La cabina telefonica e – più in generale – il telefono pubblico, sono un pezzo di storia contemporanea. La prima in Italia fu installata nel 1952 in piazza san Babila a Milano dalla Stipel (nome della concessionaria che negli anni ’60, insieme a Telve, Timo, Teti e Setcon sarebbe confluita nella Sip Elettrica, che a sua volta – con Iritel, Italcable, Telespazio e SIRM – negli anni ’90 avrebbe contribuito alla nascita di Telecom Italia).
Con l’avvento della telefonia mobile, l’utilizzo dei telefoni pubblici si è ridotto drasticamente e oggi, rispetto a 10 – 15 anni fa, si stima che il crollo sia pari al 90%: significa che, in una cabina telefonica in cui un tempo si facevano 100 telefonate, oggi se ne fanno 10. Da questa constatazione trova motivazione il piano di smantellamento delle cabine telefoniche di cui si legge in questi giorni, partito in realtà l’anno scorso, in seguito ad una delibera dell’AGCOM – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (pubblicata nella gazzetta ufficiale numero 77 del 2 gennaio 2010) che autorizza Telecom Italia alla rimozione dei telefoni pubblici ritenuti in esubero ad eccezione degli impianti presenti in scuole, ospedali e caserme.
Lo smantellamento è progressivo e sulle cabine telefoniche che Telecom Italia intende eliminare viene apposto un cartello rosso come quello riportato nella figura, che indica la data di disattivazione e un indirizzo e-mail, a cui i cittadini si possono eventualmente rivolgere per chiedere la grazia:
Questa cabina sarà rimossa dal giorno gg/mm/aaaa
Gentile cittadino, per chiedere che questo telefono pubblico resti attivo, puoi inviare una mail all’indirizzo cabinatelefonica @ agcom.it entro 30 giorni dalla data di affissione di questo avviso, indicando i tuoi dati, un recapito, l’indirizzo della cabina e le motivazioni della richiesta.