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Una famiglia da cartolina – La strage di Viganò Brianza
Creato il 07 febbraio 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminalePoi, improvviso, calò il silenzio. Su quella domenica e su una intera famiglia, padre, madre e due figli. Fausto Zoia , ragioniere, di 55 anni aveva fatto fuoco sulla moglie Enrica Crippa, 52 anni, e sui figli Federico e Filippo, prima di rivolgere l'arma contro se stesso e uccidersi. Il vicino che aveva sentito invocare aiuto, non riuscendo ad entrare nella villetta degli Zoia, chiamò i carabinieri che trovarono i quattro corpi ancora caldi, ma ormai privi di vita. Il fatto di sangue sconvolse la piccola comunità di Viganò Brianza per la più totale assenza di un valido movente.
Ad armare la mano del capofamiglia e fargli esplodere cinque colpi poteva solo essere stato un raptus dovuto al veloce progredire del suo diabete e ai risultati di una dieta ferrea alla quale Faustino – chiamato così nonostante l'imponenza del suo quintale di peso - si era sottoposto, perdendo trenta cinque chili. La famiglia Zoia era conosciuta in paese per le attività di volontariato che Fausto e sua moglie svolgevano, dividendosi tra la Croce Bianca e i turni al bar dell'oratorio. Una famiglia molto unita e felice che aveva festeggiato solo la settimana prima la laurea in ingegneria meccanica del figlio maggiore, Filippo, 25 anni, che sarebbe dovuto partire di lì a poco per Catania dove aveva trovato il suo primo impiego, mentre Federico, 19 anni, frequentava l'ultimo anno delle Superiori.
Furono proprio i due ragazzi ad essere uccisi nel sonno, mentre dormivano nei rispettivi letti, dove vennero ritrovati. Poi toccò alla moglie, uccisa in corridoio. Le urla che il vicino udì distintamente intorno alle 7,30 di quella maledetta domenica erano le sue. Poi il suicidio. La depressione di quel mite capofamiglia, benvoluto da tutti in paese, fu attribuita nel novero di ipotesi che nessuno avrebbe ormai potuto confermare o smentire, oltre che alla dieta e alle preoccupazioni per la malattia, alla diminuzione drastica del lavoro per il suo studio di commercialista.
La mattina del sabato precedente alla strage Fausto Zoia al bar «Sellaio» di Villa Raverio, una frazione di Besana dov'era nato, a pochi chilometri da Viganò, sollevando i pantaloni aveva voluto mostrare la gamba, ormai violacea, aggredita dalla cancrena, ad alcuni amici. Ma nulla lasciava presagire la tragedia e il fatto che il mite ragioniere si sarebbe trasformato nel killer dei suoi cari.
La famiglia Zoia, tra l'altro, aveva passato un brutto momento due anni prima: il figlio minore Federico aveva avuto un incidente in motorino ed era finito in coma. Poi però si era ripreso e tutto sembrava andare per il meglio. Dalle cronache dell'epoca le testimonianze di amici e vicini: “Ho visto il maggiore dei ragazzi proprio sabato sera,– Filippo, 25 anni, faceva parte di un gruppo teatrale e sabato sera hanno fatto il loro spettacolo a Santa Maria (un paese a pochi chilometri da Viganò). Il fratello, invece, era uscito con gli amici”.
Insomma un sabato sera qualunque per due ragazzi di 19 e 25 anni che mai avrebbero potuto immaginare che il padre li avrebbe uccisi senza lasciargli scampo nel sonno di lì a poche ore. “Io ho visto Fausto sabato sera con il cagnolino al guinzaglio, come sempre. Non posso credere che poche ore dopo abbia potuto sparare alla moglie e ai figli. Si volevano bene. Erano una bella famiglia”, il ricordo di un altro vicino di casa.
Fausto Zoia lo si vedeva, infatti, almeno tre-quattro volte al giorno a passeggio con Black, un bastardino bianco e nero, unico scampato alla strage, e unico testimone della follia distruttiva del padrone, che per giorni si aggirò intorno alla casa di via della Vittoria senza lasciarsi avvicinare da nessuno.
Tremila persone parteciparono ai funerali della famiglia Zoia. Le quattro bare di noce bianca furono tumulate nel piccolo cimitero di Barzanò, dove riposano uno accanto all'altro insieme al terribile segreto che li ha portati alla tomba.
Antonio Murzio
nelle puntate precedenti:
La strage dei fornai
Gruppo di famiglia in un inferno. Il caso Finamore
Esclusiva: ho conosciuto Doretta Graneris.
“Il nemico intimo” la nuova rubrica di Antonio Murzio – Il delitto Graneris
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