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Un sorso d’Irlanda in una stout

Creato il 31 agosto 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

Il cuore d’Irlanda nascosto nel cibo, nella musica e nelle stout. La penna (e la macchina fotografica) di Camilla sono qui per raccontare il paese degli Irish Coffee.

di Camilla Cupelli

Ci sono più Murphy’s pub e barbieri in una contea irlandese che nell’intera superficie del nostro Paese. Le persone viaggiano anche decine di kilometri per raggiungere regioni remote delle coste d’Irlanda ed abbracciare la cultura tradizionale rimasta invariata nei secoli. Tra fiumi di stout artigianale e le note di violini ed organetti, turisti e nativi si districano in un paesaggio mozzafiato.

Ma andiamo con ordine. Per i viaggiatori zaino in spalla l’Irlanda è una meta ambita, ma tutt’altro che comoda. La notizia, a pochi giorni dalla partenza, che non è possibile noleggiare un’auto se si hanno meno di venticinque anni, è calata come una doccia fredda. Non sapevo che, poi, di docce fredde ne avrei fatte tante altre, abbarbicata in paesini sperduti della campagna irlandese, ma intanto occorreva risolvere il problema. E quindi, la decisione: zaino in spalla, timetables della Bus Eireann in una mano e Lonely Planet nell’altra, si parte ugualmente. In fondo, contano solo il compagno di viaggio ed il percorso; il resto è collaterale.

Dopo ore di viaggio tra aeroporti e stazioni, finalmente l’umidità irlandese ci avvolge. Nonostante ciò che molti viaggiatori raccontano con aria di chi la sa lunga, si nota subito che la cultura irlandese è ancora viva e forte in numerosi centri, come le vie di Cork abbarbicate sulla collina.

Cork
In un ostello modesto e accogliente ritroviamo nativi dal tipico accento irlandese che ci consigliano luoghi inaspettati proprio a due passi dalla via principale. Casette a schiera di colori improbabili si alternano a chiese gotiche di aspra bellezza. Ma è certamente una realtà che molte altre città sono ormai viziate dal turismo: a Killarney, intorno al Parco Nazionale più bello d’Irlanda, ci sono più Bed and Breakfast che case, e a Galway i pub stipati di turisti sono sempre di più. Le città si riempiono di stranieri in prevalenza anglofoni che siriversano nei mille chioschetti turistici delle vie principali, e dimenticano di cercare il cuore dell’Irlanda. Che si trova, in fondo, nel cibo, nella musica e, indubbiamente, nelle stout. Oltre che nel dato naturale: i paesaggi. Non solo Guinnes, dunque, ma centinaia di birre artigianali allietano le serate degli indigeni irlandesi, e per chi ha voglia di tentare la novità, ne vale decisamente la pena.

Ogni mattina del viaggio ci svegliamo con una costante, la pioggia: il rigido clima d’Irlanda, che regala a tratti un sole cocente interrotto dal vento dell’Ovest, è caratterizzato da precipitazioni quotidiane, per non dire orarie. Se avete la sfortuna di incontrare un temporale vero, sarà dura fare qualunque passo: la visita dell’immensa spiaggia di Inch sotto una pioggia che impedisce allo sguardo di procedere oltre i dieci metri, è uno spettacolo insolito ed inaspettato. Se poi si dimentica il k-way nell’ostello della sera prima, la situazione diventa estrema. Ma qui non si può mai sapere che tempo farà un’ora dopo. Così, ci infiliamo nell’unico pub della spiaggia ed assaporiamo il nostro primo Irish Coffee con gusto, tremando sulle panche di legno massiccio che attorniano il caminetto.

Cliffs of Moher
Nei giorni seguenti il tempo è più clemente. È ai limiti della regione del Burren che si trova forse una delle zone più spettacolari del Paese: a cavallo tra Doolin, Liscannor e Lisdoonvarna la bicicletta è d’obbligo per raggiungere le Cliffs of Moher. Queste scogliere a picco sull’oceano sono una delle mete preferite dei turisti, motivo per evitarle nelle ore di punta e per aggirare i percorsi tracciati dalle guide turistiche. Sono uno spettacolo di rara bellezza, che è offerto solo dai punti estremi dell’Europa: le coste orientali del Portogallo o le regioni del Nord. Ma qui, in Irlanda, la natura sembra donare un regalo ancora più speciale: l’Oceano Atlantico si estende a perdita d’occhio, sullo sfondo si staglia la fantomatica vista dell’America, e tutt’intorno paesini di una bellezza nordica accarezzano la terra con dolcezza.

A Doolin, a solo una decina di kilometri dalle Cliffs, c’è forse uno degli spezzatini alla Guinness più gustosi d’Irlanda, ed i due pub principali del villaggio, l’O’Connors e il McGann’s, accolgono suonatori che arrivano fin da Galway per session di musica tradizionale ogni notte. Certamente giungervi non è facile: perdiamo per due minuti una coincidenza di autobus ad Ennistimón e l’autobus successivo è sei ore dopo. Ma accade l’impensabile: un autista ci fa segno di salire, telefona al conducente diretto a Doolin, ed ai bordi di una statale effettuiamo un cambio di mezzo. L’accoglienza sembra una parola d’ordine. Poco più in là, a Lisdoonvarna, il salmone affumicato più premiato del Paese viene servito alla Burren Smokehouse in una taverna a gestione famigliare. Le figlie del proprietario ci raccontano di una tradizione forte, e ci parlano divertite del Salone del Gusto di Torino. Scoprendo che arriviamo proprio da lì, ci mostrano appassionate i loro prodotti, che farciscono con racconti dettagliati sulla pesca, la cottura e la conservazione del pesce.

Appena al largo della costa, le Isole Aran offrono uno spettacolo affascinante: spazzate dal vento tutto il giorno, con i pascoli estesi a perdita d’occhio, accolgono una costruzione mastodontica dei tempi antichi, probabilmente un luogo di culto celtico. Sconsigliato andare a piedi: per girare Inismór, la più grande delle tre isole, il tempo non è sufficiente. Ce ne accorgiamo quando ormai abbiamo superato la metà del tracciato, e per non perdere l’ultimo traghetto facciamo una bella corsa. Meglio noleggiare una bicicletta, decisamente il mezzo di trasporto migliore del Paese, nonché il più economico. Oppure scegliere di dormire qui, nel mezzo della pace oceanica, dove “il vento dell’ovest rideva gentile”.

muckross abbey

Un intoppo però lo incontriamo, e ridimensioniamo un po’ la proverbiale cortesia degli irlandesi. Come due pulcini inzuppati da ore di pioggia, Canon nascosta nella giacca a vento per proteggerla più di noi, dito alzato e sorriso forzato dal freddo di due giorni bui, decine di auto sfrecciano sulla statale costiera verso Dingle senza caricarci. La Dingle Peninsula resta nascosta tra le nubi, e alla fine rinunciamo e cambiamo rotta. Il giorno dopo, approdati a Limerick, probabilmente la città più brutta del Sud d’Irlanda, al racconto del temporale la receptionist ci schernisce con un “it’s a typical irish weather, guys!” ed un ghigno sul volto. Certo, non si fa di tutta l’erba un fascio: le proprietarie dei B&B nell’Ovest e molti abitanti dei villaggi sono speciali, curiosi, accoglienti, desiderosi di attaccare bottone con chiunque gli capiti a tiro, non mancano di farsi una risata secondo uno humor a metà tra il british e il continentale.

Il ritorno è un’avventura, da un aeroporto a Knock di recente costruzione, collegato alla Galway centrale da pochi autobus. Raggiunta la meta, salutiamo il cielo d’Irlanda con un nodo alla gola. Le nubi sembrano inseguirci per un po’, finché non ci lasciamo alle spalle l’isola e approdiamo nuovamente nei cieli dell’Europa continentale.
Il cuore d’Irlanda, insomma, non si trova sui tavolini delle città più famose, ma solo tra i silenzi delle coste spazzate dal vento. Il turismo rende sempre più ardua la ricerca di luoghi caratteristici ed autentici, ma ce ne sono ancora molti, e gli irlandesi li salvaguardano anima e corpo. Sta ai viaggiatori cercarli.


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