Nel 1973, all’età di quarantadue anni, Joseph Joffo diede alle stampe Un sacchetto di biglie, romanzo in cui riversò la propria adolescenza di giovane ebreo in fuga dalla persecuzione nazista attraverso la Francia occupata e collaborazionista. Assieme al fratello Maurice, di pochi anni più grande, il piccolo Joseph fu costretto a fuggire da Parigi, cambiare città più volte, nascondersi dalle SS, tentare di ricongiungersi di volta in volta con i genitori o gli altri fratelli maggiori, imparare a guadagnarsi da vivere facendo qualsiasi lavoretto gli capitasse a tiro.
Il libro ebbe un grande successo in Francia e all’estero, nel 1975 ne venne tratto un film per la regia di Jacques Doillon e ancora oggi è l’opera per la quale Joffo è più noto.
Un sacchetto di biglie è scritto in uno stile semplice e diretto e si inserisce nel filone della Shoah vista e raccontata da bambini e ragazzi, che offre punti di vista in cui il dramma della persecuzione è filtrato dall’ingenuità più o meno inconsapevole dei giovani protagonisti. [1]
Rizzoli Lizard pubblica oggi la trasposizione a fumetti curata da Kris (Christophe Goret, Un uomo è morto, Coupures irlandaises) e illustrata da Vincent Bailly (Le cœur de sang, Paroles de Poilus), edita in francese da Futuropolis tra il 2011 e il 2012 in due volumi.
Lo stile grafico di Bailly è caratterizzato da un segno sottile e leggero, quasi da bozza. I personaggi sono contraddistinti più da pochi elementi peculiari (statura, colore dei capelli, vestiario, eventuali baffi) che da fisionomia ed espressività dei volti, affidate a pochi tratti scarni ed essenziali. In generale domina un’atmosfera da sketchbook, più accentuata nella seconda parte (il secondo volume dell’edizione francese) e confermata da un’appendice di schizzi preparatori molto simili al risultato definitivo.
La colorazione (acquarello vivo e brillante) segue, per toni e intensità, le fasi e i luoghi del racconto: fredda negli scenari notturni e nei paesini dell’entroterra, grigia e anonima in molti interni, estremamente vivace, calda e luminosa nella rappresentazione delle città mediterranee.
Kris affronta la riscrittura in maniera rigorosa, con un atteggiamento rispettoso ma non succube verso l’opera originale, mantenendo fedelmente vicende, dialoghi e connotazione dei personaggi. Lo sceneggiatore riesce a mettere a fuoco tutti i pilastri del romanzo: la crescita e maturazione del protagonista (proposta come da schema tipico del romanzo di formazione), la fuga della famiglia Joffo, in una neanche tanto velata allegoria della secolare diàspora ebraica, il rapporto di fisiologico conflitto e di viscerale legame tra Joseph e il quasi coetaneo fratello Maurice, la spietata follia delle persecuzioni.
Buono il lavoro di ‘asciugatura’ della trama: alcuni momenti ciclici (come il trasferimento di città in città, la ricerca di alloggio, le tante piccole attività intraprese) sarebbero stati inutili riempitivi una volta messi su tavola e sono stati abilmente compressi in sequenze di vignette mute.
Solo una mancanza macchia, anche se marginalmente, una trasposizione per il resto molto ben riuscita: il romanzo sottolinea in molti passaggi la miseria che nasce dalla guerra e lo fa mostrando la fame, il freddo, la difficoltà nel procurarsi qualsiasi bene. Nel romanzo questo aspetto è pervasivo, nel fumetto è più sfumato. Drammatizzare questo punto avrebbe messo meglio in risalto l’idea di privazione – di spoliazione – che la guerra si porta appresso.
Un’opera nel complesso interessante, che si sforza di riprodurre l’originale anche oltre la semplice superficie narrativa.
Abbiamo parlato di:
Un sacchetto di biglie
Kris, Vincent Bailly
Traduzione di Giovanni Zucca
Rizzoli Lizard, 2013
144 pagine, brossurato con alette, colore – 15,00 €
ISBN: 8817063746
Note:
- Diverse opere, oltre a quella di Joffo, popolano questo sottogenere. Tra i più conosciuti, anche per la loro presenza in brani all’interno di antologie scolastiche, Diario (Anna Frank), Quando Hitler rubò il coniglio rosa (Judith Kerr), L’isola in Via degli Uccelli (Uri Orlev). [↩]
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