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Una cucina con sentimento: il riscatto della gastronomia peruviana

Da Eldorado

Si chiama “Ceviche con sentimiento¨, un reality show di undici puntate che viene trasmesso da Casa Club, canale digitale che trasmette in America Latina. A volerlo ed a produrlo è stato lo chef Gastón Acurio, cantore della nuova giovinezza della gastronomia peruviana, bandiera dell’irredentismo culturale che in Perù si fa attraverso la gola ed i suoi piaceri. Perché poi il ceviche è il piatto simbolo di questa rinascita, la pietanza che unisce un popolo, che viene consumata indistintamente da tutte le classi sociali, immancabilmente allo scoccare di ogni mezzogiorno. A Lima, che raccoglie da sola quasi dieci milioni di peruviani (un terzo della popolazione del paese), non c’è praticamente distinzione per il consumo del ceviche, che sia tra i mercati popolari di La Victoria o del Callao o nei ristoranti alla moda di Miraflores. Tra i venditori ambulanti della strada o ai tavoli dei migliori chef, il ceviche unisce. Una ricetta all’apparenza semplice –la corvina tagliata a pezzetti ed intinta nel limone, e corredata da aglio, cipolla, sale e il coriandolo, detto altrimenti prezzemolo cinese- ha però bisogno di mani esperte e, soprattutto, pulite. Cucina ed educazione, insomma. L’arte culinaria, per essere presa sul serio, ha bisogno di regole precise e non può vivere di improvvisazione. Acurio lo sa ed ha preso la palla al balzo, creando allo stesso tempo coscienza ed opportunità. ¨Ceviche con sentimiento¨ prende otto venditori di ceviche, trovati in strada, proprietari di banchi ambulanti e ne segue le vicende personali. Ad ogni puntata, quello che sgarra, esce. Bisogna seguire le regole: non è necessario solo sapere preparare il piatto tipico per eccellenza, ma bisogna seguire le norme di igiene, conoscere l’ordinamento sanitario, studiare, sapersi comportare con il cliente.
Venti anni fa i peruviani non sapevano di avere una delle migliori gastronomie del mondo. Il paese viveva nell’informalità e nell’improvvisazione e, in generale, aveva seri problemi da risolvere, che non erano solo quelli conosciuti internazionalmente, come il terrorismo e l’inflazione galoppante. Nel 1991 l’epidemia di colera fece quasi tremila morti e mandò in ospedale trecentomila persone. Impossibile pensare di poter creare una tradizione culinaria su queste basi.
Acurio, 47 anni, figlio di un ex senatore della Repubblica, una carriera in legge abbandonata per studiare al Cordon Bleu di Parigi, ha dedicato una vita a recuperare il valore storico e sociale della gastronomia peruviana. Nel 2003, già proprietario di alcuni ristoranti a Lima, decide di percorrere il paese, trascrivendo le ricette, incontrando cuochi, mangiando nelle bettole della costa, della sierra e della selva. Il risultato di quell’esperienza finisce in televisione ed in un libro, che intitola ¨Perù, una aventura culinaria¨. L’avventura dà senza dubbio risultati strabilianti ma, soprattutto, è solo agli inizi. Acurio cavalca il successo, ma sulla sua scia dell’impatto mediatico porta con sè la consapevolezza che il Perù dispone la migliore gastronomia latinoamericana. I piatti sono centinaia e risentono delle influenze e degli incontri culturali che il Perù ha vissuto nel corso della sua storia, sin dall’antichità quando le più di tremila varietà di patate davano da mangiare alle diverse civiltà che si sono succedute dalle piane tropicali di Tumbes al deserto di Tacna. Dalle patate e dal mais è iniziato tutto, poi sono arrivati gli spagnoli, gli italiani, i giapponesi, i cinesi e hanno apportato del proprio per fare del menu peruviano una festa di sapori: causa rellena, lomo saltado, ají de gallina, ocopa, papa a la huancaína, rocoto relleno, anticuchos, tallarín saltado, carapulcra, cau cau, tacu tacu, chanfainita, chairo e così via, per non parlare delle varietà del chifa.
Su tutto però regna il ceviche. C’era già prima di tutti, come parte della dieta quotidiana dei Moche, vissuti 1800 anni fa e che, per metà pescatori e per metà agricoltori, ebbero per primi l’idea di condire il pesce crudo con il limone. Su quella semplice ricetta, resa appena un poco più sofisticata nei secoli, si trovano oggi d’accordo tutti i peruviani. D’accordo perché una buona gastronomia rilancia e supporta il turismo e l’immagine di un paese che non vuole solo importare ed assimilare, ma vuole proporre. Come dice Acurio, appunto: dalla cucina nascono cultura, opportunità e riscatto sociale.


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