«Per un attimo, mentri che Montalbano tagliava, ’na lama di luci fortissima si partì dal fienili e lo pigliò nell’occhi. A malgrado dell’occhiali, ’stintivamenti li chiuì e quanno li raprì la luci non c’era cchiù. Dovitti livarisi l'occhiali e asciucarisi l'occhi che gli lacrimiavano».
L'ultimo romanzo di Camilleri inizia con un sogno notturno: Montalbano che si imbatte in una cassa da morto abbandonata in un un campo desolato,in contrada Casuzza, e scoperta da Catarella (che si mette pure a parlare latino!) ...
Questo sogno, i soi signicati nascosti, le sue possibili connessioni con la realtà riecheggiano per tutto il corso del racconto: come una specie di ossessione per il comissario, alla ricerca ricerca dei legami tra sogno e realtà nelle indagini che sta seguendo. Come un pensiero laterale che rimane lì fermo, irrisolto quasi fino alla fine della storia.I casi su cui il commissariato di Vigata sta indagando, in modo più o meno ufficiale, sono due: una rapina che si scopre poi essere una violenza sessuale. E anche un probabile traffico d'armi, che ha come base proprio una “casuzza” in un campo sperduto in contrada Spirito Santo . Quasi come nel sogno.
Indagini che diventano ancor più complicate dalla difficoltà da parte di Montalbano, nel separare la vita privata e il lavoro: tutta colpa di una bella gallerista, Marian, che entra all'improvviso nella sua vità, senza chiedere nulla e senza pretendere nulla da Montalbano. Il quale rimane colpito dal suo fascino, si lascia andare in questa relazione senza però riuscire a risolvere il suo rapporto con Livia. Ormai quasi solo una voce con cui litigare per telefono. L'arrivo di Marian colma una lacuna dentro la sua vita, che volge inesorabilmente alla vecchiaia (nonostante la fame lupigna, la mente lucida) ovvero il desiderio di trascorrere la notte accanto al corpo di una persona che si ama.
'Na cosa era certa: che Livia gli aviva offerto la bona possibilità di parlari facci a facci elui si era tirato narrè. Se Marian viniva a canuscenzia che s'era arrefutato di chiariri con Livia, di certo gli avrebbi ditto ch'era un vigliacco.Ma perchè gli capitava 'sti n'cirtizza?Nell'urtimi anni non gli era successo d'aviri autre storie con fimmine e di non sentirisi accussì 'ncapaci di pigliari 'na decisioni? Ma, a pensarci bono, manco questo era esatto. Delle storie pricidenti a Livia non 'nni aviva parlato e amen.Pirchì allura sintiva che per Marian non potiva fare uguali?
Montalbano arriva a chiamarsi come quel console romano Quinto Fabio Massimo, soprannominato cunctactor, il temporeggiatore.
Questa situazione (non riuscire a decidersi sul come risolvere il suo rapporto con le due donne) rende più difficile seguire i casi, che sono solo all'apparenza semplici. L'indagine sulla rapina, ai danni della signora Loredana, porterebbe al suo ex fidanzato, da cui si è lasciata anni prima, dopo essere anche stata ricattata. La successiva morte di questo (e il cadavere verrà sempre ritrovato in un campo ..), secondo un rituale quasi mafioso porterebbe ad incolpare il marito. Ma qualcosa nella mente di Montalbano, e anche di Fazio e Augello, non torna.
Così come c'è qualcosa che non torna in quella casuzza, in contrada Spirito Santo, probabile deposito d'armi. L'antiterrorismo sembra non essere interessata al suo aiuto: che fine hanno fatto le armi ora? A cosa dovevano servire?
Con l'aiuto dell'intelligenza di Fazio e dell'essere fimminaro di Augello, il piano diabolico dietro la rapina verrà portato alla luce. Ma alla fine, il sogno (premonitore della realtà) si avvererà e svelerà da dentro il tabbuto, una realtà tragica, che segnerà il commissaria e Livia nel profondo.
La terza di copertina di Salvatore Silvano Nigro
Un gorgo d'angoscia governa l'alterno respiro delle storie che nel romanzo si tramescolano. Il commissario Montalbano è in apprensione. Gli orli sfumati di un sogno trasudano malessere, sensazioni superstiziose, oscure premonizioni. Un pensiero laterale stenta a chiarirsi, e perdura nella realtà come sospettosa vigilanza; e come soprassalto a ogni minima coincidenza con lo squallore infausto del sogno che di uno straccio di terra aspra e solitaria ha fatto un obitorio a cielo aperto, con bara chiusa e cadavere da riconoscere, sotto una luce itterica e di meteoropatica influenza. Persino il consueto barbugliamento di Catarella si è dato in sogno negli arcani costernanti di una locuzione latina.La rotta sequenza delle indagini, su un'aggressione a mano armata e violenza carnale, su un traffico d'armi, e su degli esportatori di opere d'arte rubate, allinea e intreccia storie di donne di forte e deciso temperamento; mentre il commissario, così esposto al lato oscuro delle cose e ai clandestini giochi della mente, è in attesa che qualcosa di non del tutto delucidato esca fuori, alla fine, da un qualche retroscena, e si riveli.Si sedimenta lo spaesamento in Montalbano. Nella vita del commissario va crescendo un senso di solitudine che accascia e predispone a una morbidità di sentimento. Livia continua a essere una voce nel telefono, una minaccia costante e fastidiosa di baruffe. Un'assenza. Una lontananza impegnativa. Irrompe in carne e ossa una donna fatale, intanto, arsa dal desiderio. La donna è una gallerista. Sa quel che vuole. E va dritta e sicura allo scopo. È esplicita. Si propone e si offre con caldissima generosità. È tollerante e comprensiva. Non ricorre alle lagne, come Livia, e alle recriminazioni. Accetta tutto: dimenticanze, goffaggini, temperata emotività. Montalbano corrisponde. Anche se il sì e il no non gli suonano interi, dentro. Con palese viltà, il commissario temporeggia con Livia. Se ne sta accucciato nell’irresolutezza. Si rifiuta di conoscersi a fondo. Ricorre alle finterie, ai sotterfugi. Traccheggia. Fino a quando il sogno non porta a compimento la minaccia che adombrava, apparecchiandogli nel romanzo, a indagini fatte e consumate, e fuori di ogni onirica menzogna, una cassa da morto ad assi povere con dentro una salma che appartiene alla memoria più profonda, indelebile, quasi incistata nella carne, del suo rapporto con Livia. La dolorosa agnizione trasforma il romanzo in una grande tragedia familiare. Il finale è l’eruzione d’ombra, in un lembo di terra desolatamente infeconda, di una disperata, lontanante, «lama di luce» che taglia e trafigge come un addio.Salvatore Silvano Nigro
Il libro sul sito di Vigata e sul sito di Sellerio
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