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Una recensione a La divisione della gioia di Italo Testa

Creato il 25 agosto 2012 da Vivianascarinci

Una recensione a La divisione della gioia di Italo Testa

La divisione della gioia da Transeuropa, ultimo libro di Italo Testa, è vincitore della prima edizione del Premio Rosa d’Eventi, Isola di Ustica 2012,  sezione opera edita di poesia. Arnaldo Ederle, tra i membri della giuria del Premio, sottolinea rispetto i motivi dell’attribuzione del riconoscimento, una qualità della struttura di questo libro, che definisce, ben controllata, ma nello stesso tempo estremamente varia. Ed è forse la varietà a essere il reagente di questa poetica compatta, quasi romanzesca, che è il frutto di una poesia la cui frammentarietà tende sempre a ricomporre un dettato armonioso, pur rimanendo densa di immagini dai contorni sfuggenti, a volte inquietanti.

Per quanto La divisione della gioia non possa intendersi un libro di poesie d’amore, per lo meno non nel senso classico di una sorta di canzoniere dedicato, in queste pagine l’amore gioca un ruolo fondamentale perché è indubbiamente amorosa la vicenda che vi si narra. Di questa ambientazione in cui il tempo non è affatto lineare, è complice un particolare modo di riferire lo straniamento paesaggistico e ambientale che ospita più che la vicenda, la sua memoria. Portati sull’avviso da una citazione delle stesso autore ci accorgiamo che anche il linguaggio suggerisce una location ulteriore che Testa chiosa dall’orizzonte dei quadri di Edward Hopper. Qui l’autore come nei quadri di Hopper, con il medesimo tacere una realtà apparentemente nitida nei contorni, intende la sua poetica anche come lo sfondo che possa legare i rapporti tra cose e persone a una necessità del tutto estranea, anche a coloro che vi prendono parte. Quella del poeta in queste pagine è soprattutto una prospettiva introflessa che avvalora lo strano lucore che talvolta la materia vissuta trapela, un riverbero che la ammette poeticamente a una certa catalogazione ma che la ammanta anche della sorpresa di esistere in un dettaglio che poco o nulla spieghi del suo fenomeno.

Oltre questo panorama, i versi pur seguendo una musicalità che tende, come s’è detto, alla composizione di una propria armonia, si misurano sul piano tematico, con la scansione ritmica delle atmosfere dark rock dei Joy Division, il gruppo da cui il titolo del libro prende ispirazione. A questo proposito sottolinea Niccolò Scaffai “È un titolo a doppio fondo, La divisione della gioia. Da una parte, rimanda ai Joy Division, gruppo britannico cold wave scioltosi nel 1980 in seguito al suicidio del leader Ian Curtis: uno dei loro brani, Day of the Lords, viene citato da Testa nella nota finale, pegno pagato in cambio di un’assimilazione, sentimentale più che allusiva, di nome e atmosfere”. Il linguaggio arioso e ricercato si confronta infatti con un’anomalia ritmica che infonde al narrato poetico un’aura onirica allusivamente decadente e divagante comunque sui contorni di una vicenda dai risvolti conturbanti e oscuri.

Le informazioni che maggiormente spiegano questo riferimento culturale a proposito del legame del libro di Italo Testa al gruppo dei Joy Division ci arrivano da Giuseppe Panella  “Il nome del gruppo rock derivava dalla denominazione delle baracche femminili dei campi di concentramento nazisti descritti in un celebre libro di memorie, La casa delle bambole, opera di un’ex-detenuto nel lager di Auschwitz che si firmava Ka-Tzetnik 135633 (al secolo Yehiel De-Nur – il suo pseudonimo deriva, infatti, dalle iniziali di Konzentration Zenter seguito dal suo numero personale di matricola tatuato sul braccio sinistro) ed edito nel 1955. Le donne che erano state imprigionate nell’area che portava questo famigerato nome erano utilizzate come prostitute e usate come puri e semplici oggetti sessuali dalle SS e dai soldati tedeschi che stazionavano nel lager. Il testo di una delle canzoni più note dei Joy Division (No love lost) contiene, infatti, un esplicito riferimento al libro.”

Tuttavia Testa non si esime da una serrata interpretazione della realtà presente. Anche se impegnato nella sua contemplazione amorosa, le sonorità immateriali che echeggiano dai riferimenti adottati come corollario, non sono dati di un’indagine storica o artistica ma la teoria generale di una propria memoria interiorizzata e metabolizzata da una sorta di straniamento globale. Come se alcuni elementi di un accaduto collettivo, i più incidenti, andassero e tornassero alla stregua di materiali che nel tempo venissero spiaggiati alla memoria di uno, e che la poesia, calibrando quegli altrove di riporto al presente, ne traesse una sonorità più congrua di quanto le parole che semina, significhino.

Gianluca D’Andrea, nell’analisi che conduce del libro, parla a riguardo dell’indagine sulla realtà che Testa compie di una “visione poematica come approccio a un pensiero che si confronta con i dati modificati di un mondo post-umano per svelarne le nuove coordinate” e anche Rosa Pierno in un’ottica di ristabilita catalogazione del reale attraverso il frantume percettivo, fa un’interessante dichiarazione: “Che il paesaggio sia natura a cui l’uomo ha impresso le proprie forme e che, per traslazione, l’ambiente con presenze industriali reclami una diversa sistemazione categoriale, non estetica, anche se comunque di natura percettiva, sono le contrapposte pareti all’interno delle quali l’ultima prova poetica di Italo Testa “La divisione della gioia”, batte come un pendolo perenne”.

Ma in ultima analisi, Testa ne La divisione della gioia annoda soprattutto i capi sottilissimi di un’elucubrazione amorosa, intensamente conscia, a partire dagli inneschi erotici legati al dipanare di una condivisione in solitaria che insiste soprattutto nella tensione all’appagamento, per sondare il limite sempre più evidente di un pieno reciprocarsi. La divisione della gioia, restituisce al lettore una duplice possibilità: una frequentazione amorosa amena e del tutto plausibile di una post-realtà dei rapporti, sia nel senso di un’evoluzione a posteriori che permette di specchiarsi in un quoziente onirico di pura somiglianza con il desiderio che li animava, sia nel senso strettamente esistenziale, di cercarsi, in un presente su cui il passato collettivo e individuale non ha smesso di dirimere la sua qualità alterna di gioia e di dolore.

PERDENDO TERRENO

dillo allora che una verità non cade
sui campi neri, tra i corpi eccitati
ci siamo noi che già arresi ci apriamo
alla luce e al vento che ci uguaglia,
o nient’altro è il tempo se non la spoglia
che preme e svuota il suo dolore
tra le gambe ossute di una donna,
il ronzio delle tue stesse orecchie
quando fulminea ti prende in bocca,
dillo allora che una verità non cade
dentro la gola, tra le labbra serrate,
e siamo noi che dall’alto guardiamo
come impalati, perdendo terreno
sul mondo dei vivi,
in questa morte
che ci precede e in questo buio
cui scendiamo con odio pieno

Le altre pubblicazioni di Italo Testa
I primo titolo in ordine di tempo pubblicato da Testa è Gli aspri inganni da Lietocolle nel 2004, un poemetto. Seguono Biometrie edito da Manni, 2005 e Canti Ostili edito da Lietocolle nel 2007, una sorta di concept album che illustra poesie di viaggio e diari, in un registro che si articola su diversi tempi e luoghi, di volta in volta precisamente scanditi. La serie di libri che precedono La divisione della gioia si conclude nel 2010 con la pubblicazione digitale da gammm dell’eBook Non ero io disponibile alla lettura qui.


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