferiamoci dall’altra parte dell’Oceano. Gli americani, si sa, in queste cose ci sanno fare, ed hanno a disposizione uno straordinario strumento di diffusione ormai quasi planetaria: la rivista Life! Nata nel 1936 e inizialmente sbeffeggiata come “la pubblicazione per chi non è in grado di leggere”, Life raccontò con immagini indimenticabili i momenti più importanti della storia statunitense, raggiungendo negli anni Quaranta una tiratura di più di tredici milioni di copie e regalando al mondo una nuova definizione del concetto di fotogiornalismo. “Vedere la vita, vedere il mondo” era il motto che accompagnava ogni uscita di Life, e quale miglior dimostrazione di tale intenzione se non l’affidare i racconti-per-immagini ai più grandi fotografi del secolo scorso? Citeremo Eisenstaedt, Robert Capa, Parks, Eugene Smith e – funzionalmente al racconto di oggi – Eliot Eliosofon.

Elisofon è stato un grande fotogiornalista, oggi poco ricordato, che pubblicò le sue immagini su Life dal 1942 al 1964: per dare una idea di quale fosse il mestiere del reporter in quegli anni, basti ricordare che una mostra ad Austin (Texas)  organizzata nel 2000 presentò immagini provenienti da “A World War II airplane crash that Elisofon survived and documented”…

Ma tra i primi servizi fotografici commissionati da Life a Elisofon ci fu qualcosa di meno pericoloso e a cui siamo felice di ritornare: ricordate l’illustrazione italiana che invitava a tenere la bocca chiusa? Ecco, Life pubblicò nel luglio del 1942 qualcosa di simile utilizzando il “foto-romanzo”: in una serie di una ventina di immagini abbiamo la possibilità di seguire una sedicente spia intenta a raccogliere informazioni nei luoghi della vita pubblica. Fra questi, non poteva mancare il classico bar, ed è qui che al centro esatto dell’immagine ci aspetta una sorpresa:

 

Un regista in una foto

Eh già, nella parte del barista abbiamo un Albert Hitchcook d’annata, chiamato dalla rivista per una consulenza generale sulla storia da produrre e già divertiito protagonista di un cameo simili a quelli regalati agli spettatori più attenti nelle sue pellicole migliori.


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