Una carbonara in Toscana

A casa mia la carbonara è sempre fatta con l’uovo stracotto. Lo so, è un sacrilegio, ma la mamma è terrona e quel vizio di friggere ogni cosa è duro da levare, soprattutto dopo che ha passato gli “anta”. In virtù di questa tradizione familiare ho sempre portato avanti questa “ricetta”, rifiutandomi categoricamente di mangiare uovo crudo e diventando specialista anche io di questo piatto in versione rivista&corretta. Andavo talmente fiera di saper “cucinare” ed ero così convinta che questo piatto si facesse in quel modo che ho rischiato di far morire affogato il mio primo fidanzato con una carbonara non asciutta…era secca ed incollata come fosse stata condita con il vinavil! Poi ho capito, ho assaggiato la Carbonara con la “C” maiuscola in quel di Roma e mi sono ricreduta. 

C’è della poesia nello sfrigolare della pancetta (o guanciale, non andiamo per il sottile che io non sono cuoca), della magia nelle uova che si sbattono, della pornografia nel mix equilibrato di entrambi. Essì, perché quando si va a cena dal Moretti è difficile non parlare di cibi pornografici. Ma soprattutto è impossibile non ipnotizzarsi a guardare il ricciolo fotografo-cuoco che armeggia nella sua cucina di pietra che vanta una collezione di coltelli che farebbero invidia a Jack lo Squartatore. Questa volta, quindi, l’ho guardato, ho cercato di capire, ho preso appunti…e fatto due foto di questa carbonara a cena nel centro di Firenze. 

Magari la prossima volta che cucino per l’uomo di turno non lo faccio strozzare ;) E comunque la pasta la sera non si dovrebbe mangiare, ce la facciamo per pranzo?!?