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Una “nuova frontiera asiatica”: prospettive economiche in Myanmar e relazioni con l’Italia *

Creato il 29 novembre 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Una “nuova frontiera asiatica”: prospettive economiche in Myanmar e relazioni con l’Italia *

Recentemente, nell’ambito dell’assegnazione dello sviluppo di aree onshore, il Myanmar ha assegnato 16 blocchi a compagnie petrolifere straniere. Tra esse, l’Eni si è aggiudicata 2 blocchi, con contratti del tipo Production Sharing Agreements. Si tratta dei blocchi riguardanti le aree di Yamethin e Ondwe, situate rispettivamente nelle regioni di Mandalay e Magway, nella parte centro-meridionale del paese1. La compagnia energetica italiana inoltre, è in gara anche per l’assegnazione di altri due blocchi offshore, il cui esito si conoscerà a gennaio-febbraio.

L’Ad di Eni Scaroni, a margine del convegno “Myanmar, la nuova frontiera asiatica” tenutosi alla Farnesina, ha dichiarato di considerare il Myanmar un paese molto promettente dal punto di vista degli idrocarburi, aggiungendo poi di guardare al sud-est asiatico come una nuova frontiera economica, in aggiunta a quella africana.

Il convegno in questione, organizzato presso il Ministero degli Esteri lo scorso 23 ottobre, è stato occasione per fare il punto su di un paese che, oltre ad avere conosciuto crescite sostenute negli ultimi anni, sta attraversando una fase di transizione a livello geopolitico. Dopo il periodo di isolamento internazionale, che aveva spinto il Myanmar nella scelta obbligata di rafforzare i propri rapporti con la Cina, attualmente Naypyidaw sta ricercando nuovi legami a livello regionale e internazionale, che le consentano di superare la natura “ingombrante” che una partnership esclusiva con Pechino comporta.

Rafforzatesi in seguito al secondo colpo di stato militare nel 1988, le relazioni tra Cina e Myanmar hanno consentito a quest’ultimo di ottenere le forniture militari necessarie all’ammodernamento del proprio esercito, obiettivo essenziale ai fini soprattutto del controllo del dissenso interno. Pechino inoltre, poteva garantire ai birmani il potere di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Soprattutto negli ultimi anni però, la penetrazione economica cinese nell’ex Birmania, che vanta una storia di tenace resistenza alle intrusioni straniere, viene sempre più percepita negativamente, soprattutto dalle popolazioni locali, in quanto ritenuta a vantaggio esclusivo del più potente vicino. La giunta militare al potere sta dunque tentando una cauta transizione democratica, con l’obiettivo di superare l’isolamento internazionale, attrarre investimenti e diversificare le proprie relazioni esterne. In ciò, è avvantaggiata dalla posizione strategica di crocevia verso l’Asia sud-orientale, dalla competizione tra India e Cina nella regione, oltreché dalla volontà degli Stati Uniti di rivestire un ruolo più incisivo in tutta l’area.

Decenni di isolamento hanno reso il Myanmar uno degli ultimi mercati immuni alla globalizzazione, e il paese deve fra fronte alle debolezze infrastrutturali di un’economia ancora prevalentemente agricola (oltre il 40% del PIL è generato proprio dall’agricoltura) e con elevati tassi di povertà. Ciononostante, i margini e le opportunità di sviluppo risultano essere elevati, soprattutto in seguito alla rimozione della maggior parte delle sanzioni economiche. L’economia birmana procede lungo una crescita del 6,5% per l’anno fiscale 2013, mentre è prevista un’espansione fino al 6,8% per l’anno 2014. I settori più promettenti sono quelli degli idrocarburi (gas naturale e petrolio), del legname, delle pietre preziose, dei minerali, dei prodotti ittici e del turismo. Il Myanmar inoltre può contare su una popolazione giovane, su bassi costi del lavoro e su di un’ampia dotazione di terre coltivabili. Il paese, nel perseguire una propria via verso lo sviluppo, può apprendere molto dal percorso intrapreso dai vicini asiatici. Attualmente, i suoi partner commerciali privilegiati sono la Thailandia, la Cina e Singapore, ma il panorama potrebbe ampliarsi notevolmente per il prossimo decennio 2.

Riguardo gli idrocarburi, questi potrebbero rappresentare il vero settore trainante: in particolare il gas naturale rappresenta la fonte primaria di introiti derivanti dalle esportazioni. Seppur la produzione di gas in Myanmar rappresenta attualmente solo una piccola percentuale di quella mondiale (circa lo 0,4%), i bassissimi consumi interni fanno sì che tale disponibilità venga orientata verso le esportazioni, principalmente in direzione della Thailandia e della Cina (i principali giacimenti sono quelli di Yetagun e Yadana, a cui vanno aggiunti i progetti più recenti, riguardanti i promettenti blocchi di Shwe e Zawtica). In generale, il comparto idrocarburi è quello che accoglie i maggiori investimenti esteri, e, per il prossimo futuro, l’incremento delle esplorazioni comporterà, con buona probabilità, una crescita della produzione. Bisogna sottolineare però, come la ricchezza di risorse naturali, se rappresenta una “benedizione” sotto diversi punti di vista, può tradursi in una “maledizione” sotto altri. I paesi con ampie disponibilità in tal senso, tendono a non sviluppare altri settori economici e a configurarsi come sistemi autoritari e accentrati. Inoltre, i benefici per le popolazioni locali derivanti dalla vendita di tali risorse, tendono ad essere nulli o quasi.

Sempre sul piano delle risorse naturali, il Myanmar è ricco di legname; in particolare, rappresenta il principale esportatore al mondo di teak. Una buona parte del legname viene però esportata illegalmente, causando tra le altre cose notevoli danni al patrimonio forestale del paese. Relativamente alle pietre preziose invece, Naypyidaw detiene il 90% della produzione mondiale di giada e consistenti dotazioni di rubini e zaffiri. Con i suoi 19.159 m3 d’acqua pro capite poi, il Myanmar si piazza ai primi posti in Asia in termini di disponibilità di risorse idriche (dato World Bank). Ottime anche le prospettive riguardanti il turismo, vista la cultura millenaria del paese e la presenza di attrazioni a livello paesaggistico. Sviluppi in questo settore, consentirebbero inoltre di migliorare l’immagine del Myanmar all’estero.

Dal punto di vista demografico invece, il Myanmar può contare su di una popolazione giovane (con un’età media di circa 27 anni), e su un indice di dipendenza totale ancora favorevole, che gli consentirà, per il prossimo futuro, di sfruttare la cosiddetta “finestra delle opportunità demografiche”. La fascia compresa tra i 15-28 anni, da sola contribuisce per il 40% del totale della popolazione birmana in età lavorativa. Inoltre, il paese dispone di un’ampia fetta di popolazione con un’età al di sotto dei 15 anni (il 27% del totale), che, nell’ottica di un innalzamento dei livelli di istruzione e preparazione professionale, potrà fornire il capitale umano per gli anni a venire.

Nonostante le indubbie potenzialità, permangono però elementi di rischio e diffuse debolezze sia in termini politici che economici. Dal primo punto di vista ci si riferisce in particolare ai conflitti etnici, sociali e religiosi all’interno del paese, alla capacità del governo centrale di gestire i cambiamenti e proseguire nella strada delle riforme, all’evoluzione dei rapporti con la Cina. Le relazioni tra Pechino e Naypyidaw rimangono importanti, e difficilmente i cinesi rimarranno a guardare mentre perdono terreno in un paese che rappresenta la propria porta d’ingresso meridionale, oltreché un’alternativa via verso l’Oceano Indiano. I cinesi inoltre mantengono un grande interesse all’accesso alle consistenti risorse naturali di cui si è detto, in particolare in ambito energetico.

Sul piano economico, devono invece essere considerate principalmente le debolezze infrastrutturali, riguardanti strade, ferrovie, porti, rete elettrica e telecomunicazioni; tutti settori che necessiterebbero di corposi investimenti. A ciò va aggiunto la presenza di un ancora rudimentale sistema finanziario, la corruzione endemica e la bassa produttività del lavoro, dovuta sia alla mancanza d’efficienza tecnologica, che alla bassa “qualità” della forza lavoro, in termini di istruzione e preparazione professionale. Un tradizionale ostacolo all’attrazione di investimenti è poi la scarsa certezza del diritto, che caratterizza un sistema istituzionale ancora autoritario. Da questo punto di vista, il governo birmano ha posto in essere alcuni provvedimenti volti proprio ad attrarre investimenti, come la nuova “Legge sugli investimenti stranieri” del 2012 e l’istituzione di diverse Zone Economiche Speciali (SEZ).

Ma aldilà degli elementi di forza e di debolezza, è soprattutto il contesto esterno che potrebbe giocare a favore dei birmani per gli anni a venire. Incastrato in mezzo a due enormi mercati in espansione, come quello cinese e indiano, il Myanmar potrebbe avvantaggiarsi notevolmente della propria posizione geografica di crocevia verso l’Asia sud-orientale, soprattutto se il processo di reinserimento nel sistema internazionale dovesse rafforzarsi. Le vie di comunicazione che attraversano il paese rappresentano un ulteriore punto di forza in questo senso (tra le altre, l’Asian Highway, il BIMSTEC Highway e il Greater Mekong North-South Economic Corridor). Inoltre Naypyidaw fa parte di una delle aree maggiormente promettenti in termini di sviluppo e integrazione, quella ASEAN, di cui proprio il Myanmar ne assumerà la presidenza nel 2014.

La presidenza birmana dell’ASEAN nel 2014, coinciderà con quella italiana al Consiglio dell’UE (a partire dal 1° luglio). Le relazioni tra i due paesi appaiono ancora limitate, come anche i capitali italiani presenti in Myanmar. Ciò in parte è dovuto alle sanzioni economiche, sospese dall’UE solo nell’aprile 2012, prima di essere revocate definitivamente (con esclusione dell’embargo sulle armi) l’anno successivo.

Ciononostante, si registrano segnali positivi. L’interscambio bilaterale italo-birmano per il 2012 è stato di 35,5 milioni di euro, rispetto ai 19,57 dell’anno precedente, facendo registrare dunque un incremento dell’81,4%. Le esportazioni dell’Italia verso il Myanmar hanno invece registrato per il 2012 il valore di 23,73 milioni di euro (+ 69,3% rispetto al 2011), riguardando in particolare macchinari, apparecchiature e prodotti tessili. Mentre le importazioni dal Myanmar hanno raggiunto sempre nel 2012 gli 11,77 milioni di euro (+ 111,8%), con al primo posto i prodotti di abbigliamento, seguiti dai generi alimentari3.

Si tratta di dati ancora, a livello assoluto, piuttosto limitati, ma i margini di crescita risultano essere elevati. Anche a livello politico infatti, non sono mancati segnali positivi, in particolare la visita a Roma lo scorso marzo del Presidente birmano Thein Sein, che ha incontrato il Presidente della Repubblica Napolitano e quello del Consiglio Monti. Dall’incontro, la prima volta di un presidente birmano in Italia dall’avvio delle relazioni diplomatiche nel 1950, ne è scaturita una Dichiarazione congiunta volta a intensificare le relazioni bilaterali tra i due paesi. Nel novembre 2012 inoltre, Naypyidaw ha comunicato ufficialmente la propria adesione all’Expo di Milano 2015. Dunque, anche l’Italia si sta dimostrando pronta a recepire i cambiamenti in atto nell’ex Birmania e le opportunità economiche che ne potrebbero derivare.

Attualmente, sono al centro del dibattito la natura e l’estensione delle difficoltà che sta attraversando la Cina, un’analisi resa più ardua anche dal carattere chiuso verso l’esterno del sistema politico cinese. Le incognite future sono diverse, e molto dipenderà da come la classe dirigente a Pechino affronterà le sfide sociali, economiche e demografiche del paese per gli anni a venire (alcune importanti misure sono state recentissimamente adottate, come la graduale rinuncia alla politica del figlio unico). Secondo alcuni analisti però4, il “miracolo” economico cinese può dirsi ormai concluso, come anche gli incredibili livelli di crescita degli ultimi decenni. Si è trattato di una parabola guidata, in particolare, dai bassi livelli salariali, e oggi altri paesi offrono maggiori opportunità in questo senso. Tra gli altri, in particolare, l’area ASEAN si candida a rivestire un ruolo di primo piano. Al suo interno, il Myanmar presenta un grado di sviluppo economico notevolmente meno avanzato, ma anche per tale motivo, maggiori opportunità e prospettive. È probabile che nei prossimi anni il paese registrerà maggiori investimenti in particolare nel settore manifatturiero e un aumento del grado di urbanizzazione, con conseguente crescita del settore secondario a discapito del primario. In tempo di globalizzazione i cambiamenti avvengono velocemente e il Myanmar promette di essere una nuova frontiera asiatica, oltreché un ulteriore terreno di confronto tra i principali attori internazionali. Le rapide transizioni politico-economiche sono di solito accompagnate da profonde contraddizioni, e con buona probabilità, l’ex Birmania non rappresenterà un’eccezione in tal senso.


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