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Una provocazione: torniamo al "vecchio" articolo 130 della Costituzione.

Creato il 07 marzo 2013 da Mauro @2tredici
I manuali di diritto amministrativo sono sempre stati chiari, in proposito. Le funzioni della Pubblica Amministrazione si concretizzano in tre distinte attività: amministrazione attiva, amministrazione consultiva, amministrazione di controllo.La prima consiste in quell'insieme di attività per così dire "esecutive" che consentono alla Pubblica Amministrazione di conseguire i risultati e gli obiettivi ad essa attribuiti dalla Legge.La seconda si traduce nel formulare pareri o nellesprimere consigli destinati agli organi di amministrazione attiva.  La terza si manifesta in tutte quelle attività finalizzate a controllare se, nell'esercizio delle funzioni di amministrazione attiva, la P.A. abbia agito nel rispetto delle regole di legittimità e, in taluni casi, di opportunità sancite dalla Legge e dall'Ordinamento Giuridico.Il buon andamento della Pubblica Amministrazione al quale fa riferimento l'art. 97 della Costituzione non può prescindere da un corretto bilanciamento delle tre distinte attività di cui sopra: la P.A. non può essere o tutta attiva, o tutta consultiva o tutta di controllo.La lunga sequela di manovre economiche correttive (e recessive) messa in atto dai vari Governi che si sono succeduti alla guida del Paese negli ultimi anni e la frenesia (presunta) moralizzatrice che si è aggiunta come condimento, hanno partorito un effetto in forza del quale, in questo momento, l'amministrazione di controllo è di gran lunga prevalente rispetto all'amministrazione consultiva (fin qui, poco male) e, soprattutto, rispetto all'amministrazione attiva.Prendiamo il caso degli Enti Locali e dei Comuni in particolare. La maggior preoccupazione delle amministrazioni comunali, in questo momento, non può essere quella di soddisfare nel miglior modo possibile le esigenze che provengono dalla società. L'attenzione è infatti destinata prioritariamente ad allestire e ad implementare tutto quel sistema di controlli interni voluto dal legislatore proprio per tutelare il buon andamento dell'amministrazione ma che, paradossalmente (eterogenesi dei fini), porta ad avere effetti negativi principalmente sull'amministrazione attiva, paralizzandola o quasi.Nulla si muove più, ogni procedimento è sottoposto a minuziosi controlli onde evitare le  sanzioni previste dalle "grida" manzoniane del Governo, le imprese e i cittadini attendono invano risposte ai loro problemi.Controllo di legittimità, controllo di regolarità contabile, controllo strategico, controllo di gestione, controllo anti-corruzione: ciascuna amministrazione, oltre che erogare i servizi, deve anche occuparsi, al proprio interno, di tutta questa serie di attività. Le risorse migliori sono destinate ai controlli e non all'amministrazione attiva. E l'amministrazione attiva soffre.A ciò si aggiungono, poi, gli adempimenti connessi alla trasparenza. Qui non si vuole discutere, beninteso, il principio della trasparenza dell'attività amministrativa. Ciò che deve far riflettere, piuttosto, sono le modalità con le quali il legislatore  ha imposto di rendere trasparente l'azione della P.A. Il medesimo dato deve essere elaborato (con infinita perdita di tempo) mille volte in funzione dei mille modi con i quali deve essere comunicato o reso pubblico: all'albo pretorio, alle Autority, alla Corte dei Conti, al M.E.F., sulle varie sezioni del sito web istituzionale, e via discorrendo. E allora due proposte.La prima, sulla trasparenza: non sarebbe più semplice prescrivere, tout court, che tutti gli atti dei Comuni, sottoscritti dagli Amministratori e/o dai Dirigenti, devono essere pubblicati sul sito  web istituzionale (fatta salva la privacy, in alcuni determinati casi) così come risultano subito dopo la firma, senza richiedere ulteriori, inutili, elaborazioni? Il problema si sposterebbe sulla capacità dei server ma tutti (cittadini, Autority e quant'altro)  potrebbero consultare e tenere sotto controllo l'intera attività delle amministrazioni comunali, senza richiedere perdite di tempo agli uffici. Al più, per facilitare la lettura, le pubblicazioni potrebbero essere  ordinate sistematicamente per categorie, materie, ecc... ma sempre senza ulteriori rielaborazioni dei contenuti.La seconda, sui controlli: per consentire ai Comuni di perseguire la propria mission (rispondere alle domande di cittadini e imprese) senza essere distratti dalle funzioni di controllo, perchè non tornare al "vecchio" articolo 130 della Costituzione, abrogato con l'improvvida riforma in senso pseudo-federalista del Titolo V della Costituzione? Giova ricordare il contenuto dell'art. 130 predetto, ora non più in vigore: "Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimitàsugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.Anche in questo caso, dunque, lungi dal mettere in discussione i controlli. Ciò che si propone è che essi siano effettuati da un soggetto terzo e non dagli stessi uffici comunali. Perchèquesti ultimi dovrebbero fare altro. Tutto qui.A coloro che, di fronte a tale prospettiva, si stracciassero le vesti per la violazione dellautonomia degli enti locali, sarebbe agevole rispondere che il diluvio legislativo tremontiano e montiano che si èabbattuto sugli enti locali in questi anni in nome del preteso risanamento dei conti pubblici ha già, di fatto, ampiamente posto nel nulla il principio di autonomia sancito dal novellato (con la riforma del Titolo V) art. 114 della Costituzione.  Nessun peggioramento, pertanto, rispetto alla situazione già in atto in questo momento.
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