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Una grande vittoria: kiev arretra su tutto il fronte

Creato il 16 luglio 2014 da Conflittiestrategie

 

Ieri l’esercito ucraino ha subito una sconfitta bruciante. Forse la guerra non è ancora all’epilogo finale ma questo capovolgimento cambia le carte in tavola e demoralizza la Junta e la popolazione dell’Ovest. Quest’ultima ha già chiesto a Poroshenko di richiamare i militari perché le perdite sono ormai intollerabili. Madri e padri reclamano i loro figli mandati a morire per una causa fratricida. Dopo essersi ritrovato circondato nella fascia a sud tra il confine russo e le province ribelli, l’esercito è stato sfiancato a Donetsk ed è capitolato a Lugansk, ritirandosi in gran fretta e in modo disordinato. Diventa un facile obiettivo per eventuali rappresaglie. I mezzi e le truppe si stanno allontanando disordinatamente dalle zone del fuoco sotto stretto controllo dei resistenti. Anche le infrastrutture aeroportuali, nei due grandi centri regionali, hanno rappresentato una trappola per topi per gli ucraini. Sono stati assediati dai miliziani assediati che hanno interrotto le linee dei rifornimenti.
La strategia di Strelkov, che ha richiesto il duro sacrificio di Slaviansk, abbandonata in mano agli uomini di Kiev, ha ripagato con questa grande vittoria. Un vero capolavoro se si considerano le reali forze in campo. Riportiamo in coda all’articolo la rappresentazione del piano con il quale gli ufficiali e i soldati della Novorossjia sono riusciti ad infliggere perdite pesantissime ai loro nemici sostenuti dagli Usa.
Nei prossimi giorni assisteremo alle scene isteriche della dirigenza ucraina la quale cercherà di negare la disfatta, ma dovrà ugualmente fare i conti col malcontento nella Capitale. La scusa della guerra e dell’emergenza legata alla preservazione dell’integrità territoriale del Paese non può più reggere e non si possono chiedere altri sacrifici ad una popolazione allo strenuo delle sue forze, che i governanti stanno spremendo come un limone per assecondare i nuovi padroni occidentali. Molti punti di Kiev non sono ancora stati sgomberati dagli accampamenti di sbandati e banditi che continuano a terrorizzare le persone. L’aver scoperchiato il vaso di pandora di un ingiustificato nazionalismo revanscista e russofobo, tendente al settarismo nazistoide, sta rendendo la situazione incontrollabile per lo stesso Poroshenko. La durezza dell’austerità economica imposta a Kiev dal FMI e dalle regole per il patto di associazione all’Ue impedisce di alleggerire le difficoltà sociali.
Ieri Yantseniuk, l’uomo della Nuland, si è dimesso, ma il Presidente della Repubblica ha respinto la sua lettera. Secondo il Premier, il governo ed il parlamento starebbero ostacolando le privatizzazioni nel settore industriale e agricolo e le dismissioni nel settore energetico. Il capo del governo aveva annunciato con eccessiva prosopopea “la più grande campagna di privatizzazione negli ultimi 20 anni”. Il consiglio dei ministri dell’Ucraina ha, infatti, previsto di liberarsi del 50% di Ukrnafta e del 99% delle azioni del Porto di Odessa. Poi ancora ha deciso per la messa sul mercato di industrie strategiche, come Sumykhimproms, Turboatom ed altre 15 aziende del settore energetico, oltre che la cessione dei pacchetti di controllo di una quarantina di società del gas. Ulteriori vendite sono state preventivate nel comparto agricolo e in quella della ricerca. Ora le cose si fanno più complicate e l’Ucraina rischia di frammentarsi in più parti. Non solo la divisione sancita dal conflitto tra Ovest e est, ma anche quelle a sud e al centro. Uno scenario drammatico di difficile ricomposizione. Ci voleva una rivoluzione per ridurre in pezzi lo Stato?

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