Con la conversazione di oggi finiamo in un settore notevole, molto interessante e appassionante: quello della Musicoterapia. A parlarcene, un esperto della disciplina. La scelta di non sottoporre l'esperto a molte domande è legata fondamentalmente all'impossibilità di contenere un discorso giustamente ampio e complesso come quello di oggi in poche righe. Vi ricordo quindi che alla fine dell'intervista si può trovare il link al sito per qualsiasi approfondimento.
Intervista: Simona GiorginoRisponde: Esperto Musicoterapista Elisabetta E. Longo
- Benvenuta nel mio blog, Elisabetta! Mi rendo conto che un argomento complesso come quello legato al progetto di cui ti occupi tu non è certamente facile da affrontare attraverso una breve conversazione. Cercheremo dunque di toccare i concetti essenziali della musicoterapia, ricordando ai lettori l'indirizzo del vostro sito, dove è possibile approfondire tutti gli aspetti necessari. Io comincerei col chiederti che legame c'è fra l'organismo umano e la musica.
Salve a tutti - Questa domanda ci permette di cogliere l’essenza e il fine ultimo della disciplina scientifica chiamata Musicoterapia, proprio perché la musica, in campo clinico, si propone come supporto e “strumento” terapeutico in grado di agire positivamente sul corpo umano, provocando allo stesso tempo reazioni emotive e risposte fisiologiche. Chiaramente questo processo è ampiamente verificato, ha basi biologiche individuate dalle neuroscienze e molti altri riferimenti sulla natura del suono e la sua propagazione, oggetto di studio della fisica acustica – in particolare citiamo la cimatica, la scienza che ci spiega come il suono influenza la materia. Per semplificare, se partiamo col considerare la musica come “il linguaggio delle emozioni” e che queste ultime attivano comportamenti adattivi, sensazioni e risposte fisiologiche in relazione ad uno stimolo, che può essere proprio la musica, allora ci sarà più chiaro il forte legame tra il suono e il corpo umano. In particolare il ritmo, rappresenta uno degli elementi che caratterizzano la musica e il suo effetto sull’organismo. Infatti il ritmo ci rimanda ad una nozione “primitiva” della musica ed è in grado di attivare e stimolare il nostro corpo, incrementando l’attività cardiaca, la temperatura corporea oppure calmare. Ed è sempre il ritmo ad insegnare ai soggetti con disagio, attraverso un ascolto musicale terapeutico, “un giusto ritmo interiore” , contribuendo al ripristino dell’armonia interiore del soggetto. Metaforicamente il corpo umano è musica, un corpo che riceve musica, la trasforma interiormente in emozione e risponde con vibrazioni proprie, con una musica propria. Ne consegue che possiamo comunicare con il corpo attraverso i codici della comunicazione non - verbale propri della musica, quella musica che è anche in grado di inscriversi nella pelle e nelle cavità risonanti delle ossa, aprendo nuovi canali di comunicazione con il mondo esterno.
- Un campo decisamente interessante. Devo ammettere di aver spesso pensato alla musica come a una grande opportunità per la mente e il corpo, nei momenti di particolare stress, a volte tendo inconsciamente a ricercare il suono, accendendo magari uno stereo e ricavandone un’opportunità di rilassamento. Ci hai accennato all’importanza che la musica e il suono rivestono in ambito terapeutico. Ti andrebbe di citarci qualche caso clinico di cui ti sei occupata? So che operate nell’ambito della diversabilità. Ci chiariresti questo concetto e il modo in cui la musica interviene?
La mia esperienza quotidiana sui singoli casi clinici, in età pediatrica, è stata estremamente utile per capire le conseguenze, le reazioni e l’importanza della musicoterapia sui bambini che soffrono un disagio. La musicoterapia nasce per facilitare la diversabilità. L’esperienza di un disagio ha un impatto emotivo significativo ma anche molto positivo perché sono percorsi fatti di sorrisi, di ricerca interiore e di piccole e grandi conquiste per l’autonomia dei bambini in difficoltà. Inoltre il setting musicoterapeutico regala effetti benefici anche alla famiglia, ne guadagna il legame tra genitori e figli, spesso compromesso, e la salute mentale dei genitori stessi. Nulla è paragonabile a questa gioia. Ho seguito e osservato uno spettro molto ampio di disturbi psicopatologi, dall’autismo all’iperattività, la tetraplegia etc, per poi concentrarmi su di un caso clinico molto particolare, una rara malattia definita “sindrome di noonan”. Si trattava di una bambina di appena 5 anni con plurihandicap, infatti era anche un soggetto ipovedente, con tanti limiti ma con una forza, una voglia di sorridere e un senso del ritmo davvero eccezionale. Il suo approccio con la musicoterapia era euforico, era un “sì alla vita”, era la voglia di continuare un cammino evolutivo che si era interrotto. Sono dei percorsi umani e professionali che hanno bisogno di pazienza, fiducia e continuità per creare quel magico dialogo sonoro tra paziente e terapeuta . Questa attività è appagante, ti regala il canto allegro e motivato, il movimento ritmico e divertito dei fanciulli, la felicità’ negli occhi dei genitori e soprattutto ti ripaga con la” comunicazione”, che rappresenta il traguardo per il quale si lavora con molta dedizione e con un approccio entusiasta alla vita. Per quanto riguarda il modo in cui la musica interviene, la risposta oltre ad essere in parte nella precedente risposta, è legata soprattutto al metodo – nello specifico il metodo che ho appreso prevede l’impiego del pianoforte, di un lettino sonoro per l’attività senso -motoria e l’ausilio dello strumentario Orff per l’attività musicale. E’ importante conoscere e saper applicare praticamente un metodo che nasce con delle finalità terapeutiche e non puramente ludiche. Pertanto è molto efficace discutere i casi clinici in seno ad un’equipe multidisciplinare per approfondire gli aspetti diagnostici di natura funzionale ed avere un confronto attivo con altre figure mediche specializzate.
- Leggendo il sito, sono stata particolarmente colpita da un articolo che parla della relazione fra madre e feto ("La madre è la prima orchestra") e dall'utilità che la musica riveste sin dai primi mesi di vita, quando il bambino è ancora nel grembo materno. So che anche in questo caso ci sarebbe molto da dire, essendo l'argomento vasto e complesso, ma sarebbe bello se ci dicessi qualcosa in merito, rimandando i lettori al sito per gli approfondimenti. Inoltre, a partire da questo stesso punto, mi viene automaticamente una curiosità: nella cura, la musica viene scelta secondo particolari criteri? Ci sono forse generi o tipi di suoni non adatti a un processo terapeutico?
Sì è proprio così, la mamma è la prima orchestra. Questa meravigliosa metafora ci fa intuire come il grembo materno sia la prima esperienza musicale della quale avremo memoria anche dopo la nascita. La musica - o meglio la vibrazione sonora - che accompagna i mesi di gestazione, andrà a caratterizzare quell’identità sonora e musicale unica in ciascun essere umano, in grado di evocare sensazioni e ricordi piacevoli. Il neonato, e in generale i bambini in età pediatrica che si affidano alla musicoterapia, presteranno certamente maggiore attenzione per le melodie delle quali hanno memoria, di conseguenza avranno un’esperienza emozionale positiva ed un corredo sonoro che ci aiuta a realizzare una terapia musicale efficace. Quindi la scelta musicale avviene, prima di tutto, secondo i criteri dell’identità sonora che si è formata a partire dal grembo materno, poi utilizzando un’accurata selezione di musica classica. In merito al criterio di scelta del brano musicale potrei citare la teoria scientifica di uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, Alfred Tomatis. In breve, Tomatis dichiara che "Mozart è un’ottima madre, provoca il maggior effetto curativo sul corpo umano". Questo fenomeno, conosciuto come “effetto Mozart”, riesce ad agire come tecnica psicologica nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie di cui è affetto l’essere umano. Tutto ciò ci porta a pensare alla musica come un’eccellente tecnica di comunicazione e di aiuto ma, come si potrebbe intuire, non tutta la musica è terapeutica, la musica non è neutrale e influenza il corpo umano più di quanto si possa pensare. Non c'è quasi neanche una sola funzione del corpo che non possa subire influenze dai toni musicali, con questo non vorrei scindere tout court in due categorie, musica buona e cattiva. Semplicemente dipende dai suoni, dai ritmi e certamente dal caso clinico, secondo i criteri già ampiamente indagati dalla ricerca scientifica in campo musicoterapeutico.
- Questa conversazione è stata decisamente interessante, grazie per aver risposto alle mie domande, è stato un onore poterti ospitare sul mio blog e conoscere lo splendido mondo della musicoterapia.
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Simona Giorgino
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