Dispiace seriamente che la classe politica lucana (tutta indistintamente) aderisca all’ubbia primordiale di un ritorno alla vita agreste e all’igienicità incontaminata di un mondo romantico, mai esistito concretamente, accompagnando tale errore secolare con una visione distorta, brutta, sporca e cattiva dell’industria petrolifera tiranneggiante, irrispettosa dell’ecosistema e della salute dei cittadini.
Lo sappiamo che il greggio non è il massimo della vita ma occorre fare i conti con la realtà e con l’economia, soprattutto in momenti di crisi, per non tirare sempre a campare.
La norma approvata con l’assestamento di bilancio congela le nuove domande di ricerca dell’oro nero quaggiù perché, si dice, i grandi gruppi estrattivi fanno quel che pare a loro rilasciando contropartite irrisorie. Indubbiamente, lo stop ha un senso laddove le motivazioni della barriera legislativa si rivelano utili ad alzare il prezzo col quale ripagare la comunità dei mancati profitti, dei disagi e delle esternalità negative, molto meno, invece, se si stanno inseguendo mode antisviluppiste e autolesionistiche di cui si fanno interpreti partiti e movimenti del secolo scorso, adusi a diffondere la paura dell’apocalisse tra le persone per trarne consenso elettorale e sussidi.
A questo inquinamento sociale ed intellettuale, almeno per noi, resta preferibile il pompaggio degli idrocarburi che comporta sicuramente rischi ma anche grandi vantaggi economici.
Dalla politica avremmo voluto sentire ben altre ragioni di arrabbiatura per la situazione che non quelle modaiole ecologistiche poiché se l’alternativa alle trivellazioni sono gli agriturismi e le boccate di aria fresca (Presidente dixit), purtroppo continueremo a morire di inedia anche se ben arieggiati (salvo nel nostro secondo organo più importante, cit. W. Allen).
La Basilicata viene trattata come le altre regioni, se non peggio, quando si deve tagliare e risparmiare per esigenze romane, eppure questa eguaglianza nella sventura diviene impareggiabile e incomparabile, rispetto agli altri contesti territoriali, allorché da questa terra si deve arraffare e sottrarre, cosicché diventiamo i primi della classifica nel torneo della sottomissione dove retrocede chi sta in testa e non in fondo, altro che linearità del sacrificio!
Non è coi camerieri che si recupera lo svantaggio storico, non è con l’agricoltura biologica e con la tipicità gastronomica tradizionale (fisime elitarie per portafogli sensibili alla natura, molto meno alla vera indigenza che non conoscono nemmeno di striscio), che si costruisce la prosperità di un’area.
E’ vero, la Basilicata dà troppo e riceve poco, tuttavia, la responsabilità di ciò non è certo dei cittadini lucani ai quali bisogna spiegare che il terrore ambientalistico è soltanto l’altra faccia della medaglia di uno scippo di risorse naturali riportante ai medesimi deleteri risultati per la comunità: il saccheggio senza contropartite o, mutatis mutandis, il mantenimento di una collettività nell’ignoranza dell’epoca presente. Ovviamente, non va bene né l’una né l’altra cosa ma se un corno del dilemma è decisamente da segare (lo spauracchio ecologistico che è cosa ben diversa dal diritto ad un ambiente salubre) l’altro è comunque da piegare alle nostre istanze ed esigenze (l’estrazione petrolifera efficiente e sicura).
Le stanche e stantie diatribe antitetico-speculari – ovvero questo passare da un estremismo all’altro (per es. industrialismo vs ambientalismo e viceversa) con tale faciloneria, strumentalizzando le fobie collettive, il calarsi le braghe sulle royalties salvo indossare, al girar del vento, una cintura di castità ambientalistica (costruita dalla vulgata antiscientifica dei vari ecologisti maneggioni ed approfittatori) – servono solo a distrarre il volgo ed il colto dalle problematiche centrali di questa fase storica, con l’intento di irretirci tutti in un dibattito ineffettuale e senza sbocchi sociali trasformativi. Non si deve cedere nulla ai corvi che gracchiano per confondere e stordire il buonsenso, tanto più che oggi le traiettorie energetiche, in piena guerra mondiale per l’accaparramento delle fonti, possono ribaltare il destino di una nazione, figuriamoci di una regione.
Chi gioca con tali antinomie o è parte integrante di un piano rovinoso, del quale si rende complice per proprio tornaconto, oppure è succube superficiale di tempi stupidi ed acritici.
In entrambi casi la iattura di essere rappresentati da gente simile ricade sul futuro di tutto un territorio che prende sganassoni da Roma e replays da Potenza. Una classe dirigente ha il compito politico ed etico di elevare la propria collettività di riferimento, non di assecondare gli umori e i dolori di pancia di chi sragiona per indole o per furbizia.
Peraltro, quest’ultimi sentimenti che sembrano spontanei e immanenti alla coscienza civica delle persone semplici nascono, invece, in ben altri luoghi complessi adusi alla manipolazione delle idee, specializzati nell’ obnubilamento della verità attraverso l’opera immonda di stregoni camaleontici (un giorno sviluppisti quello appresso decrescisti) fintamente simpatizzanti con i più deboli, i quali praticano l’incantamento per lucrare sulla credulità pubblica (Global Warming, irreversibilità dei mutamenti climatici ed altre castronerie del genere sono state ormai smentite dai fatti e dalla scienza, anche se costoro non terminano di propalare dette buffonate per vivere alle spalle della gente).
Con il petrolio accade alla stessa maniera e basta qualche minimo incidente per mettere in moto gli strilloni dell’antitutto, laureati in allarmi sociali, che ci vogliono nelle caverne con le clave in quel posto. Il consiglio è di riorientarsi a dovere sui temi qui discussi senza agire impulsivamente o subdolamente perché il domani, qualora dovessimo ancora sbagliare rotta, potrebbe sfuggirci definitivamente di mano. Allora dovremmo davvero, non per scelta naturistica ma per coercizione pauperistica, ritornare mestamente e miseramente nei Sassi. Nel frattempo, per rappresentare il clima nel quale si vanno assumendo siffatti provvedimenti legislativi, riportiamo la notizia della fitta sassaiola mediatica di cui è stato oggetto l’attore lucano Rocco Papaleo, reo di aver pubblicizzato gli sconti alla pompa dell’Eni nel fine settimana. Quest’ultimo ha chiesto scusa pur non avendo fatto nulla di male, ma i talebani ecocretini di casa nostra non gli perdonano di aver venduto l’anima ad una azienda petrolifera. Costoro credono forse di stare in Afghanistan? Ecco dove arriveremo di questo passo.