“Tra poco tornerò a lavorare presso la clinica equina dell’Università di Tolosa, in Francia. Finalmente ritroverò il piacere di fare il mio lavoro: il riconoscimento economico -e soprattutto professionale- che in Italia è un’utopia. Mi dedicherò alla formazione di giovani veterinari francesi, e all’attività clinica, con la sgradevole sensazione di essere una risorsa persa per l’Italia“: parola di Alessandro Vischi, 34enne veterinario ippiatra, che ha provato a dare ben due occasioni all’Italia. Invano.
Alessandro lascia il Paese per specializzarsi all’estero subito dopo la laurea: vola -in primis- in Belgio. “Non volevo fare stage gratuiti o -nella migliore delle ipotesi- essere sottopagato in nero presso qualche veterinario, come la maggior parte dei miei colleghi neolaureati“, denuncia. In Belgio sa di poter contare su una formazione veterinaria molto più orientata alla pratica, diversamente dalle università italiane, “completamente incentrate sulla teoria, al punto che capita di laurearsi senza avere quasi mai visitato un animale“. E’ anche per questo -rileva Alessandro- che i veterinari neolaureati in Italia, senza alcuna esperienza, accettano lavori a zero euro, pur di imparare quella pratica su cui si è sorvolato in ateneo. “Non mi paga, però imparo…“, si sente dire troppo spesso: “è l’impostazione pedagogica che è sbagliata“, denuncia. “Questa fase di apprendistato non sarebbe compito dell’università?“
I mesi di specializzazione in Belgio da dodici diventano sedici, con un’esperienza presso la clinica equina dell’Università di Liegi di alto livello, semplicemente inimmaginabile in Italia. Alla fine di questo periodo avviene il primo tentativo di rientro in Italia: un dottorato, alla clinica equina dell’Università di Milano. “Forte dell’esperienza belga, ho pensato di essere una risorsa per l’università. Ma ho commesso il primo errore: la mia visione delle cose era profondamente cambiata“. Alessandro si trova immerso nell’immobilismo del sistema accademico italiano, senza fondi per la ricerca, con uno stipendio di mille euro mensili. Scrive una lettera di dimissioni, che resterà nella storia della facoltà: chi, in Italia, ha il coraggio di rinunciare a un dottorato?
Alessandro ce l’ha, e dopo una serie di curricula inviati, trova lavoro per sette mesi in una clinica veterinaria francese. L’esperienza gli fornisce l’ispirazione per tornare una seconda volta in Italia, con il progetto di aprire una propria clinica, in società con uno o due colleghi. Ad accoglierlo, però, trova però solo il deserto di un Paese dove manca semplicemente la voglia di mettere in piedi qualsiasi tipo di iniziativa. “Un vero e proprio stato di depressione, di accettazione dello status quo, senza nemmeno pensare di potersi opporre“, denuncia Alessandro.
L’ultimo espatrio, in due tappe, avviene nuovamente all’Università di Tolosa: la prima volta, a settembre. La seconda è già in programma per il mese di maggio.
Ospite della puntata è Carla Bernasconi, vicepresidente della Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani e presidente dell’Ordine Veterinari di Milano. Con lei commentiamo non solo la storia di Alessandro, ma anche la situazione dei giovani veterinari in Italia. Che, dati alla mano, appare realmente preoccupante.
Nela rubrica “Expats”, come ogni ultimo sabato del mese, diamo spazio alle lettere nei nostri ascoltatori: oggi ascoltiamo quella di Andrea. Anche lui, come Alessandro, ha provato a dare una seconda possibilità al suo Paese. Anche lui, come Alessandro, è però dovuto nuovamente riemigrare, dopo un’esperienza di lavoro semicatastrofica nella Penisola.
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La discussione di marzo: “Classe dirigente “zero tituli”, non qualificata in Italia… e classe dirigente altamente qualificata all’estero, con lauree e master importanti, ma spesso obbligata ad andarsene per mancanza di opportunità nella Penisola: non è questo il vero -drammatico- paradosso italiano? Come rimediare, come riportare al timone del Paese professionisti e talenti con i titoli e le competenze giuste? Facendoli rientrare dall’estero?”
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Alla prossima puntata: sabato 6 aprile, dalle 13.30 alle 14 (CET), su Radio 24. Vi aspetto!