Una finestra illuminata nel buio: un'immagine
molto cara a Pascoli
Una finestra accesa, abbiamo detto. Chi ci sarà dentro che veglia? E allora il Pascoli, che era portato a simbolizzare ogni evento reale, non poteva non vederci una metafora della nostra vita, ossia: noi siamo un lume che si spegne in un immenso misterioso buio; oppure ancora: la Verità è come una luce flebile incastonata in qualche punto della notte; non potremo mai sapere che cos’è, né potremo mai raggiungerla o arrivarci. Il poeta allora immagina otto diverse situazioni, attribuendo ad ognuna di esse quella luce ancora accesa nella notte.
La sfinge, di Gustav Moreau.
L'immagine della 'donna castratrice'
e annichilente si è confusa molto
spesso con l'allegoria della Verità
per i pittori di epoca simbolista
"[…] Uomo che vegli nella stanza illuminata, chi ti fa vegliare? Dolore antico o giovine speranza?
Tu cerchi un Vero. Il tuo pensier somiglia un mare immenso: nell’immenso mare una conchiglia; dentro la conchiglia,
una perla: la vuoi […]. Un gatto nero, un fosco viso di sfinge, t’apre i suoi verdi occhi…"
Il gatto è anch’esso un simbolo della Verità: la sfinge. Ma la sfinge non rivela il suo segreto. Sono tutte allegorie simboliste, molto frequenti nei dipinti del tempo oltre che in letteratura.
L'angelo della vita, di Domenico Segantini: in
questo caso come in tanti altri possiamo notare come
il bianco sia un valore, un'allegoria di purezza
prima ancora che un colore
"[…] bianca sopra il letto bianco tu dormi. Chi sul volto ti compose quel dolor pago e quel sorriso stanco?
Tu dormi: intorno al languido origliere Tutto biancheggia. Intorno a te le cose fanno piccoli cenni di tacere.
E tutto albeggia e tutto tace. Il fine è questo, è questo il cominciar d’un rito? Di tra un silenzio candido di trine parla il mistero in suono di vagito".
La vita che nasce è pur sempre un mistero - altra parola chiave del periodo simbolista. La vita è un qualcosa che non si spiega, un accidente misterioso che si muove al centro dell’universo, anch’esso oscuro, incomprensibile e profondo. In ogni cosa è un simbolo, un rimando che solo l’artista e il poeta possono davvero intuire. Ma qui ci stiamo avvicinando a Baudelaire, e quindi per ora ci dobbiamo fermare.