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“Un romanzo del cavolo” firmato Adrian Suciu

Creato il 09 settembre 2013 da Sulromanzo
Autore: Irina TurcanuLun, 09/09/2013 - 11:30

Un roman de rahat«Il libro, il romanzo, il testo, insomma, la prosa che segue non si rivolge agli stupidi. Se sei stupido, non leggere oltre! Siccome esistono persone che non comprendono la differenza tra finzione e letteratura, vorrei, prima che proseguiate nella lettura del testo di cui sotto, che confermiate la correttezza dei seguenti enunciati per evitare future incomprensioni». La premessa è seguita dal Disclaimer.

Un roman de rahat (Ed. Tritonic, 2013), Un romanzo del cavolo si potrebbe tradurre cercando, non senza compromessi, di rendere al meglio l’idea di Adrian Suciu. Il testo originale usa una parola che, sostenuta dall’intero volume, consacra l’autore come un abile giocoliere dei doppi sensi. Rahat è intraducibile. È, al contempo, una deliziosa gelatina dolce d’origine orientale, rahatlocum, una cosa da poco e gli escrementi.

Difficile decidere quale significato adottare come chiave interpretativa del romanzo. È gelatinoso, per la compattezza e la lucidità con le quali tratta il volto della Romania e dell’Europa odierna, in un’ottica alquanto innovativa. Ma è acido, per niente commestibile o digeribile, mentre pone i puntini sulle “i”. E, in una visione ironica, per dirla con un proverbio romeno, la vecchietta si pettina mentre il paese brucia, il romanzo tratta questioni da “poco conto”.

Apre, nel capitolo Lettera aperta per gli europei, un dialogo per discutere di una «presa di posizione individuale, la quale non implica in nessun modo lo Stato romeno, fatto per cui non si verificherà alcun incidente diplomatico» e, in principio, «lascerà indifferenti tutti coloro ai quali è indirizzato». E diventa tagliente, come pochi: «Mio fratello italiano, francese o tedesco o di quale altra nazionalità tu sia, ti parlo qui come a un amico col quale chiacchiero davanti a una birra fresca e andrò a briglia sciolta nell’esporti le mie frustrazioni, per risparmiare i soldi per lo psicologo! Da vent’anni, i tuoi politici, per niente migliori dei miei, mi urlano contro, strabuzzano gli occhi e mi indicano col dito perché discrimino gli zingari». Si infervorisce, Suciu, quando tocca il tasto dolente di coloro che ci governano e dei pregiudizi che fanno scaturire nelle persone: «Politici di merda, perché tali sono in tutto il mondo, accusano me, uomo educato, dallo spirito libero e nella pienezza delle facoltà mentali, di essere razzista! Da vent’anni, i tuoi politici propagano, con obiettivi precisi, la confusione già installata nella tua mente, che gli zingari e i romeni siano la stessa roba. Sai una cosa? Gli zingari e i romeni sono due popoli diversi, con storie diverse e valori diversi. E sai un’altra cosa? Non sono razzista ma per il fatto che i tuoi politici mi proibiscano, in quanto romeno, persino di proteggere la mia identità nei confronti dell’aggressione, ciò mi spinge ad avere un grande motivo di gioia verso l’integrazione della Romania nell’Unione Europea: gli zingari sono anche tuoi ora».

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Adrian Suciu
È anche impertinente, provocatorio, il narratore, frutto del disincanto che percepisce nei confronti della capacità della letteratura di plasmare e indirizzare i lettori. Le pagine non sono scritte per entrare nelle grazie altrui, conquistandolo con i buonismi. Le pagine sono lo spazio del narratore che strappa le tende dietro le quali ci si nasconde mossi da finto nazionalismo. Questo va sbrindellato e creato uno vero, autentico, ex novo, sembra di intuire il messaggio tra le righe.

Ovviamente, in conclusione, l’autore tiene a precisare anche il fatto che il romanzo rispetta la direttiva CE2001/37/CEE e il lettore avvisato ha già visto che durante tutti i pranzi o le cene si mangia, si beve e si conversa ma si fuma poco, quasi per niente. La maggior parte dei personaggi sono fumatori, ma «l’autore ha evitato di pubblicizzare un’abitudine profondamente nociva e molto diffusa tra i romeni».

Non serve spiegare perché sia stato il romanzo più venduto in Romania, nel 2013.

 

 

Adrian Suciu (1970) si laurea in Lettere presso l'Università di Cluj. Dagli studi, desidera ricordare le amicizie, i divertimenti e la grammatica della lingua romena – scrive nel suo sito internet. Convinto che grazie alla poesia non si possa vivere, svolge, lungo gli anni, diversi lavori: elettricista, insegnate, giornalista, funzionario pubblico. I suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue europee, tra cui inglese, francese, tedesco, ungherese. Ha vinto numerosi premi ai Festival della Lettura sia nazionali sia internazionali, mentre – si legge ancora nel suo sito – uno dei suoi principi di vita è: trovi sempre una mano che ti aiuti alla fine del tuo braccio. Ha pubblicato sei volumi di poesia, un opuscolo politico (Plus) e un romanzo, Sesso con donne (Sex cu femei), premiato dall'Unione degli scrittori romeni come “Libro dell'anno”.

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