C’è stato un tempo in cui latte e birra venivano distribuiti rigorosamente in bottiglie di vetro. Ed esisteva il vuoto a rendere: il prodotto raggiungeva l’utente ma il ‘vettore’ tornava al produttore, con un piccolo guadagno per tutti. Per il cliente cui era pagato il reso. Per il produttore che, sterilizzati i contenitori, poteva riutilizzarli. Oggi i Comuni più virtuosi sono partiti col porta a porta: la raccolta differenziata nel cortile di casa. L’industria aerospaziale, invece, guarda al sapere antico degli artigiani.
In che senso? Gli americani non pensano soltanto di fare a meno della Soyuz, vogliono progettare vettori capaci di andare e tornare dallo spazio. E pare proprio ci stiano riuscendo: SpaceX, la finanziata NASA che solo qualche settimana fa ha presentato una versione ammodernata e hitech della vecchia capsula Apollo – Dragon V2 – torna a stupire con Grasshopper, il primo razzo vettore completamente riusabile e riciclabile.
Un missile completamente riutilizzabile, e in tempi brevi s’intende, potrebbe essere la svolta fondamentale per ridurre in modo sostanziale i costi di accesso allo spazio. Falcon 9, il vettore SpaceX che la notte di San Giovanni dovrebbe prendere il volo dalle piattaforme della Florida e consegnare all’orbita terrestre sei nuovi satelliti per le telecomunicazioni, ha un costo di servizio che si posiziona sui 54 milioni di dollari.
Se teniamo conto dei costi di carburante per ciascun volo (200.000 dollari, appena lo 0,4% del prezzo totale a listino) è facile capire che il grosso della spesa sta proprio nella realizzazione di un razzo vettore che, di fatto, è progettato per volare una sola volta e disintegrarsi al rientro in atmosfera. Se facciamo il confronto con un aereo di linea, ci muoviamo sulle stesse cifre, ma con la prospettiva di ammortizzare l’investimento su decine di migliaia di voli. Un bilancio più congruo.
Seguendo il modello commerciale, SpaceX sta lavorando a un progetto di vettori riutilizzabili, capaci di resistere al rientro e completare una procedura di atterraggio in volo verticale che permetta di tagliare drasticamente i costi di un biglietto A/R per lo spazio.
Il Grasshopper Reusability Test Program prevede dieci prove di decollo e atterraggio verticale – VTVL (Vertical Takeoff Vertical Landing) – per verificare che la nuova tecnologia sia capace di riportare a terra un razzo tutto intero. Il più grande vettore VTVL provato finora è composto dal primo stadio del Falcon 9, un motore Merlin 1D e quattro gambe in acciaio dotate di ammortizzatori idraulici.
Nel video la cavalletta razzo spicca un salto di un chilometro nel cielo per poi riposizionarsi con precisione sul punto di lancio. L’obiettivo era superare quota 1.000 metri per un volo stazionario, con spegnimento e riavvio motori. Adesso che ci siamo, la NASA può iniziare a immaginare una nuova stagione di corsa allo spazio.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga