Una mattinata persa di Gabriela Adameşteanu, edito da Atmosphere libri (traduzione di Roberto Merlo e Cristiana Francone), viene definito un romanzo, a leggere la quarta di copertina, «simbolo doloroso di una Romania sacrificata per un secolo sull'altare di due guerre mondiali e il comunismo». La Adameşteanu, notissima in patria e praticamente semi-sconosciuta nel nostro Paese, è autrice di lungo corso, nonché attiva "attrice sociale".
Meritoria, dunque, non fosse altro che per l'apertura a letterature non molto frequentate da un punto di vista editoriale, l'operazione di Atmosphere libri, la quale, dopo Nottetempo, che nel 2010 pubblicò L'incontro, riporta in Italia una voce in ogni caso importante. Importante perché la storia di due donne, anzi sarebbe meglio dire il "dialogo", tra due donne, in questo volume è solo un pretesto per procedere vertiginosamente dal particolare al generale, allo stesso tempo affondando nel tessuto più intimamente lacerato della nazione-Romania.
Vica, una donna anziana ma ancora tremendamente lucida, decide di "farsi un giro"; una visita ad alcuni conoscenti. Siamo a Bucarest, e l'idea di parlare della città attraverso i suoi abitanti, anche per come poi si sviluppa la "vicenda", potrebbe benissimo ricordare, mutatis mutandis e precipitosamente tolti, da un lato l'afflato combinatorio, e dall'altro il gusto per il gioco linguistico, La vita istruzioni per l'uso di Georges Perec.
La verità è che nel romanzo della Adameşteanu si affolla un'umanità varia, ma tutta segnata e compresa in una tragedia passata, ma anche nel sentore di una terribile ecatombe ancora di là da venire. Yvonne, la principale interlocutrice di Vica, rappresenta un punto fermo dal quale ripartire con la memoria, andando a ritroso e scoprendo la storia della famiglia Mironescu, perfetta rappresentante del mondo della borghesia prima della guerra. In effetti, Una mattinata persa potrebbe essere collocato temporalmente in un qualsiasi punto della timeline della prima metà del ventesimo secolo, tanta e tale è l'universalità espressa nella disillusione e nei "bei tempi andati" che i personaggi rievocano incessantemente.
Le voci si mescolano, anche con quella della narratrice, pienamente presente in ogni momento e pronta ad aggiungere un dettaglio, a riscoprire un andito, a sciorinare un aneddoto; l'accumulazione che ne risulta, è necessario dirlo, può risultare, a tratti, di non immediata lettura e decodifica. Peraltro, sembra opportuno chiedersi: nel condurre un'autrice, così celebrata in patria, ad un pubblico di fatto "altro", quale quello italiano, non sarebbe stato il caso di porre una maggiore attenzione al confezionamento del testo, che presenta a volte errori e refusi decisamente evitabili?
Posto che si perdonino queste piccole (grandi?) sbavature, Una mattinata persa rimane uno scorcio (o forse sarebbe meglio dire uno squarcio?) se non essenziale, almeno utile, su presente e passato di un Paese in ultima analisi piuttosto lontano dalla nostra storia e dalla nostra cultura. Almeno a leggerne oggi.
Il romanzo di Gabriela Adameşteanu procede per accumulazione, conosce alti e bassi, momenti di relativa stanca, seguiti magari da felicissime intuizioni; emerge come sgorgando dalle profondità, a ondate, per certi versi. Assembla pezzo su pezzo e li lega assieme piuttosto coerentemente, nel complesso. Due (dolenti) domande in chiusura: quanto può essere apprezzato, per ciò che racconta, dunque dal lato della fruizione, un romanzo del genere in Italia? E: la profonda alterità contenutistica, da un punto di vista invece squisitamente editoriale, può "pagare"?
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