Un Sacconi al giorno leva la pensione di torno
Creato il 01 settembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Ordinaria, mattutina lettura delle prime pagine dei giornali per poi gettarsi nella solita, monotona, frustrante quotidianità. Premesso che, in queste condizioni, è già difficile alzarsi dal letto la mattina e pensare che quello appena iniziato possa essere un giorno diverso da ieri e da ieri l’altro, leggi e non ti stupisci che l’amministrazione penitenziaria sta rinnovando il parco macchine per i direttori delle carceri. Uno pensa alle Fiat, alle Lancia, volendo gustarsi una botta di vita da motore spinto alle Alfa Romeo e invece no, i dirigenti preferiscono Maserati, Jaguar e BMW. Per andarci dove non si sa, però anche l’occhio vuole la sua parte e lo Stato li accontenta. Per otto di loro la Direzione centrale delle carceri ha speso un milione di euro, 125mila solo per una Maserati quattro porte. Se non fosse che a luglio il governo aveva deciso di dare un taglio netto alle cilindrate delle auto di rappresentanza, uno potrebbe pensare che un alto funzionario del ministero della Giustizia necessiti di un bolide per sfuggire agli evasi ma, essendo la legge uguale per tutti, ci si aspettava un adeguamento alla moralità dei costumi imposta dalla crisi. Invece manco p’a minchia, e sono annunciate in arrivo altre 60 berline extralusso. Al prezzo di una soltanto delle auto blu-blu (per dirla alla Brunetta), un giovane ci finirebbe il ciclo di studi e potrebbe perfino pensare di dare avvio a una piccola attività in proprio, invece se lo stesso giovane è un precario che stenta ad arrivare al 15 del mese e decide di rivolgersi a una finanziaria per un prestito, si ritroverà a dover chiedere a papà e mamma la firma di garanzia e a restituire in sei anni il 40 per cento in più del prestito originario: strozzinaggio cravattaro senza appello e fanculo ai sogni di un lavoro serio, una famiglia, una casa e dei figli da far crescere bene. I tedeschi, ad esempio, hanno deciso che in questo momento mettere al mondo un figlio è un azzardo. Quando il governo della Merkel ha cercato di capire perché i tedeschi non procreano più, si è sentito rispondere dai potenziali genitori che hanno una paura fottuta di perdere il loro posto di lavoro ma, soprattutto, il terrore di mettere al mondo un sicuro disoccupato. E un disoccupato rischia di diventarlo veramente se sulla sua strada lavorativa dovesse imbattersi con un certo “miracolo imprenditoriale” che si chiama Sergio Marchionne. L’uomo delle imprese impossibili ha appena licenziato in tronco l’addetto alle vendite del Freemont, il suv targato Fiat. Come anticipato su questo blog qualche giorno fa, quello che doveva rappresentare il rilancio per Mirafiori si è rivelato un flop già prima dell’arrivo sul mercato. Pochissime prenotazioni e nessuna fiducia in un’azienda che non vede l’ora di fuggire dall’Italia lasciando sul suolo patrio solo un cumulo di macerie o, al massimo, un centro culturale polivalente come il Lingotto, buono per i grandi convegni e per il salone internazionale del Libro. Ai tanti Marchionne del terzo millennio, questo governo non ha mai chiesto conto delle loro azioni, esattamente come a tutti gli adepti, gli iscritti e i soci delle caste e delle cricche di “Giulio Cesare”, alias Silvio Berlusconi che, da quando il Nano² è al potere, hanno triplicato i loro patrimoni. Incazzati già di prima mattina, e solo dopo aver letto appena i titoli e non gli articoli del giornali, vogliamo tornare brevemente alla domanda che ci ha posto ieri un lettore di questo blog nei commenti. Voleva sapere, il nostro coraggioso amico, chi ci fosse dietro la pensata di togliere dai contributi buoni per la pensione, la naja e gli anni riscattati dell’università. Presto detto, il genio è il ministro del Welfare Maurizio Sacconi il quale, dall’inizio del suo mandato, si è posto due obiettivi: rompere l’unità sindacale e cancellare l’ingombrante Statuto dei Lavoratori concepito da Gino Giugni, un suo ex compagno di Psi. Ma vediamola la carriera di Maurizio Sacconi, perché è un personaggio niente male, apparentemente un “low profile”, anche se la sua storia fa capire che non è di certo andato al governo per smacchiare i giaguari ma per farsi sempre, scientificamente, i cazzi suoi. Veneto di Conegliano, Sacconi ha iniziato la carriera politica nel Psi di Bettino Craxi grazie a quel gran pezzo di mentore ballerino di discoteca che si chiama Gianni De Michelis. Socialista di “destra” (che non abbiamo mai capito fino in fondo cosa diavolo significasse), se ne andò dal partito quando venne eletto segretario Ottaviano Del Turco, socialista di “sinistra” ed ex segretario aggiunto della Cgil. Il passaggio tra le fila dei berluscones nel 2001, dopo aver fondato la “Sinistra delle libertà”, sembrò la logica conclusione di un percorso politico non propriamente “socialista”. E Silvio ne premiò l’intelligenza, l’acume politico e i legami con il Vaticano, nominandolo prima sottosegretario e poi, nel 2008, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Da allora si è reso protagonista di tutta una serie di provvedimenti, di iniziative politiche, di prese di posizione che sembrano fatte apposta per farsi perdonare l’essere stato un uomo di sinistra. L’idea fissa del neo-ministro era quella di rompere l’unità sindacale e, grazie a dirigenti del calibro di Pezzotta, Bonanni e Angeletti ebbe gioco facile. Rotta l’unità sindacale si mise in testa che lo Statuto del Lavoratori doveva scomparire e soprattutto che i posti di lavoro potevano essere tranquillamente sicurezza-esenti, tanto gli operai scimmie sono e scimmie serve resteranno. Brillò, l’integralismo cattolico del Sacconi-Torquemada, quando venne fuori la storia di Eluana Englaro. Il primo provvedimento che prese da ministro che si occupava anche della sanità, fu quello dell’emanazione dell’atto di indirizzo che vietava alle strutture pubbliche e private convenzionate, di interrompere l’idratazione e l’alimentazione forzata nei casi di coma irreversibile: vegetale sei e vegetale resterai, però in vita. I Radicali lo denunciarono per “violenza privata” e “intimidazioni”; dal 2009, Sacconi è iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Roma. A gennaio di quest’anno, insieme con Roberto Formigoni, il nostro Sacconcello si è reso protagonista di un’altra fantasmagorica iniziativa. Lui e l’attuale testimonial di KK, hanno preso carta e penna e chiesto ai vescovi italiani di “sospendere ogni giudizio morale nei confronti di Silvio Berlusconi” indagato per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile. I due compares hanno ricordato ai signori vescovi che l’unico giudice è il Padreterno, ergo...Di queste ore è stata invece la proposta criminale dell’eliminazione dai contributi pensionistici della naja e del periodo di laurea. Quando qualcuno gli ha fatto notare che era una norma incostituzionale, il ministro Sacconi ha fatto spallucce e rinviato il tutto al prossimo regime vero. Ma Sacconi (mica è finita qui), ha avuto anche la malasorte di essere ministro responsabile della sanità quando in Italia è scoppiato il caso H5N1-HPAI, la violentissima e decimante pandemia aviaria. A parte il fatto che vaccini per milioni di euro giacciono ancora intonsi nei magazzini delle Asl, quello che scandalizzò l’Europa intera fu l’investimento spropositato compiuto dal governo italiano per l’approvvigionamento dei farmaci utili a combattere la peste bubbonica del terzo millennio. Per un solo, maledetto caso, il direttore generale di Farmindustria in quel periodo era la moglie di Maurizio Sacconi. Quando la notizia fece il giro del mondo in 24 ore, Silvio pensò bene di nominare Ferruccio Fazio ministro della Salute, scorporandolo da quello del Welfare. Ma ormai il gioco era fatto, i vaccini acquistati, i ceri consumati e la processione rientrata in chiesa. Amen.
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