Sul Sole 24 ore del 29.12.2011 è apparso un articolo, di Stefano Carrer, che introduce alle tesi economiche di Richard Koo, capo economista del Nomura Research Institute di Tokyo, teorico della recessione da balance sheet (1). Secondo Koo la recessione da balance sheet – che ebbe l’esempio massimo in Giappone – differisce da quella ordinaria perché i soggetti economici privati – invece di cercare di massimizzare i profitti in base ai dettami dell’”economica” ortodossa – tendono a minimizzare il debito per riparare ai guasti della loro situazione patrimoniale dopo lo scoppio di una bolla di “asset”. Koo ci aiuta con un esempio espresso in forma didattica:
<<Se una famiglia ha un reddito di mille euro e risparmia il 10%, in teoria i 100 euro risparmiati saranno presi dal settore finanziario e prestati a chi li userà per il meglio facendo muovere l’economia. Se la domanda per questi 100 euro è insufficiente, i tassi di interesse saranno abbassati per incentivarne la richiesta; se eccessiva, i tassi saliranno. Ma se tutto il settore privato è concentrato a minimizzare il suo debito, non ci saranno richieste per questi 100 euro anche in un contesto di tassi zero: nell’economia circoleranno solo i 900 euro spesi e confluiti nel reddito di qualcun altro. Se però anche costui risparmia il 10% solo 810 euro saranno spesi. Poiché il ripristino di una sana situazione patrimoniale richiede molti anni , anche quei 90 euro non saranno erogati in credito, e l’economia si contrarrà a 810 euro, poi a 730 e così via >>.
Cercando di tradurre, in qualche modo, il discorso di Koo mi pare che esso vada a spiegare una situazione che vede imprese e famiglie fortemente indebitate e in cui predomina, di conseguenza, una alta propensione marginale al risparmio; la tendenza al ribasso dei consumi e degli investimenti comporterà un effetto praticamente inverso rispetto a quello prodotto dal moltiplicatore nel modello keynesiano: si avrà così una sorta di moltiplicatore col segno negativo con conseguenze “recessive” sul reddito aggregato . Con un debito aggregato (debito pubblico + debito privato) particolarmente elevato e in una situazione lontana dall’ “equilibrio” (sempre “teorico”) – che sarebbe caratterizzato da una situazione in cui l’investimento è pari al risparmio privato più il risparmio pubblico – parrebbe necessario aumentare le entrate fiscali e diminuire la spesa pubblica per compensare i diminuiti investimenti nel settore privato mediante una accumulazione tale da permettere, successivamente, l’incremento degli stessi da parte dello Stato. Per l’economista giapponese, però, rimane preferibile l’opzione che vede lo Stato attivarsi per prendere a prestito il risparmio privato eccedente per, poi, utilizzarlo in spese per investimenti e per stimolare i consumi, nonostante il conseguente aumento del debito pubblico. A questo riguardo Carrer scrive:
<<Lo ha fatto il Giappone tra il 1990 e il 2005: con un aumento del debito pubblico di 460mila miliardi di yen ha finito in sostanza per “comprare” Pil per 2 milioni di miliardi di yen: un bell’affare, insomma>>.
Ma la domanda che tutti ci facciamo subito, al riguardo, concerne la possibilità che quanto accaduto in Giappone fino al 2005 possa avvenire nell’ Europa attuale dopo l’insorgere della crisi globale a partire dal 2008. E’ lecito dubitare che in una situazione come quella attuale l’aumento della spesa statale, soprattutto limitata ad un singolo Paese, possa generare crescita in quello stesso paese ed evitare, inoltre, una pericolosa deriva inflazionistica. Ma a questo proposito Carrer cita testualmente Koo:
<<Se i deficit fiscali vengono compressi al 3% del Pil, la parte di risparmio privato eccedente costituirà una dispersione al flusso del reddito e creerà un gap deflazionistico finché l’export non aumenti in modo sostanziale[…]il Pil spagnolo rischia di contrarsi del 3% circa all’anno finché il settore privato sarà così stremato da non poter più risparmiare>>.
Koo insiste, insomma, sul fatto che quando si entra in recessione da balance sheet è sbagliato focalizzarsi solo sui deficit di bilancio ignorando i surplus del risparmio privato e il deleveraging (2) bancario. Secondo l’economista giapponese il contrasto in Europa si risolve in una contrapposizione tra chi auspica che la Bce diventi prestatore di ultima istanza e chi, come la Germania, si oppone discutendo di “azzardo morale” e di rischi inflazionistici e proponendo l’imposizione preliminare di un risanamento fiscale ai Paesi più indebitati. Koo ritiene che Draghi si stia districando abbastanza bene mentre le sue critiche, come tanti altri commentatori, si concentrano sulla Merkel e sull’Eba, ma soprattutto su quest’ultima, che sta costringendo ad una forte ricapitalizzazione le banche europee limitando ancora di più le possibilità di credito all’economia “reale”. E a tale proposito egli ritiene che per limitare la stretta creditizia generalizzata (il credit crunch), ormai già in atto, potrebbe essere efficace una iniezione diretta di capitali pubblici negli istituti bancari e ancora, nel medio termine, propone addirittura che solo gli investitori dei singoli paesi possano comprare titoli pubblici emessi dal loro governo, evitando così che la fuga verso i Bund impedisca agli altri Stati di reinvestire il surplus di risparmio nazionale per combattere la recessione. Per quanto mi è possibile capire questa impostazione che ha reso molto popolare Richard Koo anche in Europa, è una riproposizione del keynesismo adattata alle forme specifiche della lunga depressione in cui siamo immersi. E’ inevitabile che ad una politica economica deflazionistica e recessiva focalizzata sulla “postulata” necessità di ricondurre i debiti pubblici dei vari paesi alla “sostenibilità” e “credibilità”, soprattutto in Europa, si oppongano delle ragionevoli risposte e delle proposte alternative che – al di là del loro valore teorico e della loro possibile efficacia pratica – presentano ricadute politiche e sociali potenzialmente alternative e capaci di indirizzare i rapporti di forza tra paesi pre e sub-dominanti – nelle varie aree “regionali” della formazione sociale globale – in maniera tale da produrre “conflitti di interesse” tra i gruppi dominanti dei vari Paesi (e all’interno degli stessi).
(1)<<Breve schema riassuntivo di un bilancio d’esercizio relativamente alle parti: stato patrimoniale e conto economico>> oppure anche solo <<stato patrimoniale>>. << Il bilancio d’esercizio è l’insieme dei documenti che un’impresa deve redigere periodicamente, allo scopo di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria nonché il risultato economico della società>>. – Da Internet.
(2)<<In economia aziendale il leverage o rapporto di indebitamento è un indice utilizzato in ambito finanziario per misurare la proporzione fra il capitale proprio e quello di terzi del totale delle risorse utilizzate per finanziare gli impieghi di un’impresa>>. Da Wikipedia
Mauro Tozzato 01.01.2012