Magazine Cultura
C'è di che essere orgogliosi, almeno per me. Sono arrivato a Torino nel 1970 ed appena arrivato, fui coinvolto dalla politica dei gruppi extraparlamentare (come si diceva allora) dei movimenti giovanili studenteschi. Stava passando alla storia Potere Operaio, si quello di Oreste Scalzone, mentre Lotta Continua e Avanguardia Operaia erano all'apice della loro storia. In quel periodo nasceva un nuovo gruppo, al seguito di Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Lidia Menapace, Luciana Castellina, Valentino Parlato, Lucio Magri ed Eliseo Milani, erano stati espulsi da Partito Comunista per le loro posizioni critiche al sistema sovietico e a Stalin. Per le critiche all'invasione da parte russa della Cecoslovacchia.
La prima sede del Manifesto la aprimmo in via Sant'Agostino, di fianco al Palazzo di Giustizia. Insieme a Gianni Montani, Vinicio Dagostino, alcuni altri di cui ricordo sole le facce e qualche compagna di cui ricordo solo il nome: Angioletta, Marcella, Elisbetta e poi Marcello, Alfonso Daniele Fefè Pirozzoli e Mario Pugliaro, Compagni ed amici che ho spesso ritrovato nella vita. Così come ho ritrovato il "nostro" giornale: Il Manifesto. Ne vendevo più copie di tutti, alla Westinghouse fonderia, dove lavoravo prima, all'ospedale psichiatrico di Collegno dopo e perfino durante i cortei delle varie manifestazioni; al Primo Maggio e agli scioperi di solidarietà con la prima fabbrica occupata, l'Emanuel di Moncalieri, sopra le sponde del Sangone in corso Roma, poco prima che il piccolo fiume si riversi nel grande Po.Ne vendevo più di tutti e ne ero fiero. Il mio contributo al "nostro" giornale non si limitava alle vendite, ma trovavo sottoscrizioni, abbonamenti, insomma, quel foglio grande piegato in due era la mia Bibbia. Dalle sue righe assorbivo quello che mi erudiva, mi sono cresciuto a lavoro e Manifesto- Oggi, dopo tanti anni di sguardi da lontano, dopo che il "mio" giornale assunse una posizione critica contro la mia uscita dalla Cgil nel 1980, dopo che le avevo dato oltre trent'anni di militanza, nel 1985 fondai il Cobas degli autoferrotranvieri di Torino; il primo Cobas in Italia, il primo che si diede uno statuto registrato e che indicava l'uscita dai sindacati per riorganizzare una spinta dal basso, il Manifesto ed il suo corrispondente da Torino, uno sbarbatello che si chiamava Paolo Ferrero ( si proprio il segretario di Rifondazione oggi) si chiusero in un mutismo che ancora oggi ritengo inconcepibile nei confronti del Cobas e del mio licenziamento pretestuoso da parte dell'Atm di Torino. Ritrovarlo oggi, anche se solo nel babelblog con un articolo su quello che si sta facendo a Giaveno verso due profughi africani, mi commuove come se avessi partecipato dalla Defilippi a C'è posta per te. E' la testimonianza che quando si vive di alcuni valori fondamentali, anche dopo tanto tempo, si nutrono gli stessi impeti. Ben ritrovato "mio" giornale, mi insegnasti "la pratica dell'obiettivo", quello che sto facendo ancora oggi: finchè non raggiungi uno scopo, provaci da ogni angolazione. Così quegli obiettivi comuni ci hanno riportato a muoverci sulla stessa pista e ci ha fatto reincontrare. Benritrovato.http://blog.ilmanifesto.it/babel/2012/08/27/giaveno-italia/
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