Un romanzo di ringhiera immerso nelle verdure

Da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Cucinando parole e sapori -
Un romanzo di ringhiera immerso nelle verdure.

Il plumcake lo conoscevo dolce. Ho un gustoso ricordo della versione c.d. marmorizzata che mia suocera mi comprava quando ero incinta della piccola di casa.
Sfogliando alcune ricette ho scoperto che ne esiste una versione salata, o meglio, più versioni, tante quante ne suggerisce la fantasia. La si può fare con sole verdure, con soli formaggi, con affettati vari, oppure mescolando i vari ingredienti dosandoli a piacere.
Io ho deciso di cucinare un plumcake salato di verdure e pancetta.
La quantità e la qualità delle verdure è soggettiva, legata esclusivamente al gusto personale.

2 carote
2 zucchine
1/2 ramo di sedano
1/2 cipolla
Farina – 180 gr.
Latte – 100 ml.
Lievito in polvere – 16 gr. (1 bustina)
Olio extravergine d’oliva – 2 cucchiai
Pancetta dolce – 150 gr.
Pecorino romano grattuggiato – 1 cucchiaio
Parmigiano reggiano grattuggiato – 1 cucchiaio
Uova medie – 3
Aglio – 1 spicchio
Pepe q.b.
Sale q.b.

Quando ho sfornato il plumcake e l’ho tagliato la mente è subito corsa ad un romanzo di cui ho parlato sul blog tempo fa.
In parte sono stata ispirata dai colori delle verdure e di quelli della copertina (mi frullava ancora nella mente il commento di Michela allo scorso post di Cucinando parole e sapori), in parte sono stata ispirata dalle verdure stesse.
Le verdure che utilizzo in cucina provengono tutte dal mercato di paese. Non amo i mercati grandi ed affollati, pieni di urla sguaiate, di spintoni e di prodotti nati in serie. Amo invece i mercati di paese, quelli di campagna, in cui i prodotti sono spesso il frutto dei campi centenari e degli orti coltivati da bambini e volontari (come succede nel paese in cui abito). Le bancerelle ordinate, piene di colori, svelano uno dei mestieri più longevi, nato insieme all’uomo, e l’odore di terra che proviene dai banchi solletica la fantasia.
Da quando è mancato il mio papà non sono più andata al mercato per oltre un anno, nè quello che frequento abitualmente nè altri. Il mercato è uno dei luoghi che associo più di altri al mio papà e che mi incute, oggi, molta nostalgia: ogni volta che il lunedì mi recavo tra le bancarelle trovavo lui che aveva già fatto la spesa e che, casualmente (!?!?), aspettava il mio arrivo per girare insieme tra i banchi e fare insieme la mia spesa. Mi ripeteva in continuazione, quasi alla nausea, “ti serve altro? sei sicura? vuoi questo? e quello ce l’hai?”. E prima di salutarmi mi faceva passare da casa per darmi ciò che aveva comprato per sè e per mia mamma (in realtà per me e Fabio!): mi metteva tra le borse della spesa alette di pollo grigliate comprate al banco del macellaio, il cui profumo si spandeva per tutto il mercato, come un richiamo. E non potevo neanche pensare di rifiutare.
L’ultima volta che sono uscita con il mio papà è stato proprio per accompgnarlo al mercato di un paese vicino: era giovedì, lui era già malato da mesi, non guidava più, gli mancava l’aria di paese, passeggiare, ed essere accompagnato era per lui, orgoglioso e forte, una condanna che non accettava.
Ricordo con un tuffo al cuore le parole che gli ho sentito dire al commerciante, suo conoscente (il macellaio di cui parlavo sopra), quando l’ha salutato: “questa volta è toccato a me”. Due mesi dopo non c’era più. Parole che come bombe esplodono nella mia testa e mi devastano proprio come l’impotenza di allora.
Ebbene, queste immagini genuine e familiari, la visione delle voci di paese che si animano sopra i colori della terra esposti con orgoglio dai commercianti, hanno portato sul mio piano di lavoro un romanzo che di popolare e paesano ha molto. Storie di sesso e di ringhiera, di Teresa Petruzzelli (recensito sul blog), ha il gusto della genuinità, delle voci dei rioni popolari che si rincorrono, hai il sapore della terra, quella fertile che sporca le mani, che si insinua sotto le unghie, ha il sapore di paese, non conosce quegli spazi impersonali di cui le città abbondano, sa di mattoni e tegole, si lascia alle spalle il cemento sterminato delle metropoli, sa di spezie e cucina casalinga, profuma di casa, si lascia alle spalle l’indifferenza della frenesia, dà voce alla gente, agli occhi che vivono e si rifugiano dietro le persiane: occhi che vogliono raccontare e che non chiedono altro che esserci, esistere, uguali a se stessi, nelle proprie imperfezioni.
Questi sapori, le immagini, i profumi che inebriano il romanzo, sono gli stessi di cui è pervaso un piatto come il plumcake alle verdure e pancetta. Lo potete constatare di persona già dal profumo che sprigionano le verdure in cottura in padella, prima di essere messe in forno (profumo intramontabile di soffritto). Dal forno poi farà capolino quel profumo di pane tipico dei forni di paese, che personalmente mi fa sognare e che mi rende consapevole di quanto sia fortunata a poter acquistare panini e pizza dal fornaio di fiducia e non nelle rivendite.

Pelate le zucchine, le carote e la cipolla, lavatele e tagliatele, insieme al sedano, a pezzetti piccoli (oppure grattuggiatele).
Mettete in una padella l’olio extravergine d’oliva e mettete le verdure, l’aglio pelato, e un pizzico di sale. Cuocete, mescolando, a fuoco medio per circa 10 minuti. Quando mancano un paio di minuti alla cottura aggiungete la pancetta dolce tagliata a cubetti.
Preriscaldate il forno a 180° (tradizionale statico).
Una volta rosolate, togliete le verdure dal fuoco e mettetele in un piatto utilizzando una schiumarola, in modo che scoli l’olio e l’acqua che hanno lasciato le verdure.
In una ciotola mettete la farina, il latte e le uova -temperatura ambiente-. Aggiungete il lievito, sale e pepe. Mescolate per un paio di minuti con un mixer ad immersione.
Aggiungete le verdure, il pecorino ed il parmigiano grattugiati e mescolate con un cucchiaio di legno.
Stendete un foglio di carta forno nella teglia da plumcake (teglia rettangolare dal bordo alto) e versate il composto.
Mettete in forno e cuocete per 50 minuti.


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