Keith Richard – Life, 505 pag. Edizioni Feltrinelli
Si legge in un soffio questo libro che ripercorre la vita di Keith Richard e dei Rolling Stones. Scritto in realtà da James Fox, è comunque la voce di Richard quella che predomina e che narra di un periodo di oltre 40 anni. Un gruppo che ha profondamente segnato la storia della musica e il modo di vivere di allora, il caos, la droga e la dipendenza. In realtà, come lo stesso Keith Richard racconta, da 30 non si fa più, ma il mito di un uomo che nel susseguirsi delle pagine si svela come dedito al lavoro e alla musica, severo anche da questo punto di vista, fedele nell’amore quanto nelle amicizie, lo ha sempre preceduto. E continua a farlo nell’immaginario che ricorda in particolare tutti i processi che lo hanno visto protagonista di un periodo lungo, talvolta con qualcuno dei suoi compagni di viaggio, tanto da imputare ai Rolling Stones molti dei mali del mondo.
Richard si racconta, senza nessun pudore, parlando a fondo della sua dipendenza, parlandone da dentro, da chi conosce perfettamente l’effetto di una “pera” e di come “l’eroina ti freghi lentamente e inesorabilmente, è la troia più affascinante del mondo”. Fa comprendere ai lettori il perchè di quella dipendenza, che serviva a gestire le situazioni, a stare sveglio per diversi giorni, tanto che spesso “crollava” letteralmente, in studio di registrazione o a casa propria. Ma emerge anche un altro lato di questo uomo, quello del rigore messo nel lavoro. La musica ha dominato tutta la sua vita, da quando lo scautismo (sì, incredibile, Richard era uno scout!) ha lasciato spazio alle note, ai riff e ai giri armonici diventando quasi ossessione. Svela la genesi di molte canzoni e le armonie nate dalla sua chitarra a 5 corde. Curiosità, timori, dolori personali, perdite di amici e perfino di un figlio morto in culla a soli due mesi e il grande successo del suo gruppo, del quale con Mick Jagger è stato l’anima. E, tutto sommato una grande modestia in affermazioni quali: “Io occupo i buchi”, inteso come occupo i buchi lasciati da altri. Nel racconto sottilinea come tutti interpretino e il mito che lo ha seguito per i suoi quasi 70 anni ha superato di gran lunga la realtà: “Tutti interpretavano e vedevano droga nelle nostre canzoni, dove non c’era”. E continua dicendo che “qualunque cosa si scriva, ci sarà uno che la interpreterà in un altro modo, vedrà dei codici nascosti all’interno dei testi” definendo questo come “la teoria del complotto”.
Il libro è corredato di molte fotografie a testimonianza di quanto raccontato. E’ un personaggio che non ha mai amato l’autorità, che ha sempre voluto fare di testa sua, rigido anche in questo quindi, perchè più volte ha compromesso la sua situazione legale (pur non avendo mai subito condanne importanti e reali) per il suo atteggiamento ribelle. Tipico dell’epoca del resto. E chi avrebbe mai detto che un rocker, spesso circondato da groupies, fosse fedele? Eppure questa è l’immagine che appare chiara, Richard è stato fedele fino in fondo anche nelle amicizie che talvolta lo hanno deluso, come l’episodio del litigio con Jagger dovuto alla volontà di quest’ultimo di fare il solista a scapito del gruppo. Emerge anche la sua grande capacità di tenere insieme una band, di trovare sempre un punto di incontro tra le persone. Tanto da giustificare, in un certo senso, Jagger e motivare la sua scelta come dovuta alla pressione tipica del cantante, che definisce “sindrome da cantante solista”. “Io avevo scelto la droga e lui l’adulazione” per resistere alle pressioni del mondo e della quotidianità. E chiarisce bene come le cose viste dall’esterno non siano sempre brillanti che non sia “oro tutto quello che luccica”: successo, soldi e quant’altro.
Un libro che riporta indietro fin agli anni ’60 e alla nascita del rock and roll, scaraventando in un angolo tutti i luoghi comuni sui Rolling Stones e sul suo stesso personaggio.
Bianca Folino