Una (inaspettata) creazione culinaria di Mata Hari

Da Masedomani @ma_se_domani

Sono in ferie, sono in ferieeee…. pensavo oggi pomeriggio, saltellando giuliva per la casa.

E penso: cavolo, potrei fare qualcosa di creativo prima di andare alla lezione di danza del ventre, c’è tempo… e decido: farò la bavarese, simile a quella che ho visto fare l’altro giorno in tv da Borghese – uomo che riscuote i miei consensi non solo culinari –, che è trendy e non ci vuole quella cavolo di colla di pesce.

Bene, mi metto lì… monto tre tuorli e un albume fino a farli schiumare, poi ci aggiungo una mezza tazza di zucchero, ri-monto, correggo col Marsala e la crema è soffice e delicata.
Metto una quindicina di amaretti in un sacchettino, li pesto in grosse briciole col palmo della mano e, infine, mi appresto a montare la panna.

Ordunque, piccola parentesi: dovete sapere che la vostra M.H. è ferocemente intollerante al lattosio (in questo non è da confondersi con l’admin V. che è invece allergica a tutto il resto e all’admin Alf che è ascetico…) e quindi ultimamente è tutta ringalluzzita perché la Accadi ha realizzato da poco una nuova panna: UHT, senza lattosio.

M.H. pertanto prende il suo innaturale prodotto caseario, lo versa in una caraffa e inizia a montarlo con mano energica: e fin qui non ci sarebbe niente di male.

Senonchè… seconda parentesi. La vostra M.H. è lodigiana: terra grassa di vacche, raspadura, grana crosta nera, funghi e lenti stracotti ubriacati nel vino.
Quando lei era bambina, sul tavolo della sua cucina si sventravano polli, si pulivano lucci, carpe e pesci gatto, si spianava la polenta e, in alcune occasioni, la nonna si metteva di buona lena, si faceva portare il latte fresco intero di cascina e, postolo in un bottiglione di Barbera ben lavato, a forza di braccia lo sbatteva fino a trasformarlo in burro.

L’operazione era costellata, e in un certo senso propiziata, dall’ingestione di un paio di bianchini e di un panino con la pancetta coppata e da grandi madonne miste a personaggi minori del catechismo che venivano robustamente invocati in corso d’opera.

In ogni caso alla fine il miracolo si compiva, e dal bottiglione usciva il burro che veniva poi premuto in un panetto e messo in frigo a raffreddare nel suo latticello conservante.

Per cui potete immaginarvi oggi la sottoscritta, che monta la sua panna UHT per intolleranti in una cucina IKEA con un frustino della LIDL e incredula, dopo aver zangolato per un po’, guarda l’intruglio e dice “Ma, ma… e che ca**… ma … cosa diamine è successo qua dentro?! La panna è impazzita!!” e infilate due dita, ritira incredula dal contenitore un… un fiocco di burro.

Ci sono rimasta di sale: ma come cavolo ho fatto? E poi l’anima lodigiana ha avuto il sopravvento: “Fioi che cù, l’è pusè bon quel fai a man. Forsa!” * e quindi ho finito di sbattere e di fare tutto quel che si doveva.

La bavarese l’ho terminata ugualmente (avevo ancora della panna, e l’ho montata il minimo indispensabile per non fare altri casini) e adesso riposa nel reparto freezer, in attesa di essere messa in un piatto su un letto di nettarine affettate caramellate nello zucchero.

Ma più sotto, nel frigo, c’è un’altra ciotolina, più modesta: è di ceramica marrone, e il suo contenuto, ben coperto dal latticello, è un felice panetto di burro artigianale, che riposa quieto e veglia sulla casa, quasi fosse un nume tutelare…

* Figlioli, che cu … fortuna! Quello fatto a mano è migliore! Forza!



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