Oggi è Santa Lucia, nel Nord Est stanno già aprendo i regali.
E per quanto mi riguarda, sto per presentarvi IL regalo del Natale 2013. Per strapparmi di bocca queste parole, ci voleva ben altro di quelle stronzate fucsia made in Goolp, visto che, per il terzo Natale consecutivo, ho deciso di non fare nessun regalo a nessuno. Tranne a voi-sapete-chi, ma lui è diverso: tramite i regali io gli dico cose, e viste le nostre recenti vicissitudini e ormai conclamate difficoltà comunicative, non mi faccio sfuggire una così lauta occasione di aprir bocca in nome di un valore dèmodè come la coerenza.
Tornando a noi, quel genio di Marta Corato di Soft Revolution -che per inciso ha 23 anni: quindi sì, è davvero nata gente dopo il 1986- ci suggerisce come evitare le tartassanti domande dei parenti ai pranzi natalizi. Basta una maglietta di cotone, su cui stampare le risposte alle tipiche domande dei parenti invadenti et voilà, fine delle vessazioni psicologiche. Mai più domande trite e ritrite, mai più risposte biascicate e annoiate: potremo passare a parlare di argomenti ben più succosi oppure, VIVADDIO, stare zitti.
Ora, i miei pranzi natalizi sono piacevoli: il tasso di riproduzione nel ramo materno e lombardo della mia famiglia è decisamente basso quindi si riesce a mantenere il numero dei partecipanti sotto i 20. I miei cugini, i loro mariti/figli/animali domestici sono simpatici. Io non ho fratelli, figli né mariti e si contano sulle dita di una mano i miei Natali da fidanzata. Quando ho un ragazzo, questi passa le feste dalla sua famiglia di origine ed io mi guardo bene dal portarlo in famiglia. A volte ci sono i miei cugini irlandesi con i bambini, che sono belli come il sole e soprattutto parlano italiano come Heather Parisi. Ci sono due nonne, una sola delle quali è mia, entrambe matte come cavalli. Adducendo come scusa la memoria che se ne va, mangiano come bufali riempiendosi il piatto a oltranza (“Nonna, hai già preso il vitello tonnato 3 volte“. “Ah, ma dai? Mica mi ricordavo“). Con il pretesto dell’artrite si fanno servire e schiacciare montagne di noci, nocciole e pistacchi. Con l’aiuto di due bicchieri di spumante ed un po’ di moine, mia nonna recita qualche poesiuola festiva: se ce la faccio, quest’anno la filmerò. Poi, siccome sappiamo che tipo è, inizia a giocare a carte come se non ci fosse un domani. Verso le 18, raccattati due avanzi per il giorno dopo, carico i miei in auto e torniamo a Torino.
Ma la mia non è la famiglia del Mulino Bianco, quindi ho anche io la mia dose annuale di domande inopportune. A voi le mie favorite.
-”Dov’è il tuo ragazzo, pensavamo che quest’anno ce l’avresti portato, ma cos’è ti vergogni?” Segue immediato film mentale di me che arrivo a pranzo con un freak tipo Elephant man, che si getta ad abbracciare mio zio mentre io dico “Che volete, io lo amo così com’è”.
-”Di cosa ti occupi esattamente?” “Marketing. “Ah, Roba di mercato“. Ed è subito ore 5 del mattino, Gynepraio in Moon Boot che monta il banco dell’ortofrutta a Porta Palazzo, soffiandosi sulle mani, maledicendo il freddo, l’artrite incipiente, il governo, i forconi.
-”Ma che fine hanno fatto i tuoi bei capelli biondi di quanto eri piccola?” Questa è la mia favorita, perché mi sento come Jo March che decide di tagliarsi i capelli e venderli per raccogliere del denaro. La mia risposta istintiva è: “Ma zia, quella su cui ho appena investito 200€ di taglio, colore, shatoush e prodotti Kérastase è in realtà una parrucca. I miei veri capelli li ho tagliati e venduti tempo fa per comprarmi mezz’etto d’erba. Ma di quella buona, eh. “