Una domenica fuori porta: Shidu

Creato il 07 giugno 2013 da Wagashistories

Più o meno un mesetto fa Gigi ed io siamo stati invitati dai genitori di Sarah (una bambina del kindergarten) ad andare a 十渡 Shidu, una località famosa dal punto di vista naturalistico poiché si trova tra fiume e montagne, raggiungibile con un paio d'orette d'auto da qui e diciamo tre dalla capitale. Il nome Shidu letteralmente significa 10 attraversamenti, proprio il numero dei ponti che attraversano il fiume Juma prima di arrivarci. A dire la verità noi ci siamo fermati al nono attraversamento, Jiudu. Avevo davvero grandi aspettative perché sbirciando le foto su internet mi sembrava proprio un posto fantastico, ma una volta arrivati l'entusiasmo mi si è smorzato un pochino. Sarà che piovendo quasi esclusivamente in estate il fiume in alcune parti era in secca, sarà per tutti i lavori in corso dentro e fuori il letto del fiume, l'urbanizzazione estesa o magari perché era Jiudu invece di Shidu... sicuramente tutti questi elementi ne hanno diminuito il fascino, ma ci voglio assolutamente tornare in estate (al vero Shidu però).

Una volta arrivati i genitori di Sarah ci hanno fatto fare una passeggiata a cavallo lungo la valletta di un fiumiciattolo: alzando lo sguardo sulle montagne, che nonostante l'aridità erano colorate da macchie di alberi in fiore, si scorgevano dei sentieri che probabilmente avrebbero aperto l'orizzonte a paesaggi più selvaggi, meno a portata di mano... chissà se un giorno avrò l'occasione di farci trekking! Non lontano dalla valletta c'era un piccolo laghetto dove si potevano affittare delle zattere di bambù e ovviamente ci hanno portato pure lì! Gigi ha preso subito il comando della lunga canna di bambù che faceva da remo e così, dopo esserci impacciatamente girati su noi stessi per un paio di volte, ci siamo finalmente messi a vagare per le acque basse del lago. Una volta tornati sulla terra ferma, ci siamo accorti con sgomento che erano arrivati pure i nonni, zia e cugina di Sarah! Insomma, ci avevano invitato ad un'uscita in famiglia! Subito sono iniziati i preparativi per il barbecue a base di spiedini di agnello, mantou (panini al vapore) a fette, alette di pollo, cipollotto fresco e molto altro ancora. Tutti erano molto gentili con noi... lo ripeterò un'infinità di volte che quando i cinesi invitano non fanno mancare assolutamente nulla. E, pratica ormai del tutto estranea a noi italiani, chi ospita pagherà tutto per te e rifiuterà nel modo più assoluto qualsiasi cosa tu voglia offrire in cambio.

Cucinare e pranzare all'aria aperta è stato divertente, e poi devo dire che il barbecue cinese mi piace davvero tanto, soprattutto per il tipo di spezie usate (anice, peperoncino, cumino...). Non so come sia stato possibile ma fino a quel momento non avevo mai assaggiato i 馒头 mántou arrostiti... che grave mancanza soprattutto se penso che ora, insieme alle 烧饼 shāobǐng (delle focaccine ricoperte di semi di sesamo), sono diventati la mia scelta prediletta quando vado a mangiare gli spiedini. Dopo un secondo giretto in zattera post pranzo, pensavo fosse davvero arrivato il momento di tornare a casa... e invece no, con cinque minuti di macchina siamo arrivati ai cancelli della funivia che ci avrebbe portati in cima alla montagna! Mi emoziona sempre la funivia perché l'altezza mi fa senso ma al tempo stesso mi piace osservare il mondo dall'alto... però mai mi sarei aspettata che a destinazione ci fosse un mini lunapark con tanto di autoscontri! Ma che sensibilità è questa? :D C'era anche il trampolino di lancio per il bungee jumping (solo 20 euro) e una coppia giovanissima che si lanciava nel vuoto stretta in un abbraccio.

Una volta ridiscesi, siamo saliti in macchina finalmente in direzione casa... ero così stanca che mi sono assopita sul sedile posteriore risvegliata soltanto dalla parola “tofu” che riecheggiava in modo malefico nella mia testa. Parlare di tofu a quell'ora, le 17, poteva dire soltanto una cosa... che avremmo cenato insieme! Infatti ecco che nel giro di venti minuti ci siamo fermati in un posto in mezzo alla campagna, che poi ho scoperto essere un 农家院 nóngjiāyuàn (una specie di agriturismo per così dire) dove si può gustare la cucina contadina tradizionale di Pechino. Dopo essermi sgranchita le gambe ho preso posto in una saletta fredda e spoglia, intorno al classico tavolo cinese con il suo vetro girevole, sul quale nel giro di pochi minuti hanno fatto la loro comparsa una marea di portate dagli ingredienti semplici e poveri, ma preparati in modo gustoso con i sapori della tradizione contadina cinese.

Al centro della tavola spiccava un grosso piatto di ossa di maiale arrostite pronte per essere rosicchiate, seguivano poi un mix di tuberi al vapore (patate gialle, patate dolci e taro), tofu preparato in vari modi, gelatina di bacche di biancospino, un grosso pesce cotto al vapore, verdure saltate, insaccati e per finire una zuppiera piena di 粥 zhōu (un porridge dal sapore molto delicato che i cinesi amano bere a colazione e a cena). Mentre gli uomini brindavano con il baijiu, l'altra bevanda presente sul tavolo era il latte di soia caldo, accompagnato da un piattino di zucchero da aggiungere a piacere. Mi era già capitato diverse volte di assaggiare il latte di soia caldo servito in Cina... lasciate perdere il sapore ammiccante di quelli del Naturasì, il sapore è così amaro e leguminoso da storcere la bocca! Fuori il sole incominciava a tramontare e prima di ripartire ho fatto due passi nel cortile con Gigi in cerca del bagno, passando davanti all'entrata posteriore della cucina fatiscente (ma oramai chi ci fa più caso al livello di pulizia delle cucine cinesi?) e a mucchi di terra tra cui comparivano dei cagnolini tutti sporchi intenti a contendersi qualche osso, mentre qualche raffica di vento smuoveva una marea di bandierine rosse. Ed è così che finisce questa lunghissima giornata vissuta alla cinese... ci risentiamo al prossimo racconto!




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