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Un uomo e una donna in una libreria. Settima ( e una possibile ultima) parte

Creato il 24 gennaio 2014 da Unarosaverde

 Passò un’ora, poi un’altra. Le lancette dell’orologio si muovevano piano. Teresa provò a dormire, ma era troppo agitata. Si alzò e si risedette almeno una cinquantina di volte. Fece dieci giri del locale. Ispezionò il retro del bancone. Sospirò per duecento volte, fino a quando le fecero male i polmoni. Mise in ordine lo stanzino, controllò che sul lavabo non ci fossero tracce di sangue. Raddrizzò le copertine dei libri usati sugli scaffali ai quali riusciva ad arrivare facilmente. Fuori aveva smesso di piovere. Dalla finestrella si vedeva un pezzettino di cielo senza più nuvole.

Giovanni non parlava più. Aveva provato a chiedergli qualcosa, ma, per risposta, aveva ottenuto solo monosillabi. Era seduto nella sua poltroncina, aveva un libro aperto sulle ginocchia e non c’era modo di fargli alzare la testa. Cosa ci trovava in un libro la gente? Teresa se lo chiese, una volta di più. Alla fine, si avvicinò ad uno scaffale, prese un libro a caso, lo aprì alla prima pagina, lesse: “E’ una verità universalmente riconosciuta che un uomo, scapolo, in possesso di una sostanziosa rendita, debba essere in cerca di una moglie”. Lo chiuse subito. Di tutti, i libri d’amore le parevano i peggiori. Una perdita di tempo dietro romanticherie inutili. I principi azzurri e i belli e tenebrosi. Peggio delle riviste dal parrucchiere. Penso’ di cercare un libro di ricette, magari sarebbe riuscita ad occupare il tempo con qualcosa di pratico. Non ne ebbe bisogno: la serranda, d’improvviso, si sollevò e, nel buio della strada, apparve il viso arrossato e contrito del commesso. “Non so come scusarmi, non so che mi è preso…non mi era mai successo….state bene? Oh, signor Foschini! Oh, che imbarazzo! Non l’ avevo vista entrare. Oggi avevo proprio la testa da un’altra parte …” Teresa uscì all’aria aperta e respirò. Libera, finalmente. La mente le si schiarì, riprese il controllo degli eventi. Rientrò in libreria.  “Senta, scusi”, interruppe il commesso che continuava a parlare con Giovanni, “già che siamo, mi fa lo scontrino per I Promessi Sposi, qua? Tutto è successo per colpa di questo libro, altrimenti non sarei mai entrata in questo posto.”.

Il commesso le disse che poteva prenderlo. Era un omaggio, il minimo che potesse fare per scusarsi, ci mancherebbe. Anche a Giovanni chiese il piacere di poter offrire i libri che si era scelto e che gli aveva visto in mano. “Posso offrivi un passaggio fino a casa per scusarmi?”. Teresa accettò, molto volentieri. Le parve doveroso, da parte di quel commesso distratto, fare ammenda. A lei non sarebbe mai successa una cosa così. Doveva essere colpa dei libri: la gente perdeva il contatto con la realtà. Giovanni si fermò sulla soglia. “Non viene?”. “Ho qui il mio furgone, grazie…” Parve indeciso, poi continuò. “Senta Roberto: ormai è quasi mezzanotte. Mancano poche ore all’alba e io domani ho un lavoro da fare qui vicino. Le prometto che non toccherò niente. Mi lascia qui dentro? A casa, stanotte, sarei da solo e, in mancanza delle mie ragazze, non mi viene in mente una compagnia migliore di quella che potrei trovare qui.”.

Teresa allibì. Si era mai sentita una richiesta più sciocca? Roberto sorrise e strinse la mano di Giovanni. “Sarò qui per le otto: le offrirò la colazione a quel bar. Fanno le pastarelle migliori della città. Buonanotte.”. Il commesso tirò giù la serranda, chiuse il lucchetto, aprì la porta dell’auto a Teresa e le chiese: “Dove la porto, signora?”. Poi, vedendo che la donna non staccava gli occhi dalla serranda, continuò. “Non si preoccupi. Si dorme benissimo su quelle poltroncine. Non sa quante volte l’ho fatto, anche io. E’ così bella, la libreria, quando è tutta per me.”. Accese il motore e partirono. La città dormiva a quell’ora; le strade si asciugavano sotto le stelle. Solo ogni tanto, ma da lontano, arrivava il suono di un clacson.


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